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» • G i a c o ~
view post Posted on 9/10/2011, 12:54




Narrato
« Parlato Hinato »
« Parlato Karura »




Le gambe indolenzite, le braccia immobili, gli occhi pesanti. Un letto duro piuttosto scomodo, un morbido e gigantesco cuscino, i capelli arruffati. Non ci stava capendo più niente. Tentò di aprire gli occhi sollevando un poco per volta le palpebre, ma non ci riusciva. Si sentiva tremendamente stanco, distrutto, tanto da non sentire neppure il proprio corpo, fatta eccezione per gli arti inferiori e la schiena, che emettevano rumori doloranti. Provò ad alzare un braccio, a muovere appena le dita: nulla, era come se fosse paralizzato. Che cosa era successo? Dove si trovava? Molte volte le sue condizioni psichiche erano state critiche, molte volte si era sentito impotente, ma mai quanto stavolta: era come se un macigno lo tenesse inchiodato al letto, come se la sua mente fosse stata svuotata e non fosse più in grado di trattenere un'informazione, di ricordare ciò che non fosse la sua identità. Quale era il nesso che doveva cercare per capire? Non aveva neanche la forza di piangere, di disperarsi. Si sentiva vuoto, un corpo inutilizzabile privo della propria anima. Eppure doveva esserci qualcosa o qualcuno disposto a venire in suo aiuto. Ma figuriamoci: da sempre, veniva abbandonato da chiunque, a partire dalla famiglia, se così poteva chiamarsi. Poteva contare solo sulle proprie forze, trasformare quella malinconia in volontà, per reagire, per ribellarsi a quella realtà che ogni volta lo schiacciava e gli toglieva il respiro. Stavolta, tuttavia, neanche la volontà sarebbe stata sufficiente. Doveva aspettare, chiunque o qualunque cosa che potesse dargli un indizio, che potesse indirizzarlo verso la via della comprensione, del ricordo, del ritorno in sé. Esalava respiri deboli, appena percettibili ed ogni tanto, inconsapevolmente, emetteva qualche flebile gemito a causa dei dolori. Non capiva ed ormai neanche si sforzava più di ragionare, tanto non avrebbe raggiunto alcun risultato. Rassegnato, provò a concentrarsi sui rumori che lo circondavano, ma anche l'udito era piuttosto stordito, pertanto riusciva appena a percepire pochi suoni. Uno di essi attirò la sua attenzione. Era un ticchettio continuo, insistente e delicato, ad una certa distanza dalla sua posizione. Aveva qualcosa di familiare e voleva capire che cosa. L'unica cosa a cui potesse associare tale suono, era il rumore della pioggia... La pioggia... Che cosa c'entrava la pioggia? Si sentiva ad un passo dalla risposta, eppure così lontano dal raggiungerla.

« A-Aki... »


Improvvisamente fu tutto chiaro. Immagini degli eventi passati trascorsero una dopo l'altra nella sua mente, come un album di fotografie. La partenza alle Porte del villaggio, il viaggio verso il Paese del Fiume, le battaglie, Hinata che lo aiutava, Akira che stava per morire e Akane che veniva curata. Il suo viso riprese colore, gli occhi si spalancarono, il corpo si contrasse in un unico scomposto movimento che si tradusse in un urlo di dolore, subito seguito dalle lacrime che scendevano. Gli occhi gli bruciavano, gli arti inferiori furono colti da crampi continui, mentre nella schiena era come se si conficcassero tante lame una dopo l'altra. Urlava e piangeva, mentre continuava a contorcersi, incurante del dolore. Dov'era Akira? E Akane? E la missione come era andata a finire? Non potevano aver fallito, non poteva aver fallito... Perché, allora, era da solo? Perché non c'era nessuno ad assisterlo? Stremato, col sudore che colava dalla sua fronte ed il respiro affannoso, fu costretto a sdraiarsi nuovamente, colmo di dolore fisico e psichico. Ancora una volta la mente tornò ad annebbiarsi, il fisico a contorcersi per le fitte. L'oblio lo avvolgeva, imprigionandolo in una morsa ferrea dalla quale non riusciva a liberarsi. Si lasciò affogare in quel mare di dubbi, incapace di acquisire le risposte di cui aveva bisogno, cosicché le poche forze che aveva accumulato cominciarono ad abbandonarlo. Prima di alienarsi nuovamente da tutto ciò che gli stava attorno, avvertì sul suo corpo una sensazione di leggero tepore, anch'esso familiare, che, seppur per qualche istante, lo fece sentire al sicuro. Quanto era trascorso dal termine della missione? Un paio di giorni? Qualche settimana? O forse qualche mese? Adesso che ricordava, era più facile giungere a delle deduzioni: per salvare Akira e subito dopo per curare Akane, aveva sottoposto se stesso a degli sforzi tremendi che, sicuramente, lo avevano ridotto in quelle condizioni; ecco perché si trovava sul letto di un probabile ospedale. Tutti i dettagli riaffioravano piano piano e, più riprendeva consapevolezza di sé e più stava male: nonostante tutto era sopravvissuto, ce l'aveva fatta, aveva compiuto la sua missione; eppure il suo spirito non trovava pace: dove erano gli altri? Perché nessuno gli stava vicino in un momento così difficile? Le lacrime cominciarono a scendere nuovamente, dando vita ad un pianto silenzioso. Il calore tornò a farsi sentire, più forte.

