| Dirge |
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.: 1° Capitolo:"Il giustiziere della morte" :.
Oscurità. Un elemento non considerato tale, essenza presente in qualsiasi contesto terreno e spirituale. Un luogo buio, privo di luce, contornato da un solenne silenzio. Colore dell'anima, pece in tutta la sua impurità, marchiata a seguito di atroci atti. E' presente entro ogni essere vivente, inutile prendersi gioco di se stessi, illudendosi di essere irradiati da una luce gioiosa, portatrice di pace e speranza, mentre, in realtà, si vive nell'ombra. Purtroppo, l'uomo, ciò non lo capirà mai veramente, a causa dell'esistenza di una stirpe tra le più sporche, i codardi, che pur di affrontare la cruda realtà preferiscono bendarsi gli occhi.
Sopra il tetto di una dimora, all'interno del villaggio di Konoha, si stanziava imperiosa una raffinata figura. Coperta da una grande casacca celava le sue malvagie sembianze, solo gli infimi occhi erano palesemente evidenti, illuminati dal bagliore eburneo della luna. Riuscivano a trasmettere solamente dolore, quasi come non avessero mai avuto la fortuna di assistere ad una piacevole visione. La donnola della morte, ecco a cosa assomigliava, sarebbe stato da incoscienti avvicinarsi ad essa, per poi correr il rischio di venir contagiati da quella malattia, così rara e pericolosa.
Facile criticare e diffamare un soggetto fermandosi solamente alla sua apparenza. Per quanto essa possa essere velenosa rimane un atto ingiusto operare nel suddetto modo. Una mente razionale dovrebbe soffermarsi un attimo e pensare, immaginare, quali siano stati i lunghi travagli passati da quella essenza così impura. Dietro ad ogni comportamento, ogni gesto, sussiste sempre una giusta causa, che possa giustificare, seppur in parte, la creatura finale venutasi a formare. In questo caso la verità si ritrova scavando nei lunghi diciotto anni vissuti dal principe, nella casata Uchiha. Con tutta probabilità decine di umili contadini avevano sempre diffamato il nome di quel giovane, odiato ogni suo singolo lineamento. Invidia, ecco quale il sentimento che covavano. Il “non sapere” fu il loro peccato più grande, la loro immaginazione, invece, l'arma sporca che utilizzavano. Facile, troppo semplice vedere la vita di un privilegiato per come la ci si aspetta, serena, pulita, priva di fatica e travagli. Ma la verità era tutt'altra. Doveri, imposizioni, ferree regole, queste furono le lame colpevoli di aver lacerato la vita di un pargolo, di averne plagiato l'identità, manipolandola a proprio piacimento, creando una gelida macchina sanguinaria. Ma la colpa più grande non era da attribuire a quei pazzi burattinai, bensì al destino stesso, principale fautore di quella punizione. Il giovane discendente del clan del ventaglio non sarebbe mai stato iniziato a quella crudele schiavitù se non avesse espresso per primo la sua passione per quell'arte. Fu proprio la sua curiosità, la voglia di eguagliare i suoi cari, ma soprattutto quel virus malato, insito nelle sue vene, a spingerlo entro quel burrone infernale. Figlio del male, predestinato ad una vita da giustiziere fraudolento, portatore di discordia e disagio, emissario di morte.
