Revelation, Uchiha's Chapter

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Shiryu Uchiha
view post Posted on 26/9/2010, 14:02






~Narrato
«Parlato»



≈Villaggio della Foglia - Palazzo Kyougikai - 協議会



~U
na leggera ed insolita brezza spirava su Konoha: il villaggio era immerso in un'atmosfera grigia e cupa. Le prime avvisaglie di un temporale erano comparse all'orizzonte, affliggendo il paese nella desolazione. Le strade erano vuote e spente, le attività commerciali, nonostante fossero rimaste aperte, soffrivano della medesima "malattia". Le sfumature nere delle nubi, cariche di elettricità e pioggia, unite al color arancio di un vicino tramonto, rendevano l'atmosfera epica. In quella giornata così particolare si stava svolgendo un incontro molto importante, riservato solamente agli Uchiha, che avrebbe influito di certo sulle sorti politiche del villaggio. Il clan voleva chiarire il suo ruolo all'interno dell'amministrazione e soprattutto ristabilire un equilibrio di cariche tra "puri" e "mezzosangue". Anni prima era nata, sempre all'interno del clan, una corrente massonica che aveva come obiettivo quello di sbarazzarsi dei mezzosangue. In definitiva ciò che voleva l'amministrazione coincideva, in alcuni punti, con il volere di "Occhio di Luna": sbarazzandosi di una parte impura di Uchiha si sarebbe sì ripristinata una linea genetica immacolata, ma allo stesso tempo il gruppo si sarebbe indebolito. In effetti Il clan negli ultimi tempi aveva conosciuto una fase di nuovo splendore, forse anche a causa dell' alleanza politica, ma mai ideologica, tra gli Uchiha mezzosangue e quelli puri. La loro influenza politica era diventata rilevante ed il timore di una presa di potere improvvisa aveva costretto il governo a studiare una nuova linea d'azione. Seito, il ragazzo definito da molti, il "prescelto", era appena tornato da una missione che aveva rotto gli equilibri dell'organizzazione. Due fuggiaschi mezzosangue volevano vendere alcuni segreti del clan al Villaggio della Roccia ed il ragazzo insieme al senpai Kira si erano occupati della questione. Del sangue impuro era stato versato ed i mezzosangue, seppur dovettero mantenere un comportamento concorde agli obiettivi della missione, serbavano rancore nei confronti della parte "nobile" del gruppo. Il giovane dalle belle speranze camminava assorto in un corridoio del palazzo Kyougikai, sito proprio al centro del villaggio: una struttura di sei piani riservata sllo svolgimento di congressi tra i paesi, alle conferenze tra Kage e riunioni di vario genere. Gli Uchiha attendevano da molto quell'incontro, volevano far chiarezza su quella situazione così intrecciata. Attorno al palazzo diversi di abitanti di Konoha si erano avvicinati per carpire qualche informazione o meglio ancora pettegolezzo e non avrebbero mai potuto immaginare cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Seito, qualche istante prima che la riunione avesse inizio, fu convocato al piano terra, nella sala principale, da un funzionario del clan. I suoi capelli corvini ricadevano appena sopra le spalle in un movimento ritmico che si ripeteva passo dopo passo. Indossava un morbido kimono scuro, con una fascia e dei pantaloni dello stesso colore, con sè portava solo la katana infilata in diagonale dietro la vita. In lontananza udiva ancora il vociare dei membri del clan accorsi per l'evento. Entrò nella sala fortemente illuminata da una schiera di luci che giravano tutt'intorno le zone laterali. Di fronte si ergeva un palco e dietro di esso un'ampia vetrata. Un personaggio era in piedi e dava le spalle al giovane Uchiha. Alto all'incirca come lui, con i capelli scuri, corti ed irti come rovi. Due samurai si misero di guardia alle uscite con fare minaccioso. L'uomo si voltò, mostrando una folta barba ed un sorriso quasi folle. «Uchiha sei sicuro di possedere lo Sharingan? I tuoi occhi sono scuri ed insignificanti.» Seito fece scattare l'elsa, estraendo la lama di un paio di centimetri. «Facciamola finita.» Quell'improvviso attacco da parte dei mezzosangue sanciva il suo ingresso tra i ninja più temibili.