« Hinato, puoi svegliarti adesso »


Chi era? Una voce già nota, da essa proveniva quella bellissima aura di calore e sicurezza. Dunque qualcuno lo stava assistendo, e doveva essere qualcuno che gli volesse veramente bene, date le sensazioni positive che riceveva. Da un lato la stanchezza lo costringeva a non compiere il minimo sforzo, dall'altro, tuttavia, la curiosità e la preoccupazione di conoscere gli avvenimenti posteriori al suo ultimo ricordo lo spingevano a scuotersi. Le palpebre si sollevarono, non con poca fatica, però furono costrette a richiudersi più e più volte, in quanto l'occhio non era più abituato a vedere la luce del giorno. Il respiro, il battito cardiaco, il flusso del chakra; tutto era tornato nella norma, peccato che la schiena e gli arti inferiori continuassero a lamentarsi. Tentò di sollevarsi sforzando gli addominali, ma le suddette parti si opponevano alla sua intenzione. Ci riprovò una, due, tre volte e alla fine, emettendo un gemito di dolore, riuscì a mettersi seduto, il fiato che già veniva meno. Non importava: dopotutto era un ninja medico ed avrebbe saputo curarsi. Il fuoco che lo riscaldava si trovava sempre lì, vicino a lui, eppure non vedeva nessuno all'interno della stanza. Proprio così, come aveva giustamente dedotto, si trovava in una stanza di ospedale, precisamente quello di Konoha. La finestra era aperta e da essa penetravano dei deboli raggi di luce, accompagnati da leggere folate di vento e dal canto di pochi uccelli: doveva essere presto, una mattina autunnale. Nella stanza non c'era nulla, o meglio, niente di cui potesse servirsi per ricevere delle risposte. Sbuffò, rassegnato, poi sistemò i lunghi capelli viola in un codino che gli fosse meno di peso. Asciugò le lacrime prodotte dallo sforzo appena compiuto, ma subito se ne formavano di nuove, prodotte non dal dolore fisico, bensì da quello psicologico: voleva sapere, non poteva sopportare questo stato di completa ignoranza. Nel frattempo esaminò le sue condizioni fisiche: la schiena doveva aver subito un intervento alla colonna vertebrale, mentre gli arti inferiori mostravano ancora chiari segni di lesioni e fratture, sia a livello muscolare che osseo; nel complesso non era conciato malissimo, considerando che aveva rischiato la vita. Probabilmente gli restavano ancora diversi giorni di fisioterapia, ma sapeva che cosa fare, come recuperare più velocemente. Tirò un respiro profondo, dopodiché tentò di scendere dal letto, ma la fiamma che ardeva lì accanto lo frenava.

« Non credo che sia il momento giusto per alzarti »


In quel momento un velo invisibile si squarciò e, con un insieme di scintille fiammeggianti, apparve Karura, radiosa e bellissima, più splendida che mai. Lo sguardo severo, il portamento fiero, gli occhi che parevano dei bracieri ardenti. Era proprio lei, la compagna che lo aveva soccorso, che lo aveva scelto e che si era fidata di lui durante l'ultima missione. Emanava un'aura talmente luminosa da riuscire a superare il potere del sole, le sue piume erano splendenti, perfette, il suo becco acuto e tagliente, lucidissimo; non c'erano parole per descrivere pienamente la perfezione della Fenice. Si posò sullo sgabello, al fianco di Hinato, i cui occhi facevano fatica a mettere a fuoco lo splendore della sua evocazione.

« K-Karura... D-Da quanto t-tempo... stai mante-...-nendo il Richiamo at-...-ttivo...? »


« Stai scherzando spero! Hai rischiato di morire ed invece di chiedermi quali siano le tue condizioni pensi alle mie? »


Lo Hyuuga si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.

