Clichè
Ryosuke Mikawa
Era una notte buia e fredda, persino per la regione dell’acqua, da sempre capitale del gelo e della nebbia, in qualunque periodo dell’anno. Quel manto scuro e tenebroso ormai si era posato persino in quell’angolo di mondo sperduto, lasciando cadere i più tra le braccia possenti di Morfeo, nel mondo dei Sogni. O Incubi. La maggior parte degli abitanti dei villaggi distanti era per di più gente comune, costretta ad un lavoro ordinario e privo di stimoli, eppure tra quelle lande, tra gli edifici bassi, costruiti con materiali poveri, privi di alcuna forma architettonica precisa, si ergeva il villaggio di Kiri, la grande meta dell’isola. Tra le piccole imprese ed i lavori umili della borghesia, in quella piccola metropoli vi era uno dei quattro grandi centri Ninja mai esistiti, e tra le mura del frigido Kirigakure, un esercito di shinobi pieni di talento.
Ryo era sempre vissuto presso quel piccolo centro abitato, che nonostante fosse il più importante nel raggio di numerosi Kilometri non era di certo il più popolato o ampio, ed ormai da molto tempo era diventato un Ninja della Nebbia, assolvendo i suoi compiti al meglio. In quella vecchia notte scura, priva di stele lucenti o astri visibili, quel giovane era di ritorno da una missione, non troppo estenuante né complicata, missione che appena il giorno prima lo aveva portato lontano da casa, tenendolo occupato quasi due giorni. Non era stato niente di eclatante, aveva fatto solo qualche lavoretto ordinario, ma quello che realmente sarebbe stato da notare, era quell’incontro che, appena pochi minuti prima di scorgere le possenti mura del villaggio, aveva fatto tra gli arbusti della boscaglia peculiare di Kiri, determinata da una serie di alberi per lo più spogli, secchi e scheletrici, come le ossa di un vecchio uomo ormai prossimo alla morte. A volte pareva anche che quegli alberi prendessero vita, quasi avessero qualche compito da svolgere, quasi dovessero finire qualcosa rimasta in sospeso. Era un foresta unica nel suo genere, che nonostante non fosse tra le più fitte o le più importanti aveva un ché di affascinante. Oltretutto per i ninja di quella cittadina era quasi un monumento, un credo. Si diceva che chiunque avesse conquistato i favori di Kiri, avrebbe ottenuto l’onore di presiedere, dopo morte, tra le schiere di alberi nei dintorni di Kiri, e che nel giro di pochi attimi dopo morte, sarebbe fiorito l’albero del ninja appena deceduto. Non che fosse una così grande aspirazione, ma sicuramente l’aspetto ideologico della faccenda lasciava un qualcosa di ammirevole tra gli occhi dei Kiriani, qualcosa di cui andare fieri. Il giovane Mikawa non si era preoccupato mai troppo di questa faccenda, aveva sempre lasciato agli altri le leggende metropolitane e le superstizioni del popolo, ma non poteva fare a meno di adagiare il passo una volta entrato nella fitta rete di alberi bianchi, limitandosi a camminare a testa altra tra le cortecce degli arbusti. Lo faceva per riguadagnare una sorta di immagine, quasi per mostrare ai suoi concittadini chi fosse, non tanto per il rispetto di quei legni tanto venerati, ma questo lo aveva portato a conoscere bene il territorio circostante, ed ormai era abituato a trovarvi gente di ogni tipo. Non che gli creasse alcun tipo di problema, non erano affari suoi, ma quel giorno era al culmine della banalità, ed il Mikawa lo aveva notato. A pochi metri da lui, non sarebbero stati più di tre o quattro, un Mukenin di Konoha si era preso una pausa, sostando tra gli alberi pallidi e mingherlini, apparentemente privo di alcun perché o motivo di sorta, osservando la luna estremamente bella e bianca, tonda coma la più perfetta forma esistente nell’universo. Ryo non l’aveva fatto apposta, gli era quasi uscito, istintivamente dalla bocca, quasi come una battuta sarcastica o un commento privo di senso, ma si era limitato a scambiare pochi verbi con il Ninja della Foglia, abbastanza alto da farsi sentire, ma nemmeno tanto basso da far trasparire timore dalle sue parole. Non voleva essere provocatorio o altro, non voleva alcun contatto a dir la verità, no gli interessava niente di quel Konohano, era stato un movimento privo di pensiero, un istinto potente, ed incisivo.
«Un Mukenin nei pressi di Kiri… Ma che Clichè.»
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