 
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Akira Uchiha
view post Posted on 26/9/2010, 16:05





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۞ Konoha.

~ Erano trascorsi due anni. Il suo addio era stato fatto passare sottotraccia, giustificato con uno stucchevole espediente retorico, il suo nome troppo facilmente consegnato alla storia passata, alle infamie, alle dicerie. Si diceva fosse scomparso misteriosamente, il clan aveva architettato con sapiente arguzia una storia sin troppo fantasiosa per motivarne la scomparsa. Dopo la vittoria al torneo per decretare i futuri chuunin, il suo nome era divenuto ingombrante, ed il suo addio al villaggio era stato trattato a guisa d'un affare di stato. Si erano mobilitati uomini di ogni clan, alte cariche politiche, per mascherare l'impotenza del villaggio di trattenerlo all'interno delle mura di Konoha. E allora era stato preferibile diffondere la notizia che il genio dai capelli blu, la speranza più fulgida del clan Uchiha, fosse deceduto in seguito ad una missione impegnativa. Dichiarare l'incapacità di conoscere le cause della sua scomparsa sarebbe equivalso a mantenere aperta la possibilità che il suo fosse stato un tradimento: la notizia avrebbe generato scompiglio, e diffuso terrore tra la popolazione, che ancora aveva negli occhi spauriti l'immagine di un demonio azzurro che aveva distrutto ogni ostacolo sulla sua strada al torneo Chuunin. Invece lui era ben lungi dall'abbracciare la fredda morte, e a passo lento, in una notte fredda e pungente calpestava il familiare suolo di Konoha, pronto a tornare nella sua terra natale. Si chiedeva cosa avrebbe pensato la gente rivedendolo, era perfettamente conscio della favola inventata per giustificare il suo troppo prolungato periodo di lontananza; ma fu un pensiero rapido, compassionevole, che nella sua mente non poteva occupare uno spazio maggiore di una breve parentesi di qualche istante. Ben presto fu l'impellenza della missione che l'aveva ricondotto nella sua terra natìa a monopolizzare la sua attenzione. Non provò alcuna emozione nel rimirare nuovamente l'ingresso del suo villaggio, dal momento che non aveva mai dato addio ad esso: il suo ritorno era sempre stata una questione di tempo.
All'ingresso dei grandi cancelli v'erano due guardiani, gli stessi che erano adusi salutare con lo sguardo le sue partenze per le diverse missioni che in passato l'Uchiha aveva compiuto. Lo riconobbero subito, Akira non era mutato in nessun dettaglio: il taglio di capelli era il medesimo, gli occhi freddi e tagliente erano restati immutati, persino il suo vestiario era rimasto identico. Il suo arrivo fu annunziato dal metallico tintinnio delle catene che avvolgevano i suoi avambracci.

» Non ci posso credere…Neji, guarda lì...quello non è...