Erano trascorsi lenti i minuti, tutto era rimasto come prima. La scena simile ad un quadro, avvenente e stimolante, ma ancora incompleto. Mancava qualcosa che ne realizzasse appieno il significato, dei particolari che ne donassero la vita. Ed ecco che, quasi gli dei avessero udito le richieste espresse, il principe intravide, in lontananza, una sagoma avvicinarsi con rapidità. Essa si muoveva per vie aeree, si librava con dolcezza al di sopra delle case, sembrava quasi un ballo il suo, come se un vento estraneo ne accompagnasse le fragili membra. Quale gioia suscitava tal visione per l'aggraziato cielo, come una tisana ristoratrice in un particolare momento di disagio fisico e mentale, simile ad una tanto bramata pausa dopo una lunga e massacrante corsa. Poiché, dopo aver contemplato per così tanto tempo la velenosa figura dell'Uchiha, quella creatura, messaggera di note dolci e mielate, era un sospiro di sollievo. Nel contempo anche il ragazzo dagli occhi maledetti si era accorto del piccolo visitatore, ciò lo si carpii dall'agghiacciante sguardo che lanciò in quella direzione. Assieme alle iridi si inarcarono violentemente le sopracciglia, facendo si che sulla fronte comparirono delle lievi rughe, manifestazione evidente di un ipotetico pensiero deviato, venutosi a creare nella sua mente. Cosa stava passando per la sua testa era pressapoco immaginabile, le sue intenzioni facilmente deducibili, ma i dettagli ancora dissimulati. Compiere un omicidio, strappare ingiustamente la vita di una creatura, umana o animale, non recava dispiacere o rimorso entro il suo animo, ma solo beatitudine. La violenza malsana che l'eletto imprimeva in ogni suo colpo faceva scalpore, ogni duello, seppur di carattere amichevole, lo considerava di vitale importanza per imporre la sua superiorità. Subire una lieve ferita, come un taglio oppure un leggero ematoma, avrebbe simboleggiato il disonore, la perdita del proprio orgoglio, che avrebbe portato irrimediabilmente al risveglio di una bestia ancor più prava. Quindi il docile animale era in procinto di portarsi all'altezza del capo del giovane, mancavano pochi fugaci attimi, gli ultimi della sua vita. L'Uchiha era pronto, con lo sguardo ancora latente, gelido come il ghiaccio, i muscoli caldi e tesi e la veste appena svolazzante al richiamo del vento. Non appena la distanza tra i due si limitò ad un esiguo metro, egli portò rapidamente la mano destra sull'elsa della Katana, ansioso di sguainarla con irruenza assassina. Un tintinnio lacerante seguito dal rumore dell'infrangersi di un osso segnò il distaccamento abusivo di un altra anima dal proprio corpo. Zampilli purpurei lordarono il viso del purosangue, ignei e copiosi, strappati dal messaggero dell'armonia. A seguito di un tonfo, le sudicie tegole divennero terra santa delle carcasse della vittima, sezionata in due parti: la testa, oramai quasi del tutto prosciugata, e il restante busto, grondante come una fontana. Il capo dell'animale era stato troncato di netto, senza pietà, per mano di un giustiziere preda dei propri impulsi virulenti. Silenzio. Nei secondi che seguirono gli occhi del giovane non smisero di contemplare profondamente l'ennesimo caduto per mano della sua spada. Poi tutto d'un tratto, senza previo suggerimento, egli si dilettò in una sadica risata, diabolica ed altisonante, perdurante per un tempo indefinito, mentre, con fare flemmatico si accinse a riporre la mortale lama nel corrispettivo fodero.
Questa volta gli dei lo avrebbero castigato, oppure, ancora una volta, Marte,il Dio della guerra e l'Innominato Dio della morte, avrebbero preso le parti del genio, preservandolo dalle punizioni da egli stesso attirate?
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CITAZIONE ~Status
Grado: Genin Energia: Gialla Chakra: 100/100 Condizione Mentale: Sadico Condizione Fisica: Illeso Consumi:- Recuperi:- Slot 0/2:- Techiche 0/1:- Bonus:- Malus:-
~Armi ed Equipaggiamento
Katana 2/2 (Collocate a croce sulla schiena) Shuriken 3/3 Kunai 5/5 Guanti 1/1 Flash 1/1 Lancia fukibari 1/1 Fukibari 10/10 Kakute 1/1 (Collocato sul dito medio della mano destra) Lama interna 1/1 (Collocata sul polso sinistro, in apertura esterna) Bomba carta 1/1 Fumogeno 2/2
Sacche Porta Oggetti/Porta Shuriken 3/3 Custodia Porta Armi 1/1 Edited by Dirge - 18/10/2009, 12:40
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