| Dirge |
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"Non fatelo arrabbiare!"
La seconda prova dell’Esame Chuunin era conclusa. Che cosa fosse successo dopo, tutte le chiacchiere, i discorsi fatti riguardo l’ultimo evento passavano in secondo piano. La mente dell’Uchiha era interessata solamente a due pensieri, due dettagli molto importanti, così fondamentali da occultare tutto il resto. Quella vittoria e quel pareggio. Risvolti strettamente legati fra loro come una mamma con il proprio pargolo, l’uno dipendente dall’altro come l’uomo e la donna. Mitsurugi aveva superato anche quella prova, ma come? Con un pareggio! Sino a quel momento nessuno era riuscito a sopraffarlo, ed ecco la prima volta. Quel ragazzino, quel moccioso con i suoi stessi occhi, proprio quel bambino ci era riuscito, e il solo pensiero di esser passato tramite un pareggio lo faceva star male. Era adirato, furioso, non riusciva a calmarsi. Era passato pochissimo tempo dal momento in cui l’arbitro di quella gara aveva riportato i contendenti all’interno di quel magnifico castello, e l’inizio della prova successiva non era poi tanto vicina. Era stata concessa una pausa ad ogni Shinobi di quel torneo, dunque il veggente trovò la necessità di isolarsi dal gruppo, di ragionare sul suo misero fallimento ed attendere la prossima tappa. Camminava, camminava, il passo pesante e sconsolato, la testa bassa e le mani strette in pugni. Il suo sguardo era perso, in quella labile perdizione si evidenziava, come se il viso fosse trasparente, molto odio, tanta rabbia. Il ritratto perfetto di un pazzo. I capelli erano disordinati, la grande casacca lordata di terra, i calzari come quest'ultima. Un parere esterno lo avrebbe considerato superstite da una guerra, ma in fondo quella competizione non era una grande guerra travestita da lieto evento? Tutti quei ragazzi non avrebbero ucciso per possedere un titolo creato dallo stato? Per scalare una gerarchia di stupidi valori? Si, era una guerra, ma la vera domanda, quella più interessante e logica da porre era: Mitsurugi Uchiha in questa guerra, sino ad adesso, ha mai combattuto? Troppe domande, poche risposte a disposizione.
Dopo una lenta camminata egli giunse innanzi una porta antica, di nobili tratti come ogni ornamento di quella tenuta prestigiosa. Non esitò a far scorrere dalla manica la mano destra, che si divincolò dalla morsa creata da sè e si prostrò alla mistica luce degli stravaganti lampadari, per poi avvinghiarsi sulla vicina maniglia, ed aprire la porta. Ciò che le scure iridi scrutarono fu nuovamente quell'arcobaleno di colori sgargianti. Mosse un leggero passo, accompagnato da un secco frastuono, il rumore della porta chiusasi alle sue spalle a causa di un gesto violento della mano mancina. Durante l'arco di quella giornata non avrebbe fatto altro che sfruttare ogni vantaggio a sua disposizione, dalla palestra alla grande quantità di cibo sino all'idromassaggio. Era stanco, non poteva negarlo, ma questo solo per lo stress delle due prove compiute di seguito, non per il loro contenuto, rivelatosi noioso. Maggiormente il suo tempo fu dedicato alle attrezzature d'allenamento, erano quelle che lo soddisfavano maggiormente, Il guerriero era un continuo ricercatore, dava la caccia a qualsiasi cosa, ad ogni aspetto, anche il più ambiguo, della vita. Ogni sfumatura di essa lo intrigava e affascinava, ed uno di questi era proprio la cura del proprio fisico. Non si accontentava mai del suo livello, contava sempre in un miglioramento, sapeva di poter fare sempre di meglio. Sapeva di essere un ragazzo affascinante ed invidiato, era conscio di possedere una perfetta struttura muscolare, tanto che molto spesso adorava guardarsi allo specchio. Un Narciso? Assolutamente si. Ma assieme a questa mania estetica era dotato di un grande intelletto, di un ingegno superiore. Era un essere perfetto.