~ Il guardiano pronunziò quelle parole con l'evidente maschera del terrore che gli copriva il volto. L'improvvisa epifania dell'Uchiha era gravida di conseguenze, ma egli non disponeva di sufficiente tempo per curarsene: non era stato dichiarato un mukenin, dunque era nelle sue possibilità e nei suoi diritti rientrare in qualsiasi momento nel suo villaggio. Un attimo di confusione lo turbò, osservando lo stupore del guardiano: ci sarebbero state le dicerie da sfatare, e poi c'era Ryu, suo figlio, che aveva trascurato per lungo tempo; e soprattutto, c'era da decidere se quel ritorno sarebbe stato solo una estemporanea ricomparsa o un permanente ritorno. Doveva assolutamente evitare questi pensieri, e concentrarsi sul suo obiettivo. Guardò per un attimo il guardiano, e poi scomparve, rapidissimo. Nel giro di pochi secondi era già nel centro della città: le nuvole minacciose e la nottata fredda sembravano essersi rese complici del suo arrivo, evitando che troppi occhi indiscreti potessero essere puntati su di lui.
Solo le luci delle insegne rischiaravano la gelida notte, illuminando i riflessi azzurri dei suoi capelli, e proiettando una luce maligna nei suoi occhi splendenti ma ottenebrati dalla responsabilità del compito cui era soggetto.V'era qualcosa di diverso nel suo sguardo: sembrava esser stato temprato dalle fatiche, forgiato in una nuova luce dalle esperienze dei due anni passati. Sembrava più pacato, più apatico, meno soggetto alla schiavitù delle passioni che lo attanagliavano negli anni addietro: nel suo cuore non sembrava albergare ardore, desiderio, amore, odio, solo una consapevolezza di rappresentare un enigma per ogni singolo individuo di quell'universo, compreso se stesso.
Si soffermò solo per un istante a contemplare quel palazzo dove era in corso una riunione tra i due rami del clan Uchiha: i puri e i mezzosangue. Era in posizione eretta, e guardava con sguardo spento la scena, attraverso una vetrata: la sua sagoma era dolcemente accarezzata dalla dolce luce diafana proiettata dalla luna, la sua ombra tremava instabile, quasi a voler esprimere quell'esitazione che non veniva tradita dal viso del suo possessore. Ad un tratto un'aquila si alzò in volo, esattamente sopra la sua testa, descrivendo dapprimo uno, poi due, infine tre circoli nell'aria tesa e umida. Akira sgranò gli occhi, e portò le mani all'altezza del busto: nel giro di pochi istanti aveva già composto numerosi sigilli. Come un grido nella notte, l'ululato di un lupo orgoglioso, le parole sue parole si spandevano nell'umidità, risuonando come echi maligni, quasi sussurrate, quasi trattenute dalle sue labbra livide per il freddo o forse per l'esitazione:

Katon: Ryuuka no Jutsu...

Katon: Ryuuka no Jutsu

• Villaggio: Konoha
• Posizioni Magiche: Tigre.
• Descrizione: Annoverato tra le tecniche di fiamma più potenti in assoluto, il drago di fuoco possiede caratteristiche uniche nel suo genere, che lo rendono imprevedibile e solido allo stesso tempo. Concentrando parecchio chakra all'interno della bocca il ninja è in grado di soffiarlo frontalmente ed infiammarlo, facendogli quindi seguire una traiettoria diretta tra se stesso ed il bersaglio. Il drago normalmente percorre fino a 25 metri, per poi riversare il proprio potere offensivo su uno o più avversari presenti nel suo raggio d'azione. Il problema principale di questa tecnica è che, nella maggior parte dei casi, può essere evitata con un semplice movimento laterale: questo perchè, nonostante la notevole velocità di avanzamento della fiamma, essa segue comunque un tragitto lineare e prevedibile... e la sua ampiezza non supera di molto quella di due pugni uniti. E qui viene fuori l'asso nella manica del drago di fuoco: questo jutsu può servirsi delle leghe metalliche come conduttori, tra le quali ovviamente i comuni fili d'acciaio. Avendo la possibilità di unire il punto di emissione della fiamma con un filo che stringa o comunque sia a contatto con l'avversario, si ha la certezza quasi matematica di colpire il bersaglio. I danni provocati dall'impatto con il drago sono assimilabili a quelli di una cartabomba livello 2 (quindi doppi rispetto a quelli inflitti da una "palla di fuoco suprema"). Inoltre, dal grado jonin in su, l'utilizzatore può dividere la fiamma in cinque distinti draghi, dividendo però anche il potenziale offensivo di ciascuno.