« Io conosco già le mie condizioni...sono un ninja medico, ricordi? »


« E' incredibile come cambi la tua sicurezza nel momento in cui ti riferisci, anche per sbaglio, alla medicina »


« N-Non hai...r-risposto...alla m-mia...d-domanda... »


« ... E' trascorso un mese esatto dall'ultima battaglia »


Sussultò, incredulo, ed una fitta alla schiena lo colse impreparato. Urlò, dolorante, ma bastò che Karura posasse una sua ala sulla sua schiena per far sì che il male sparisse all'istante.

« G-Grazie... P-Potresti raccontarmi c-come è f-finita? »


« Hai portato a termine la tua missione, Hinato. Sei riuscito ad improvvisare in una situazione del genere, ormai sei diventato famoso in tutto il mondo dei ninja per il tuo talento in medicina »


« C-Continui ad ignorare... c-ciò c-che v-voglio dav-...-vero sapere... »


Lo sapeva benissimo. Karura era al corrente, di tutto, poiché gli era rimasta accanto dall'inizio alla fine. Aveva sperato fino all'ultimo di non dover rispondere a certe domande, ma – a quanto pareva – non aveva alternative.

« Stanno tutti bene... »


Il corpo del ragazzo si tese, si contorse per cercare di alzarsi in piedi, ma l'unica cosa che ottenne fu quella di un nuovo, grande dolore, seguito dal grido che manifestava anche l'ansia e la tensione.

« D-Dove sono adesso?! Voglio vederli! »


La Fenice chinò il capo verso il basso, taciturna. Hinato intuì una certa tristezza nei suoi occhi, una certa indecisione: evidentemente era successo qualcosa mentre era svenuto.

« Ti prego Karura, dimmi che cosa è successo! »


« Sei riuscito a salvarli entrambi, Hinato, anche grazie all'aiuto dell'altra Hyuuga. Dopo aver vinto la battaglia, sono giunti i rinforzi da Konoha, che vi hanno riportato tutti a casa... Ovviamente, dato che gli altri avevano ricevuto il grosso delle cure a spese del tuo chakra e del tuo amore verso il prossimo, la loro permanenza in ospedale è stata piuttosto breve e... L'Uchiha è fuggito, ancora prima che lo dimettessero. Tuttora, nonostante siano state avviate delle ricerche, nessuno sa dove si trovi. Successivamente, anche Akane è sparita, ma sicuramente non si trova insieme ad Akira...lo sta ancora cercando. »


Hinato si accasciò sul letto, lo sguardo perso nel vuoto, gli occhi che luccicavano. Karura lo conosceva bene e sapeva il perché stesse soffrendo. In realtà, il volatile aveva tentato di fermare l'Uchiha, aveva dialogato con lui ed alla fine lo aveva lasciato andare...ma di questo preferì non parlare, in quanto gli avrebbe arrecato ulteriori sofferenze.

« Hinato... Questo serve a farti capire che a volte dovresti pensare meno agli altri e più a te stesso. Io ho provato ad avvertirti... ad allontanarti da quel ragazzo, ma... »


« Karura...perché tutti mi lasciano da solo? »


La Fenice aprì le sue ali e si levò in volo, appollaiandosi accanto al ragazzo e posando il suo candido e caldo piumaggio su di lui, la testa tesa ad assorbire le lacrime dello Hyuuga.

« Finché ci sarò io, non resterai mai solo »




