Where Is Your God?, He's Here, Behind You.

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† F e F F e †
view post Posted on 17/10/2010, 13:48 by: † F e F F e †




Profana Consacrazione dello Spirito della Divinità senz'Anima.



Narrato

« Parlato »



Nero. Come il sangue che Egli si sentiva scorrere nelle vene, un sangue insolito, irriconoscibile. Non sporco od inquinato, ma intriso d’una sostanza, d’una emozione diversa, nuova che tuttavia lo aggradava. La forza stava straripando nei suoi vasi, allargandone le pareti, facendo pulsare in ogni dove del suo divino corpo una sensazione mai avvertita prima, una vera e propria goduria.
Nero, come ciò che le plumbee pupille vedevano nei momenti di palpebre sigillate. Non stava dormendo. Stava meditando, la concentrazione era quasi palpabile, emetteva un’aura. L’acqua d’una cascata potente gli scrosciava addosso incessante, diramandosi per poi tuffarsi nello specchio idrico impestato d’aguzze rocce. Ma Lui non si scuoteva nemmeno d’un millimetro, seduto con le gambe incrociate ed il torso nudo, ascoltava e tastava sulla sua pelle la freschezza raggelante del trasparente elemento.

Statuario, immobile, temprava le giovani carni sotto il copioso getto, sentiva ogni fibra muscolare irrigidirsi per respingere il continuo impatto. Mentalmente presente, viaggiava srotolando un lungo nastro che gli mostrava le possibilità di una vita ancora da vivere. Era ancora incerto del cammino da intraprendere, dello stile di vita da scegliere, da che parte schierarsi: Bene o Male.
Le ombre celate nel suo cuore però sbilanciavano il Divino verso la seconda opzione, che a lui pareva più congeniale. Della sua patria nulla gli importava, ringraziava coloro che gli avevano fornito le basi del Mestiere ma con ingratitudine presto sarebbe fuggito. Il suo spirito libero non gli avrebbe consentito ancora a lungo di restare incatenato alla società, in un sistema marcio e corrotto - che anche a Lui però, per svolgere la Quest D di rapina senza correre rischi, era stato utile - al cui comando v’erano persone ritenute inadatte.

Fradicio, a tratti infreddolito da lievi spire di vento primaverile, con la cute lisciata e gocciolante, aumentava di attimo in attimo la fermezza cerebrale, a tal punto che il silenzio che nel cranio regnava iniziava ad infastidirlo, trasformandosi lentamente in un ronzio che gli stava trapanando neuroni, ossa e timpani; sembrava urlare disperatamente, inveire, praticamente esplodere.

B o o M



Schiuse i bulbi oculari rivelando le iridi concentriche, come percosso da una scarica elettrica sciolse la posizione di riflessione ansimando, spalancò le braccia che posizionò dietro ai reni per non distendersi. Lo sforzo era enorme, ma aveva un fine giustificato: sviluppare la mente al fine di poter dare genesi ad una tecnica che solo Keita sarebbe poi stato in grado di controllare. Ma non era abbastanza, non era ancora stato raggiunto un adeguato livello di preparazione. Il fisico reggeva, ma era la parte principale a non aver ancora conseguito l’elevata soglia necessaria per scaturire il nuovo potere.

Le perle di sudore sulla fronte, segno della fatica, si mimetizzavano con il flusso verticale che levava, omettendo così quel simbolo di enorme sforzo. Riprendeva fiato, profondamente rigonfiava i polmoni d’aria per poi espellerla. Non era per nulla soddisfatto, pretendeva molto di più, esigeva molto di più dal suo genio. L’Omicida ringhiava, stringeva i pugni che sbatteva sulla nuda roccia, era arrabbiato con sé stesso e con il mondo intero. Avesse avuto una preda, le avrebbe staccato la giugulare con le zanne. Ma non poteva di certo arrendersi, lui era il Regno Divino, un appellativo per quel corpo tanto perfetto quanto modificato. Normalmente era troppo perfetta quell’opera scolpita dal migliore artista su pregiato marmo, a tal punto che Egli volle apportarvi delle insolite modifiche. L’aveva tappezzato di numerosissimi piercing neri, che risaltavano ovunque. Lobi, mento, naso, bracca, petto e schiena, un esagerazione che a lui piaceva assai, si sentiva ancora più unico e ciò lo esaltava. Già vi si riteneva riferendosi alle proprie abilità, al fato che gli era secondo lui stato cucito addosso dal giorno in cui venne generato ed inseguito rivelato alla luce, alle possibilità che credeva d’avere basandosi potenzialmente sulle proprie capacità. Ed era ancora giovane, appena diciassettenne, pieno del suo ego a tal punto che il proprio involucro credesse non fosse contenitore abbastanza capiente; sapeva cosa sarebbe stato in grado di fare se solo avesse voluto, se solo v’avesse prestato un minimo di zelo, sapeva anche che era corretto non porsi limiti all’ascesa verso l’apice.

S’era perso nel rimirar il raro Dominio d’Apollo durante il Crepuscolo, quella sfera scoccava le ultime frecce ardenti dello stesso colore dei capelli del Demone, irrorando di calore immancabilmente ogni angolo di quel nido verdeggiante. Ma Lui desiderava la Notte, quella che d’ombre danzava il ogni Loco, schiarendo pallidamente il suo viso di luce biancastra, irradiandolo d’un chiarore dolce ma inquietante. Amava la Luna, gli donava una sorta di quiete interiore quando si trovava in tranquillità, ma era anche cosciente del fatto che Ella sarebbe stata in grado di sviscerare la sua anima al fine di scatenare la Bestia Famelica regredita nei meandri dello Spirito in caso di psiche alterata. Il satellite, leggendario secondo il mito dell’Eremita delle Sei Vie a cui Keita s’ispirava, poteva essere miccia d’una potente bomba così come acqua che annienta una fiamma; era molto strano tal rapporto, quel cerchio rifulgente poteva domarlo quanto farlo impazzire, accrescendo la sua voglia di violenza, sangue, sofferenza, dolore, potere.

