Masahiro Izanagi

Era un 4 febbraio, il tempo era pessimo e nuvole cariche di pioggia sovrastavano il suo paese.
Una visione anche troppo familiare per Masahiro.
Tuttavia quello era un giorno speciale, una ricorrenza; ma “speciale”, purtroppo per lui, non sempre sta ad indicare un momento felice.
Aveva camminato a lungo e finalmente era arrivato a varcare le soglie delimitate da quel piccolo cancello supportato da due colonne.
Nonostante il maltempo ed il sole nascosto sopra alla nebbia, s’accorse immediatamente degli enormi cambiamenti: non c’erano più delle capanne sparse qua e la, ma al loro posto si ergevano bellissime case di mattoni e cemento, ordinate lungo gli infiniti viali che portavano al centro della città; quello che prima era un piccolo paese, era divenuto una nazione a tutti gli effetti, perfino la periferia si era modernizzata.

Alcune cose non cambiano mai,
pensò mentre osservava la piccola guardiola di legno. Sembrava vuota. Forse il sorvegliante s’era addormentato o aveva abbandonato il proprio posto a causa del maltempo.
Tanto meglio, non aveva alcuna voglia di dare spiegazioni a chicchessia. Tuttavia non si spiegava come un paese tanto importante non fosse più protetto. Possibile che l’essere circondati dall’acqua fosse abbastanza?
Grazie al suo senso dell’orientamento sviluppato nei lunghi viaggi e ai vaghi ricordi, sapeva bene dove andare.
Mentre camminava, solo sotto la pioggia, mille ricordi gli attraversavano la mente. Perso nei suoi pensieri, gli capitava spesso, non si era accorto di essere già arrivato.
Il cielo era sempre più nero ed il temporale aumentava d’intensità rendendo il luogo ancor più cupo e spettrale. Solo i tuoni rompevano quell’atmosfera, illuminando la zona seppur per pochi istanti e facendo vibrare la terra sotto i suoi piedi.
Vagò per diversi minuti prima di riuscire a trovare quella pietra.
Quel giorno strane sensazioni s’erano impadronite della sua mente. Eppure, da tempo, non riusciva più a provare emozioni tanto forti da suscitare in lui un pianto, ma d'altronde quella giornata era “speciale”.
Rimase a lungo ad ammirare quella tomba, la pioggia stava pian piano lavando via la sporcizia rivelando un nome… il nome di sua madre.
Il rumore della pioggia battente sul terreno e sulle lapidi, i rami spezzati dal vento, i tuoni… tutto sembrava svanire e a rimanere erano il vuoto, il buio. Il silenzio.
Una ferita che non sanguinava, indolore ed incolore s’aprì sul suo volto, gli solcava il viso dagli occhi fino al mento; una goccia d’acqua, forse. Una lacrima…

Nessuno aveva le capacità adatte per il suo scopo, l’unico luogo dove ci sarebbe riuscito era Kiri. Sarebbero sorti molti equivoci poiché è difficile definire “studente” un ventunenne, ma aveva bisogno di più potere, più tecnica.

Era un 4 febbraio, il tempo era pessimo e nuvole cariche di pioggia sovrastavano il suo paese. Eppure, il sole stava sorgendo.