Da qualche tempo, ormai, non provava più serenità nel passeggiare per le vie di Konoha. Tutti lo conoscevano, sapevano che cosa avesse compiuto nel corso delle missioni, e lo fermavano di continuo per complimentarsi o per chiedere cose molto più ridicole, ad esempio di fare un autografo o di fare il modello pubblicitario. Si era trasformato in una sorta di Idol, cosa che gli dava molto fastidio. In realtà aveva sempre desiderato essere al centro dell'attenzione, essere apprezzato ed ammirato dagli altri, ma per le sue capacità, non per la sua figura in sé. Hinato voleva curare le persone, voleva aiutarle, e per questo voleva imparare cose sempre diverse; non gli interessava di certo fare carriera nel mondo dello spettacolo perché aveva un bel faccino. Da piccolo rischiava di essere pestato per la strada e adesso che era un adolescente – invece – rischiava di essere calpestato dalla folla di persone che gli stava attorno... Non poteva esserci una via di mezzo?! Avrebbe tanto desiderato accontentare tutti, ma da giorni rischiava anche di arrivare tardi in ospedale; così era stato costretto a camuffarsi utilizzando diversi capi d'abbigliamento che occultassero la sua immagine. Fortunatamente, questo tipo di successo durava un paio di settimane e non di più, perciò, per le persone, tornò ad essere semplicemente il ninja medico Hinato Hyuuga, la veste che preferiva, quella che gli stava meglio indosso. Poteva finalmente prendere una boccata d'aria senza essere assalito dai fans, che bello! Se non altro, travestirsi e scappare dai fans lo aiutava a distrarsi, mentre in questo momento i ricordi affioravano di continuo nella sua mente, costringendolo a soffrire: perché Akira se ne era andato senza lasciare la minima traccia dietro di sé? Perché, per l'ennesima volta, era sparito senza dire niente? Hinato non sapeva come comportarsi: desiderava una spiegazione, ma non poteva sperare in un altro ritorno dell'Uchiha, perciò aveva pensato di andare a cercarlo...eppure restava nel villaggio, fermo, fedele al suo dovere – che in realtà era un piacere – di curare i suoi pazienti. In fondo era contento che Akira stesse bene, tuttavia non negava di provare una certa delusione: sperava di poter formare un Team fisso assieme a lui e condividere ancora esperienze terribili e meravigliose, come di fatto lo erano state le due missioni svolte insieme. Prese posto su una panchina all'interno del parco, le mani in tasca, lo sguardo basso. Indossava un cappotto nero e dei jeans, accompagnati da delle scarpe nere, munite di pelo all'interno; immancabili erano i guanti e la sciarpa, la quale avvolgeva anche parte dei lunghi capelli viola. Non a caso, faceva freddo e la neve continuava a scendere, graziosa e delicata, donando a Konoha un'atmosfera ancora più pacifica ed accogliente. Le persone tremavano a causa di un inverno particolarmente rigido, lui invece stava bene, scaldato internamente dal fuoco di Karura, che dal suo cuore distribuiva il calore in ogni parte del corpo. I prati erano completamente bianchi, così come i rami degli alberi spogli ed i tetti delle abitazioni, mentre gli specchi d'acqua si erano trasformati in splendide aree ghiacciate. I bambini, nei dintorni, si divertivano a pattinare sul ghiaccio oppure giocavano a palle di neve. Un po' li invidiava, ma non per una questione di età: la maggior parte di loro aveva una famiglia, degli amici fidati o semplici compagni di giochi; in ogni caso, dei pilastri su cui potersi aggrappare nel momento del bisogno. Hinato, invece, aveva solo Karura, che era ormai parte di lui, e non gli bastavano più i tomi di medicina per consolarsi: desiderava qualcuno con cui condividere le sue vittorie e le sue sconfitte, qualcuno con cui potersi confidare, una spalla su cui piangere... gli bastava qualcuno con cui fare due chiacchiere ogni tanto, niente di più.
 
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~Daniele
view post Posted on 14/10/2011, 21:06