• Tipo: Ninjutsu
• Consumo: Alto
[Solo se si ha in scheda la Palla di Fuoco Suprema]



Dall'oscurità emerse un bagliore accecante, che lacerò le ombre e si riflesse con magnifico splendore sulla vetrata, proiettando una luminescenza accecante nei dintorni. Un istante dopo, il drago di fuoco che Akira aveva evocato con il suo chakra irruppe nel palazzo che era dinanzi all'Uchiha, distruggendo la vetrata e causando una pioggia di schegge acuminate che si dirigevano con traiettoria imprevedibile in ogni dove. Prima dell'impatto un uomo, in piedi su un palco, vedendo Akira comporre i sigilli aveva sgranato i suoi occhi in una escalation di terrore graduale che mutò in disperazione totale quando il drago di fuoco fu pronto ad inghiottirlo nelle sue ribollenti fiamme. Poco sotto di lui, ai piedi del palco, un ragazzo aveva appena accennato a sfoderare la sua lama, ma fu interrotto dal drago di fuoco di Akira. In un attimo all'interno del palazzo divampò un inferno di fiamme, alimentate dai Katon dei membri del ramo puro del Clan Uchiha, che si affrettarono ad uscire dal palazzo prima che esso potesse crollare. Essi si dispersero in ogni direzione, procedendo a grande velocità: Akira rimase immobile a contemplare la scena, il risultato della sua potenza. Le fiamme sembravano illanguidirsi in una macabra danza con il palazzo, una danza omicida che avrebbe presto portata alla sua totale scomparsa, consumata nel furore di quella danza mortale. L'Uchiha non riuscì a prodursi nel suo consueto ghigno, si limitò a voltarsi e avviarsi a passi lenti verso la un piccolo giardino poco distante, mentre l'evento aveva già attirato i primi curiosi, che presi dalla tragedia appena consumatasi non prestavano attenzione ad Akira.
Ad un tratto, un membro del clan si avvicinò all'Uchiha tenendo per il braccio con una certa violenza un ragazzo, presentandosi dinanzi ad Akira:

» Akira-Sama, la prego di portare con sè questo ragazzo, era all'oscuro di ogni cosa, e in questo trambusto non ha dove andare, se desse nell'occhio potrebbe farci scoprire.

Akira guardò con disprezzo l'uomo, quasi nutrisse rancore nei suoi confronti: non lo conoscevo, ma di certo era un Uchiha puro, per essersi salvato dall'esplosione. Arrestò un attimo la sua marcia indolente e rispose all'uomo con arroganza:

Ho fatto ciò che mi avete chiesto. Questo esula dai miei compiti.

Detto questo, fissando il vuoto, Akira riprese il suo lento cammino, quasi a consentire al ragazzo di seguirlo, e raggiunse il giardino: al centro di esso sorgeva una piccola ma deliziosa fontana, da cui zampillava della purissima acqua che risplendeva nella notte e sembrava quasi illuminare l'ambiente circostante, dopodiché poggiò un piede su una panchina e iniziò a fissare il palazzo in fiamme che opponeva le sue ultime resistenze prima di cedere al furore irresistibile delle fiamme. Akira era pensieroso, turbato, ma la sua freddezza non sembrava affatto scossa dall'evento. Una fiumana di curiosi si accalcò nelle vicinanze del palazzo: lo strepitio delle fiamme aveva causato il risveglio di molti civili, e il bagliore dell'edificio aveva segnalato il punto da cui tale frastuono era provenuto.






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Shiryu Uchiha
view post Posted on 26/9/2010, 21:12






~Narrato
«Parlato»