La giornata trascorse molto lentamente, e questo a causa di quei pensieri che attanagliavano la mente dell'eletto. L'effige fanciullesca di quell'Uchiha lo ossessionava, tanto che, durante l'ora che trascorse all'interno della vasca da idromassaggio, più volte ritrovò quel visino innocente colorato sull'azzurro specchio cristallino, in qualche modo si rivedeva molto in quella esile figura, forse per la sua freddezza, forse per la sua determinazione. Occhi rossi, sfere di ghiaccio, queste furono le ultime immagini contemplate dall'Uchiha prima di abbandonarsi completamente tra le soffici lenzuola di quel letto imperiale. La notte passò come un soffio d'aria, come il respiro di ogni creatura, celere, dolcemente rilassante e liberatorio. Una nuova mattina, l'inizio di una giornata, la fine di molte vite. Eccola, quella effimera sensazione potenza, quello stato di invincibilità, quella illusione distruttrice, questo quadro ammaliante che tutto d'un tratto si sfregia per mano di un vendicatore, di un apatico, di un mostro. Mitsurugi avrebbe voluto stilare un contenuto, di questa fresca pagina di un libro tutto da scrivere, assolutamente riflessivo. Voleva definitivamente risolvere quei problemi aiutato dalla natura. Dunque uscì, si gettò alle spalle tutto quel lusso per andare ad oziare tra i mille odori dei fiori e delle piante. Era al terzo piano di quell'enorme castello, ancora una volta con passo lento, ma deciso, dovette discendere la preziosissima scala a chiocciola. Durante quel breve percorso nessun fiato attorno a lui, ma solo l'eco dei suoi docili passi. Era perplesso riguardo ciò, non riusciva a carpire il motivo di così tanta quiete, era vero che oramai all'interno di quell'enorme struttura risiedevano solamente loro quattro e il resto degli esaminatori, ma non riusciva davvero a credere che ognuno di loro avesse optato per il riposo, seppur, in tutta sincerità, in quel contesto lo sperava davvero. Non avrebbe voluto ritrovare qualcuno di loro fuori dall'antico maniero, molto probabilmente non avrebbe resistito a battersi. Una volta aver adagiato ambedue i piedi sull'ultimo scalino di quella scala cilindrica si bloccò. Il capò navigò da destra verso sinistra, da sinistra verso destra, sino a fermarsi anch'esso, prendendo a contemplare un quadro sinistro. Quell'immagine raffigurava un ragazzo intorno ai ventisei anni dotato di uno sguardo fuori dal comune. Occhi nerissimi sui quali una ricadeva un intensa ombra, generata da un cappello di paglia che teneva sopra la testa. Mitsurugi ebbe un flash, un accenno di sorriso plasmò le sue labbra e la mano destra uscì dalla grande manica, assumendo delle movenze ambigue. «Quel cappello...ha qualcosa di particolare! Ne devo avere uno anche io, riuscirebbe ad evidenziare perfettamente il mio profilo. Lo voglio!», pensò dentro sè l'assassino. A quel punto, riportò lo sguardo innanzi a sè, per poi discendere anche l'ultimo scalino ed avanzare verso il portone principale. Lo spalancò. Un fastidioso cigolio fece lamentare le orecchie del giovane, mentre un potente raggio di sole si abbattè sul suo occhio destro, che prontamente egli chiuse. Una smorfia seccata si rese visibile sul suo volto, un disgusto che svanì nel momento in cui la gigante porta si chiuse alle sue spalle. Avanzò con sguardo assente, con il sole ancora ostinato a puntargli le sue frecce contro. Trascorsero alcuni minuti e finalmente trovò il posto ideale ove soffermarsi, mentre il castello, lasciatosi alle spalle, divenne un poco più piccolo del normale. Il sito intorno a lui non aveva niente di peculiare, l'unica caratteristica un poco fuori dagli schemi era il fatto che si trovase sopra una collina, come la grande struttura ovviamente. Ciò che lo circondava prendeva un nome semplice quanto complesso, possibile da descrivere in molteplici maniere, era la natura. Si appoggiò di