Legenda:
Narrato
Pensato
Parlato
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Al non aveva mai visto il Villaggio della Foglia in queste condizioni.
L'Inverno aveva ghermito Konoha nella sua morsa, portando con se basse temperature e numerose precipitazioni, per lo più nevose. La sua terra natia, paese caratterizzato da colori vivaci, caldi e gioiosi, quali giallo, rosso ed il verde della rigogliosa vegetazione, vanto ed imponente difesa, aveva mutato sembianze, coprendosi di un bianco innaturale, fastidioso e accecante se guardato direttamente, a causa della rifrazione del sole sulla superficie candida.
I tetti delle abitazioni erano colmi di quella sostanza, stalattiti cristalline riposavano quiete sulle grondaie degli edifici, staccandosi e precipitando, talvolta, al suolo, costituendo un non trascurabile pericolo per un ignaro passante; l'erba, da verde e rigogliosa, era oramai secca, morente, spesso coperta da cristalli di ghiaccio; i parchi, i numerosi specchi d'acqua costruiti artificialmente dagli abitanti, nel corso degli anni, mostravano una spessa lastra di ghiaccio sulla superficie.
Anche il monte che sormontava il villaggio, quasi conferendogli un senso di sicurezza, stabilità, eternità, aveva cambiato il suo aspetto: i volti severi e saggi dei precedenti Hokage, illustri uomini che nelle ere passate avevano contribuito ad ampliare il piccolo borgo, che avevano difeso in prima linea i propri compatrioti, sacrificando più che volentieri la propria vita piuttosto che quella di un singolo individuo, esempi di virtù, modelli da seguire ed imitare, erano coperti ed oppressi da neve e ghiaccio, tanto da perdere quell'aria austera e suscitando divertimento ed ilarità nell'osservatore.
Al poteva osservare tutto questo dalla finestra della sua modesta e disordinata abitazione: il ragazzo mal sopportava il freddo, e per questo se ne stava al chiuso, illuminato e riscaldato da un vivace fuoco all'interno di un camino, intento ad osservare come gli altri cittadini reagivano all'insolito clima. In effetti, gran parte della popolazione aveva reagito al suo medesimo modo, cercando nei propri appartamenti quel calore che la stagione sembrava aver rubato inesorabilmente.
Le strade erano frequentate perlopiù dai bambini, che, al contrario degli adulti, apprezzavano quel cambiamento, adattandosi e sfruttando tutti i lati positivi che quello strano clima offriva, cimentandosi in ogni tipo di gioco ed attività possibile.
Al ammirava ed invidiava questa qualità degli infanti: era sempre stato un tipo spensierato ed ottimista, capace di vedere sempre il lato positivo della realtà, il cosiddetto bicchiere "mezzo pieno", ma i recenti avvenimenti avevano mutato in lui questa qualità, eliminandola.
Forse il giovane era solamente cresciuto, la fanciullezza era oramai terminata, e precocemente era stato scagliato nel mondo degli adulti, dimensione in cui valori del genere sembrano essere estranei, ricordi remoti e chimerici.
Eppure, paradossalmente, questa sua condizione di tristezza, apatia, accidia era dovuta ad un fatto del passato lontano, risalente alla sua nascita e all'identità del padre, figura a lui ignota e completamente assente nella sua vita.
E a rivangare questo scomodo passato non era stato il ragazzo stesso, ma un estraneo, uno shinobi insigne per le sue gesta ed abilità, ma che nel villaggio raramente si incontrava.
Era stato proprio Akira Uchiha a cercare un contatto con Alphonse, rivelandogli la propria teoria sulla sua discendenza e offrendogli il proprio tempo e i propri servigi al fine di destare in lui lo Sharingan, vanto e peculiarità del clan Uchiha. Ma la generosa offerta, l'altruistico proposito si era consumato ancora prima di prendere forma. Infatti Akira sembrava aver abbandonato il villaggio poco dopo il loro incontro, senza lasciare tracce dietro di sé.

Che tu sia maledetto Akira! Ti ho consento di immischiarti nel mio passato oramai sopito e dimenticato, permettendoti di riesumarne scheletri e aneddoti remoti.. E dopo avermi fornito l'illusione della verità, prima di allora ineffabile ed ignota, sei scomparso, abbandonando il Villaggio così improvvisamente.. dannato!

Non era la rabbia ad ispirare questi pensieri intrisi di così tanta negatività: vi era un aspetto di genuina drammaticità dietro questo comportamento, di quella profonda disperazione presente in ogni uomo che vede infrangersi dinanzi ai propri occhi delle illusioni, delle convinzioni.
Un odore dolciastro destò il giovane da questi cupi pensieri, riportando il giovane nella dimensione della realtà: dalla piccola cucina della sua abitazione si era levata una flebile colonna di fumo, che avvertiva il giovane che il suo pranzo era sul punto di essere cotto. Il giovane si avviò verso il locale, scrutando l'interno della pentola e verificando se realmente il pasto fosse idoneo ad essere mangiato. Si trattava di una ciotola di ramen decisamente povera e semplice: non presentava molto condimento sia a causa della scarsità delle provviste all'interno del villaggio, per colpa del clima rigido, ma soprattutto a causa della pigrizia del giovane, il quale, non volendo affrontare il gelo, da diversi giorni si cibava solamente delle scorte contenute nella propria dispensa. Mentre assaporava il frugale pasto, il ragazzo osservò le credenze ove conservava il cibo: tranne un tozzo di pane relativamente recente, esse erano inesorabilmente vuote.

Hmpf, non vi è più nulla in casa, oggi dovrò necessariamente uscire di casa e provvedere ai vari rifornimenti..

Rassegnato a questa triste verità, concluse il suo pranzo, accatastando le varie stoviglie utilizzate in un lavabo in attesa di essere lavate. Tornato nella sua stanza, Al cominciò il rito della vestizione, indossando sopra i suoi soliti indumenti, e sopra un giaccone grigio molto caldo, una sciarpa di lana verde smeraldo, con su impresso il simbolo di Konoha, ed un cappello di lana coordinato. Camminare con quelle condizioni climatiche non era molto agevole: le strade o erano coperte di ghiaccio, le cui proprietà chimico-fisiche rendono questo materiale sdrucciolevole e scivoloso; o presentavano spessi strati di neve ancora fresca, che sprofondavano velocemente sotto i piedi del malcapitato che li calpestava accidentalmente.
Il giovane arrancava a fatica in quell'esplosione di bianco: era appena entrato nel parco sito vicino la sua abitazione, ed anche esso aveva subito una trasformazione così radicale da essere difficilmente riconosciuto, se non da un visitatore assiduo. Egli proseguiva diritto sul sentiero principale, con l'intenzione di traversare l'intera zona per poter poi accedere all'area commerciale del quartiere. Il giovane era talmente concentrato sui propri passi per notare un giovane uomo coperto da un cappotto nero e da una calda sciarpa che proteggeva il suo viso. La sua distrazione lo portò ad inciampare nelle gambe dell'altro, finendo per cadere in un cumulo di neve poco distante dalla vicina. Infreddolito dal prolungato contatto, Al balzò in piedi, scrollando dalle proprie spalle e dai capelli tutti i fiocchi di neve, poi si voltò verso l'altro, con aria mortificata.