≈Palazzo Kyougikai - Sala Principale



~U
n filo impercettibile di tensione animava l'aere di quella stanza maledetta. L'Uchiha aveva impercettibilmente piegato in avanti il ginocchio destro, pronto a scattare come un felino sulla sua preda. I capelli coprivano metà del suo profilo e con la coda dell'occhio aveva già individuato la sua prossima vittima. Il primo samurai era a circa quattro metri, forse meno. I dieci secondi successivi furono intensi quanto un mese per l'inutile vita di molti. Fu il preciso pensiero del giovane Uchiha. Ascoltò le stupide parole dell'uomo con un ghigno sul volto, mentre scrutava dalla finestra, illuminato da una lineare flebile luce lunare, una saga imponente, la quale stava passando all'azione. Non provò minimamente a capire chi fosse o cosa volesse, ma era giunto al momento propizio. «Non serve lo Sharingan con qualcuno che è in realtà già morto.» Sfoderò la katana e slanciandosi all'indietro trafisse al cuore il samurai, sfondando la porta che celava. Manteneva con la destra la lama in orizzontale, mentre con il palmo della mano sinistra aperto spingeva in avanti l'arma. In quello stesso istante un immenso boato invase il luogo che aveva appena abbandonato. L'onda deflagrante avanzava maestosa. «Devo sbrigarmi.» Sfilò la katana facendo fluire il liquido vermiglio in quantità considerevoli dal foro assassino e scattò lungo il corridoio. Non v'era tempo per ingenue riflessioni. Quasi a metà di esso scorse una finistra, senza indugiare oltre la sfondò con un calcio e dopo aver rinfoderato l'elsa con un paio di rotazioni scenografiche, uscì fuori. «Seguimi Seito.» Un membro del clan lo superò in corsa. Non lo stava seguendo, ma semplicemente era l'unica via di fuga e a malincuore dovette imboccarla. «Siete la nostra speranza per risollevare le sorti del clan: i prescelti.» Erano giunti nel luogo dal quale era partito l'attacco precedente e la stessa figura, dai tratti ora più delineati, era lì di fronte. Il membro del clan strattonò per un braccio il Genin che si liberò subito dalla presa. Sentì nominare Akira. Non poteva essere lui. Quel ragazzo maledetto non era più nel villaggio e non sarebbe mai dovuto tornare. Guardò quel ninja con occhi disillusi, mentre egli rivolgeva sguardi omicidi all'uomo che si ostinava a voler far incontrare i due. Poi ricordò: era lo stesso che un giorno all'accademia Uchiha aveva procurato la sua tenuta da combattimento, così simile a quella che ora stava indossando Akira. Giacca anbu bianca, manicotti neri e quelle catene. Cosa stava succedendo? Lo shinobi riprese il cammino verso il giardino al centro del quale una fontana zampillava meccanicamente. Rispose freddo. Non poteva finire così: Seito aveva il diritto di sapere. Attese che il ragazzo si appoggiasse ad una panchina e mentre osservava l'opera appena compiuta, il Genin abbassò lo sguardo pensieroso. «Volevo la testa di quel maledetto mezzosangue e mi hai privato di questa emozione.»


 
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Akira Uchiha
view post Posted on 26/9/2010, 22:37





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۞ Konoha.

~ Akira si godeva lo spettacolo che aveva contribuito a realizzare: le polveri infuocate si distaccavano tristi dall'edificio, ed esalavano i loro ultimi, infiammati, respiri lontano da esso, consegnando come loro memoria alla leggera brezza un odore di bruciato che l'Uchiha respirava a pieni polmoni. Era il tempo di andare, non poteva restare a Konoha troppo a lungo, con tutti quei curiosi in giro, con il pensiero di suo figlio in giro da qualche parte. Lentamente sfilò il piede dalla panchina e si voltò, per andare via, quando fu interrotto dalle parole del ragazzo che il membro del clan gli aveva portato per proteggerlo. Ad udire quelle parole Akira sogghignò, e con estrema lentezza si voltò. Per un attimo lo fissò con indifferenza, poi gli piantò addosso uno sguardo pietrificante, freddo, intenso.

Ci sono ancora io, ragazzino...uccidi me, se ti riesce...e non uno sporco mezzosangue.


~ Disse l'Uchiha senza scomporsi, fissando beffardo il ragazzo, ma senza assumere alcuna espressione del volto. Le sue mani erano parallele ai fianchi, apparentemente immobile Akira sfidava quel ragazzo nella più complessa delle sfide, quella psicologica.