schiena sull'albero più vicino, e così rimase per pochi minuti ascoltando il suono dell'erba infranta da un debole vento. Una situazione tranquilla e a lui consona, solo che, tutto d'un tratto, qualcosa lo infastidì, un rumore che lo fece innervosire. Una coppia di passeri stava giocando su di un ramo posto pochi metri sopra la sua testa, e nel contempo un altro uccello della stessa specie tentava di partecipare a quel teatrino. Molto probabilmente si trattava di due innamorati, e l'altro non risultava esser altro che il terzo in comodo, il geloso della situazione. L'Uchiha non amava esser disturbato, sia che la colpa fosse di un insetto minuscolo, sia di un grande e terribile orso. Ciò era tutto provato, perché infatti non molto tempo prima, proprio quest'ultimo animale, osò tanto nei suoi confronti e quale fu la sua pena? Una morte lenta e sofferta, conclusasi con diversi sezionamenti atroci. Dunque Mitsurugi, nuovamente, non ebbe problemi ad eliminare quelle bestiole tanto fastidiose per i suoi preziosi timpani. Venne sfoderata la fedele spada con la mancina e con un salto, portato con grande energia, giunse all'altezza degli innamorati, che si accorsero solo alla fine di quella presenza maligna. Bastò una sferzata da sinistra verso destra a troncare le loro vite, a far finire quelle canzoncine gioiose. I corpicini vennero divisi a metà, e ci misero un solo secondo ad adagiarsi sul freddo terreno, provando la pesantezza della forza di gravità. DUrante quella caduta le viscere si prostrarono per la prima volta alla luce, occultando, per sempre, i corpi che sino a quel momento le avevano tenute prigioniere: sparse avevano lordato le membra prive di vita e squartate degli animaletti. Impassibilità, ancora quell'espressione vuota segnò il volto del crudele, che, nel contempo, si era appoggiato sul debole tronco, vedendo andar via il superstite di quell'incontro. Nella sua mente si chiese se fosse giusto lasciar andare via il terzo in comodo, se egli dovesse continuar a perdere eternamente. No, non era giusto. Con la mano destra, a grande velocità, estrasse un Kunai dalla sacca porta-oggetti, il quale venne lanciato verso quello, che, poco dopo, sprofondò su quella terra avida di sangue. L'Uchiha con passo lento e controllato, due secondi dopo, sopraggiunse all'altezza dell'ultima vittima. Osservò gelido il minuscolo pargolo peloso, e subito portò il piede sinistro sopra la sua testolina, mentre con la mano destra estrasse il suo Kunai, sporco di quel liquido cremisi. L'Uchiha voltò le spalle, e si allontanò da quella piccola sagoma di quattro metri, trovandosi ad altrettanti dall'arbusto. Subito ripose il pugnale e la Katana, entrambe lordate di sangue, all'interno delle rispettive custodie. Ora contemplava il vuoto, con quegli occhi neri privi di sentimento alcuno. Una folata di vento decise di attraversagli la testa, facendo svolazzare una ciocca di capelli che si adagiò sull'occhio destro, mentre la casacca scura rimase statica e severa. «Non sono stato io ad uccidervi, vi siete suicidati!», affermò Mitsurugi Uchiha, immobile come una statua di cera, senza mostrare segni di pentimento o di compassione.
| ~Status: Grado: Genin Energia: Verde Chakra: 200/200 Condizione Mentale: Infastidito Condizione Fisica: Illeso Consumi:- Recuperi:- Slot 0/2:- Techiche 0/2:- Bonus:- Malus:-
~Armi ed Equipaggiamento
Katana 1/1 Shuriken 15/15 Kunai 15/15 Accendino 1/1 Guanti 1/1 Flash 3/3 Lancia fukibari 1/1 Fukibari 10/10 Kakute 1/1 (Collocato sul dito medio della mano destra) Lama interna 1/1 (Collocata sul polso sinistro, in apertura esterna) Bomba carta 7/7 Fumogeno 3/3 Filo d'acciaio 60/60 m Fuuma shuriken 2/2 Uchiha shuriken 2/2 Tonico rosa 2/2 Tonico azzurro 2/2 Bomba scoppiettante 2/2
Sacche Porta Oggetti/Porta Shuriken 3/3 Custodia Porta Armi 1/1 |
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