Scusami non ti avevo visto, ero assorto nei miei pensieri.. tutto apposto?

L'alchimista guardava in volto lo shinobi, e, fra la reazione di genuino stupore dovuto all'incidente, il Genin sembrò intravedere sul suo viso un velo di tristezza, di rassegnazione. Essendo un estraneo, mai avrebbe osato chiedere cosa lo turbasse ma, nonostante tutto, era rimasto lì, fermo nella sua posizione, ritenendo, per assurdo, che rimanere in quel luogo, creare un legame con quell'individuo avrebbe favorito la risoluzione delle problematiche che attanagliavano l'animo dello Shinobi.


Edited by ~Daniele - 24/10/2011, 21:23
 
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» • G i a c o ~
view post Posted on 18/10/2011, 15:32




Narrato
« Parlato Hinato »
« Parlato Karura »




Che cosa strana. Non era mai stato colto da una tale apatia. A che cosa stava pensando? O meglio, che cosa non gli andava giù? I suoi occhi bianchi fissavano la neve che cadeva inesorabile, e il suo cuore desiderava essere come quei bellissimi e perfetti fiocchi che si posavano delicatamente a terra. Voleva liberarsi, voleva cacciare quel peso che gli impediva di sentirsi sereno. Sospirò, lo sguardo verso il basso, malinconico. Probabilmente sapeva dove stesse il problema, ma il vero dramma era prendere la decisione giusta. Il suo cuore, infatti, era scisso perfettamente a metà: da un lato stava ciò che desiderava veramente, mentre dall'altro lato c'era il benessere di chi contava su di lui, di tutte quelle persone che richiedevano le sue cure. Che cosa doveva fare? Non gli era mai riuscito comportarsi da egoista, pensare al proprio bene piuttosto che a quello degli altri; gli veniva automatico, era semplicemente il suo carattere. Ma Akira se ne era andato senza dire né lasciare nulla, ed ogni volta che ci pensava gli occhi cominciavano a luccicare, tristi, mentre le lacrime facevano capolino dalle palpebre. Voleva sapere il perché, voleva fermarlo, farlo ragionare e convincerlo a tornare: Konoha aveva bisogno di un ninja come lui... Hinato aveva bisogno di lui della sua figura come punto di riferimento; ad eccezione di Karura ed Hinata, il rapporto con Akira era l'unico vero legame che gli fosse rimasto...e non voleva perderlo. Per questo, stavolta, sentiva di voler fare diversamente, di seguire l'istinto, invece di dar retta a quel che gli suggeriva la ragione: lo avrebbe cercato, ovunque. Non appena quest'ultimo pensiero, l'idea di rivedere l'Uchiha, fece battere il suo cuore più velocemente, la Ragione rilasciò una vampata di calore particolarmente ardente: Karura si opponeva a tale possibile scelta. A lei non era mai piaciuto, sin dal primo momento in cui lo aveva visto; pur ammirandone l'abilità, odiava il suo atteggiamento altezzoso, la sua presunzione ed il suo essere costantemente al centro dell'attenzione. Tentare di farle cambiare idea era impossibile, ci aveva già provato un sacco di volte ed ormai aveva rinunciato. Ciononostante, Hinato sapeva di poter contare su di lei, che lo avrebbe appoggiato in qualsiasi circostanza. Lo sguardo del ragazzo sorvolò le persone presenti, per posarsi sull'orizzonte di quel cielo velato da una coltre di color grigio perla: un debole raggio di sole filtrava a stento tra gli spazi lasciati liberi dalle nuvole, diffondendo un po' di luce e facendo scintillare la neve che cadeva, tanto da farla sembrare polvere di stelle. I bambini si divertivano a danzare attorno a quella pioggia stellare, a raccoglierne i frutti che si adagiavano ai loro piedi, mentre lo Hyuuga ammirava tale spettacolo dalla sua postazione, affascinato. Peccato che durò solo un paio di minuti. Così come le nubi tornavano a chiudere lo spiraglio di luce, la malinconia e l'indecisione tornavano ad annebbiare il suo cuore. Gli occhi bianchi si volsero nuovamente a terra, verso le impronte lasciate dalle sue scarpe, ormai quasi totalmente coperte dal manto bianco. Akira...perché...