~ Era soltanto un ragazzo, probabilmente anche troppo giovane per conoscere la sua fama. Di sicuro, qualora avesse sentito parlare di lui, sarebbe stato convinto di ciò che la gente e lo stesso clan dicevano dell'Uchiha dai capelli blu.
Nel frattempo, il vociare della gente accorsa a contemplare il funebre spettacolo dell'edificio in fiamme cominciava ad aumentare sensibilmente. In quella strage nessun Uchiha mezzosangue di quelli presenti era riuscito a salvarsi; una pira funebre che celebrava un brusco colpo di mano da parte del clan dei membri puri del clan, che tuttavia era riuscito a non uscire allo scoperto. Infondo, in una riunione tra Uchiha, chiunque avrebbe potuto utilizzare una tecnica di fuoco.
Akira, in ogni caso, non fece caso a nulla di ciò che lo circondava: il fuoco alle sue spalle illuminava tenuemente le sue spalle, e proiettava un'ombra sinistra sul suo volto spento. Dall'ingenuità adolescenziale di quel ragazzo avrebbe potuto avere una conferma diretta di ciò che la gente aveva detto di lui in sua assenza.






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Shiryu Uchiha
view post Posted on 27/9/2010, 11:17






~Narrato
«Parlato»



≈Palazzo Kyougikai - Giardino Esterno



~N
elle tenebre due poli opposti rompevano la quiete oscura: da un lato il naturale bagliore della luna che con il suo volto squarciava debolmente la notte e dall'altro l'umana azione di Akira che con il suo gesto aveva creato disperazione e morte. L'indifferenza negli occhi di quei due ragazzi era simile, provenivano da due famiglie diverse, da due storie diverse, ma evidentemente la disillusione che gli aveva riservato la vita era la medesima. Gli occhi di Akira si fecero glaciali. Lo provocò. Voleva indurlo a qualche azione avventata, ma la rabbia di Seito andava oltre quel semplice momento. Alle parole del Chuunin rispose con un ghigno di colui che si era appena reso conto che, forse, le dicerie che aveva sempre ascoltato non erano del tutto vere. In fondo anche Seito aveva provato l'amaro sapore dello sporco gioco che l'amministrazione, unita ad una parte del clan, stavano facendo con lui. Oppure, semplicemente, era tutto reale e si trattava solamente di un banale assassino. «Sei diventato un mercenario come dicono?» Eppure nei suoi occhi leggeva una recondita voglia di cambiare lo stato attuale delle cose. Akira nelle sue contraddizioni era sempre risultato scomodo. Questo poteva significare solo una cosa: il suo credo andava oltre i subdoli piani di tutti ed era una caratteristica davvero attraente agli occhi di quel ragazzino ancora forse troppo ingenuo. Nel mentre che l'urlare delle persone si estendeva nel non più desolato paese, l'Uchiha si avvicinò alla fontana e con gesto sublime placò la sua sete. «Vivono la loro vita miseramente e questo non lo sopporto.» Fu un semplice sfogo, ma in quelle parole erano contenute tutte le amarezze di quel giovane shinobi. Si riferiva alle persone di Konoha, dai semplici abitanti, alle alte cariche del villaggio. Abbassò cupo lo sguardo, nascondendo gli occhi tra i capelli. Spostò lentamente il volto verso Akira, adesso erano di un colore rosso intenso nei quali una tomoe nera infrangeva le sfumature cremisi. La rabbia era implosa dentro di sè ed aveva attivato lo Sharingan, senza volerlo.



 
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Akira Uchiha
view post Posted on 1/10/2010, 19:38








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۞ Konohagakure no Sato.