Accaldato ed affaticato, con l’ira che lentamente scemava, restaurava le membra diciassettenni che tutto il dì avevano sopportato il peso del Sole e dell’acqua, di una meditazione logorante, di un estenuante impiego di forze. Era comunque migliorato in breve tempo, avvertiva un’atmosfera diversa attorno a sé, quell’aura s’era incrementata assai e non accennava ad arrestarsi: il percorso era ancora lungo e tortuoso ma l’obbiettivo restava comunque raggiungibile: per Lui nulla era impossibile od inarrivabile. Si auto-ritraeva come un essere umano fuori dal normale, uno di quelli che spuntano dalla massa di feccia per scrivere qualcosa che lasciasse il segno nella Storia, Lui era una divinità reincarnatasi sulla Terra; Lui venne creato dal Fato per cambiare la storia del Mondo Intero.

Si tuffò nella pozza tiepida, adagiando il collo su un masso semi-emergente, abbandonandosi allo sciabordio alla quale l’acqua era soggetto ed al suo sommesso gorgogliare. Si stava rilassando, necessitava di recuperare, pensieri di conquista lo possederono mentre nascondeva le gemme d’acciaio. Un loco dalle dimensioni indefinibili privo di fonti in grado di diradare l’ oscurità onnipresente, poi unicamente presagi di Morte, Vittoria, Guerra, Dominio. Tutto ciò non proveniva unicamente dal desio cerebrale, ma anche da ciò che il Cuor gli domandava, da ciò che proveniente da Esso avvertiva, trovandosi concorde con entrambe le fonti. Da breve tempo s’era insinuata una smania assassina fin allora repressa, che stava diventando incontrollabile. Le mani fremevano di malmenare, voleva scontrarsi per capirsi, per rispondersi ad una domanda che lo affliggeva: era Lui superiore, oppure erano gli altri inferiori?

[…]

Calata totalmente l’inguardabile Stella, il fresco prendeva posto nella boscaglia rigogliosa, come ad addormentar le foglie che tutto il giorno erano sottoposte alla fotosintesi. Keita nuovamente meditava, con concentrazione addirittura maggiore, le vene sulle tempie rigonfie indicavano un afflusso elevato di sangue che portava carico d’ossigeno nelle zone impiegate. Tutto questo lavoro non era altro che una parte di ciò che l’aspettava, per terminare la creazione della nuova Ninjutsu cui si stava dedicando così tanto, con così tanta passione.

Sempre svestito s’era nuovamente collocato sulla roccia sottostante lo spruzzo, che abbassatosi di temperatura, costringeva l’Angelo a contrarre l’intera muscolatura che andava a contrapporsi alla scioltezza della lunga riflessione. Non scuotendosi minimamente, s’accingeva a trascorrere le ore sotto la fioca luminescenza della Falce, avvolto da rumori orchestrati da Madre Natura. Cercava di isolarsi da ogni possibile distrazione, non intendeva sprecare la minima energia per eliminare possibili disturbi. Dovevano essere convogliate unicamente nel sistema circolatorio del chakra al fine di potenziarne il controllo, che avrebbe evitato perdite inutili, e la sensibilità ed esso, permettendogli così di captare meglio alterazioni causate dall’intrappolamento da Illusioni.

Stava scaturendo una flebile corrente attorno al Killer, poco intensa, ancora poco capace di respingere uomini od oggetti come Lui desiderava. Momentaneamente era solo in grado di deviare leggermente il liquido che infinitamente lo travolgeva, producendo una specie di nebulizzazione della stessa verso l’esterno. Stringeva le mani congiunte come in preghiera, così come si digrignavano i denti mentre spremevano le palpebre, si stava impegnando, stava davvero faticando, stava bruciandosi l’anima dalla foga. « Shinraaa Tenseeeeei! » urlò squarciando le nubi che volavano nella cupola immersa d’oblio, svenne poi, accasciandosi supino.

Si risvegliò qualche ora dopo, ma aveva perso la cognizione del tempo. Era congelato, i gradi notturni che calavano su Kiri lo stavano trafiggendo con acuminati speroni, e ciò non giovava affatto il suo fisico già debilitato. Piombò sulla terra ferma dopo essersi ripreso velocemente, annusava odore di sangue, lo gustava. Portò la mano al volto, e con disprezzo notò che il vermiglio colava dalla narici adagiandosi sui polpastrelli, e copriva le sue papille. Sputò seccato, conscio che non aveva retto all’immane impiego. Ma qualcos’altro lo turbava: era o non era riuscito a detonare la sua Tecnica Personale? Non ce l’aveva ancora fatta, ma lui non lo sapeva.

S’asciugò con degli stracci quindi si vestì. Tremava, Lui era freddo caratterialmente ma l’abbraccio della Nebbia lo era di più; doveva rafforzarsi. Doveva rendere il suo tatto più insensibile, doveva indurire le proprie ossa, doveva definire le fibre interne. Si vedeva come un bruco al secondo stadio, quello di bozzolo, ma presto sarebbe sbocciato il farfalla. La più bella e letale che potesse esistere. Rivestitosi ed accomodatosi appoggiando la schiena ad una corteccia, rivolse un ultimo sguardo alle stelle, per poi addormentarsi profondamente ghermito dalle braccia di Morfeo. Aveva realmente necessità di guarire le ferite interne e di non far lavorare la mente. Era distrutto.


Edited by † F e F F e † - 18/10/2010, 15:59
 
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