« Argh! »


Sussultò, balzando in piedi in un istante, il fuoco che ardeva sul suo petto. Tanto era immerso nei suoi pensieri, da non notare, fino all'ultimo momento, che una persona stava per inciampargli sui piedi. Era un ragazzo dai capelli biondi, riuniti in una treccia, ed indossava il coprifronte di Konoha, pertanto doveva trattarsi di un ninja. Subito si affrettò per aiutarlo ad alzarsi, colmo di vergogna per non essere riuscito ad impedire quel banalissimo incidente. Il calore cominciava a fluire in maniera più irregolare all'interno del corpo, chiaro segno che Karura fosse piuttosto agitata. Che cosa significava? Sicuramente voleva avvertirlo di aver fiutato qualcosa di sospetto nel giovane appena arrivato. Eppure pareva una persona molto tranquilla ed educata, anche perché si era appena assunta tutta la responsabilità dell'accaduto, nonostante la colpa dell'incidente non fosse riconducibile a nessuno dei due. Il primo atteggiamento tenuto di fronte ad uno sconosciuto, per Hinato, era sicuramente la diffidenza, ma in questo caso avvertiva positività, sentiva di potersi fidare.

« T-Tranquillo n-non è successo n-niente, a-anzi... m-mi ero incant-tato. C-Comunque, se ti sei fatto male posso occuparmene subito: sono un ninja medico... Ah, s-scusa la m-maled-ducazione... io s-sono Hinato Hyuuga... »


Emise un debole – ma sincero – sorriso, porgendogli la mano destra, lo sguardo verso il basso a causa dell'imbarazzo, le guance che si tingevano di una tenue tonalità di rosso. Karura continuava ad essere irrequieta, sentiva da dentro che qualcosa la turbava, ma ormai si era deciso: qualora questo ragazzo avesse nascosto qualcosa lo avrebbe scoperto, tuttavia – per il momento – si sarebbe limitato a conoscerlo, se lui si fosse mostrato disponibile. Un brivido risalì lungo la schiena ed il colore della pelle cominciò a diventare sempre più pallido, ma la causa non era certamente il freddo. Lo sguardo si fece assente, l'eventuale stretta di mano si fece improvvisamente debole ed il tatto si spense un istante dopo. Per un attimo il mondo attorno a lui sembrò scomparire e la sua figura isolarsi in un abisso oscuro, senza fine; il cuore accelerava il proprio battito, il corpo tremava timidamente. Perché doveva subire tutto ciò? Che fosse caduto vittima di un Genjutsu del ragazzo che aveva di fronte? No, se ne sarebbe accorto...o almeno così credeva. Era privo di forze...vuoto, perso...solo. Una vampata di calore lo fece tornare in sé ed ogni pezzo del puzzle conquistò nuovamente il proprio posto: la neve che scendeva, il ragazzo dalla treccia bionda, la stretta di mano. Tirò un sospiro di sollievo, però rimase dentro di lui quell'amara sensazione di impotenza, di rassegnazione; un paio di lacrime, difatti, si formarono alla base dei suoi occhi, ma le ritrasse in fretta per non mostrare troppa debolezza di carattere. Prima Karura, poi la sensazione. Era ovvio che ci fosse qualcosa sotto. Non doveva limitarsi a conoscerlo: quel ragazzo emanava qualcosa di familiare e doveva riuscire a capire che cosa. Non poteva essere un caso che due persone si scontrassero in quel modo: era un segno del destino, ne era sicuro, di quel terribile destino che non faceva altro che abbattersi su di lui, con sempre nuove avversità. Per questo iniziava a dubitare della buona impressione ricevuta inizialmente. Sospirò, confuso, stordito. Hinato desiderava la pace, la tranquillità, desiderava dei legami saldi e persistenti, cose che – a quanto pareva – si dimostravano sempre più irraggiungibili.
 