~ Mercenario. Ormai era divenuto questo: un traditore, mezzo vivo e mezzo morto, che anche da defunto riuscirebbe a ledere Konoha, e la domanda di quel ragazzino lo aveva confermato. “Sei un mercenario come dicono?”: sicuramente una domanda affascinante, ma decisamente fuori luogo. Akira non era in vena di rispondere alle provocazioni, il suo umore cupo e apatico aveva ormai toccato le soglie dell’indolenza. Indispettito dalla curiosità del ragazzo, Akira si voltò, quasi per abbandonare quel luogo: nessun ghigno, nessuna espressione di disprezzo o superiorità. Pareva aver perso la voglia di compiere qualsivoglia tipo di azione, sembrava desiderare soltanto di tornare nella sua spoglia ed inospitale dimora. L’aria di Konoha non lo aveva aiutato a superare il periodo di profonda malinconia nel quale versava ormai da mesi: ad un tratto, però, venne irresistibilmente attratto da un fenomeno inaspettato. Il ragazzino, dopo uno sfogo violento contro i comuni cittadini di Konoha, un lamento nel quale riecheggiavano le parole che lo stesso Akira pronunziava quando aveva la sua stessa età, attivò lo Sharingan, probabilmente in maniera inconsapevolmente. Akira sgranò gli occhi, e si avvicinò al ragazzo con un andamento a metà tra l’intimidatorio e il comprensivo: gli si fece presso con estrema lentezza, ma non disse nulla. Lo sorpassò, e quando gli fu accanto, mentre il ragazzo era fermo e i due erano rivolti in direzioni opposte, lo lasciò con una frase che gli balenò in mente in quello stesso momento, quasi sussurrandola, con un tono al tempo stesso di rimprovero e di comprensione:

• A volte i pavoni nascondono agli occhi di tutti la loro ruota – e questa è la loro superbia.*



~ Sperava che il ragazzo comprendesse la moderazione nell’uso dello Sharingan: un uomo, nella sua vita, incontra passioni come l’odio e il desiderio di vendetta, passioni che lo consumano sino nell’intimo della sua anima. Ma mai il suo intelletto dovrebbe cedere alle insistenti tentazioni che tali passioni gli suggeriscono. Era un Uchiha come lui, il suo Sharingan era purissimo, rosso cremisi, infuocato e in perpetuo ardere, come proteso verso il raggiungimento di un ideale, di un obiettivo troppo distante per potero anche solo accarezzare con quelle iridi color del sangue. Per un attimo ad Akira tornò alla mente il suo passato, i momenti in cui era percorso ad ogni istante da un desiderio insaziabile di superare sé stesso, di confontarsi con chiunque gli capitasse il tiro, di dimostrare a sé stesso di non avere rivali: come immagini istantanea, iniziarono a sfilargli dinanzi tutti i ricordi più amari e più dolci, le grandi azioni che quel desiderare gli aveva suggerito, così come gli errori che aveva provocato. Sperava che il ragazzino potesse non ripetere i suoi stessi errori, benché non lo conoscesse: ma lo vedeva animato da un sentimento di misantropia che molto aveva in comune con il movente unico delle sue azioni sino a qualche anno prima, e in queste condizioni la natura umana ha dimostrato un lieve favoritismo verso la benevolenza, obbligando anche l’uomo più crudele e spietato a simpatizzare con coloro che sono mossi da passioni che essi ben hanno conosciuto. Nascondere agli occhi del mondo lo Sharingan: in questo consisteva la grandezza di un Uchiha, nel tentativo di sprezzare il volgo e le sue dicerie, non reputando codesti spettatori della grande scena del mondo in grado di esprimere un giudizio sensato.
Dette quelle parole Akira si allontanò dal luogo, ma sentì qualcosa rinascere in lui: uno strisciante sentimento di rabbia si insinuò in lui, pareva che stesse tornando a desiderare, ad ardere di passione, influenzato dalla visione degli occhi cremisi e sognanti di quel ragazzo, il cui Sharingan rispecchiava molto di più di una semplice abilità innata; era il simbolo dell’ardente e convulsa ricerca, del perpetuo anelare a qualcosa di alto, irraggiungibile, e perciò stesso stimolante. Era il simbolo dell’avvenire, della vita che vince sulla morte, dell’attività che trionfa sulla passività in un impeto di rabbia: ed Akira si era lasciato influenzare, sembrava essere tornato ad infiammarsi di passione, il suo passo verso casa si fece più svelto, i suoi movimenti meno pacati. Quell’incontro gli aveva ricordati che anche lui, dopotutto, aveva ancora degli obiettivi da raggiungere.

* F. Nietzsche, "Al di là del bene e del Male", aforisma 73a.




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