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~Daniele
view post Posted on 26/10/2011, 13:53




Legenda:
Narrato
Pensato
Parlato
Altri PG

Candidi fiocchi di neve galleggiavano eleganti in aria, eseguendo un'ultima, bellissima danza prima di precipitare al suolo, perdendo la propria forma e la propria individualità per unirsi nella molteplicità del nevischio sporco e calpestato depositato sul fondo stradale. Al li osservava pensoso, quasi avendo pietà della miserabile sorte a cui andavano incontro, e sulla loro impossibilità nel mutare la loro sorte. In un certo qual modo Al sentiva la propria condizione affine alla scena che gli si presentava dinanzi agli occhi: da tempo oramai la propria personalità, la propria individualità si era consumata nella ricerca di scoprire aspetti oscuri sul proprio passato, tentativo fallito a causa dell'improvviso allontanamento dal villaggio della Foglia da parte di Akira Uchiha, il nesso fra il presente ed il passato di Alphonse Elric, collegamento oramai infranto.
Il flusso di pensieri che invadeva e struggeva la mente del giovane fu interrotto da una rovinosa caduta causata dall'urto del giovane con la parte inferiore di un ragazzo, qualche anno più grande di lui. seduto su una panchina.
Con fatica il giovane si rialzò: tutti quegli abiti che indossava a causa delle rigide temperature rendevano più impacciati e goffi i suoi movimenti. Subito il giovane prestò le sue scuse per l'incidente, mostrando un po' di imbarazzo per la sua sbadataggine nei movimenti. Subito l'altro si mostrò gentile e comprensivo verso il Genin, preoccupandosi per la sua incolumità e se avesse riportato alcun tipo di ferita a causa della caduta. Inizialmente Al non lo aveva notato, ma il dorso della mano destra presentava un taglio non molto profondo, per lo più un graffio, dovuto al contatto con la superficie metallica della panchina: a suffragare la sua teoria, il ninja osservò il bordo della struttura, che presentava delle macchioline cremisi su uno strato molto sottile di nevischio. Rispondendo alla stretta di mano che Hinato Hyuga, così il ninja si era presentato, gli aveva offerto, il Genin prese la parole, presentandosi a sua volta.

In effetti neanche io mi sono presentato a dovere. Io sono Alphonse Elric, ma puoi chiamarmi Al. A quanto par la mia distrazione ha provocato un piccolo graffio sulla mano destra: ad ogni modo non c'è bisogno che tu intervenga per sanarla, è una sciocchezza!

La stretta di mano si sciolse, interrompendo il flusso di calore fra i due corpi avidi di un tepore che sembrava aver abbandonato le membra. Per una frazione di secondo i due si scambiarono uno sguardo, ben più profondo ed intenso di una semplice occhiata educata fra due conoscenti. Ma il silenzio venne interrotto dall'intervento del giovane che costrinse il giovane a sedersi per poter prestare delle semplici cure al graffio riportato.
La tecnica medica emanava un flebile bagliore verde, debole come la fiammella di un cerino ma calda come fiamme fameliche. La sensazione di calore che dalla sua mano si diffondeva in tutto il corpo era impagabile, il giovane avrebbe voluto che ciò non avesse mai fine, ma questa possibilità era, ovviamente, remota. Una volta sciolto il Ninjustu, un brivido scosse tutto il suo braccio destro, percependo nuovamente il freddo pungente di quella mattinata. La mano era completamente sanata, non vi erano tracce di cicatrizzazione o segni che potessero far pensare che qualche minuto prima quella zona di epidermide fosse lacerata.

Deve essere un medico molto abile!

Ancora una volta scese fra loro un silenzio carico di tensione: ognuno dei due sembrava assorto nelle proprie riflessioni e nei propri pensieri circa la situazione che si era creata: Al poteva percepire nell'altro come una sorta di rassegnata tristezza, di amarezza nei confronti nella vita, e non capiva come mai provasse ciò, non avendo mai mostrato doti empatiche così spiccate. Eppure sentiva come una sorta di legame unire i due shinobi, come se il Fato avesse deciso che le loro storie avessero dovuto intrecciarsi, in modo da condividere il proprio passato ed il proprio presente.
E per assecondare questo folle istinto il giovane avrebbe dovuto aprirsi all'altro, conoscerlo e permettere che questi accedesse alle sue informazioni personali, rendendosi nuovamente vulnerabile proprio come era accaduto con Akira.
Ma in Hinato avvertiva come una sensazione di fiducia, che rendeva l'Alchimista incline ad abbassare le proprie difese, proprio per questo cominciò a parlargli:

Sembra che questo sia un luogo abbastanza comune per pensare, per riordinare i propri pensieri e per ricercare una sorta di calma e pace interiore, non credi?

Il ragazzo disse ciò in maniera e cordiale ed ironica, con un piccolo sorriso accennato sul suo viso, un sorriso che nascondeva dietro di sé un velo di amarezza per la propria condizione.
 
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3 replies since 9/10/2011, 12:54   72 views
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