La morte ti lecca le ferite, vero, ma solo perché ti vuole tutto intero nel momento in cui sarà lei a tagliarti la gola. Capitolo V
Quando il sole sorse ad illuminare la splendida vallata che si affacciava innanzi a quegli alti monti al di la dei quali nessuno sapeva cosa ci fosse, a Gennosuke non poteva sembrar vero che fosse già mattina, infatti nonostante la sera prima si fosse addormentato col sole ancora in fase discendente, la notte sembrava esser volata via in un batter d’occhio: al ragazzo sembrava di aver appena essersi appoggiato sul letto, ancora ricordava gli ultimi pensieri che aveva pensato prima di addormentarsi, quelli che di solito non si ricordano mai; questa era la dimostrazione che più si dorme e più si è stanchi, infatti al ninja quella dormita di dieci o undici ore non aveva fatto altro che incollargli inesorabilmente addosso quella stanchezza che in quei giorni aveva cercato di evitare, senza contare che il sonno su quella specie di letto fatto sulla fredda terra, non aveva che peggiorato i suoi dolori, soprattutto alla schiena, che ancora risentiva delle cadute affrontate il giorno precedente.
Anche se la stanchezza era assai, il giovane non si ritrasse dagli allenamenti, che per quel giorno prevedevano un bel ripasso di taijutsu e delle tecniche basilari: iniziò proprio con la moltiplicazione e la trasformazione, tecniche di fondamentale importanza per un ninja, senza le quali non ci si poteva nemmeno definire un vero shinobi. Iniziò dalla trasformazione, nella quale riusciva leggermente meglio, anche se non era il massimo in entrambe. Prima di tutto richiamò il chakra, era diverso tempo che non svolgeva questa operazione, e ci volle diverso tempo, anche se alla fine vi riuscì; ora sentiva l’energia allo stato puro scorrergli in tutto il corpo; quando poi si sentì pronto, iniziò a comporre i sigilli: inizialmente la velocità nella composizione era abbastanza lenta, ma poi una volta composto il primo, i seguenti vennero da soli, come parte di una catena che ormai Basilisk conosceva a memoria.
Una volta conclusi i sigilli, decise di trasformarsi nella prima cosa che gli venne in mente: il suo vecchio miglior amico, il suo cane. Purtroppo i risultati non furono dei migliori, infatti ciò che ne uscì non assomigliava più di tanto ad un animale, ma assomigliava più ad un semplice agglomerato di carne, senza una forma ben definita. Ci vollero diversi tentativi prima di riuscire nell’impresa, infatti il ninja era veramente fuori allenamento, e si era completamente dimenticato la procedura di quelle tecniche così inutilizzate. Alla fine però i risultati furono ottimi, infatti alla conclusione degli allenamenti la velocità nella composizione dei sigilli era aumentata a dismisura, e quasi non si riconoscevano le posizioni delle mani; anche la somiglianza all'animale in cui si voleva trasformare era aumentata di molto, tanto che nessuno, tranne un ninja esperto, avrebbe riconosciuto la copia dall’originale. Una volta riuscito in questa prima tecnica, che in teoria doveva essere la più semplice, decise di passare alla moltiplicazione del corpo.
La procedura iniziale fu la stessa, con la raccolta del chakra e la composizione dei sigilli, poi però doveva riuscire a creare delle perfette copie di se, perciò simulò nella sua mente la sua figura, poi lasciò andare il chakra, come in una violenta esplosione, che confluì in un sonoro “puff”, seguito da una nuvola di fumo di fianco al ragazzo, dalla quale scaturì una figura obbrobriosa, che non aveva assolutamente nulla in comune con Basilisk, a parte due gambe e due braccia; il corpo non aveva una forma ben definita, sembra una specie di orso e la copia non aveva neanche un briciolo di energia, tanto che non riusciva nemmeno a reggersi in piedi sulle gambe, e svanì in pochi secondi.
Dopo diverse prove finalmente lo shinobi riuscì nell’impresa, con graduali miglioramenti, dapprima il viso con una forma ben definita, oppure una copia perfetta ma senza energie, poi una copia ben riuscita, traguardo molto importante, finché infine il giovane non riuscì a creare ben cinque copie identiche a se in tutto e per tutto. In questo modo aveva dato modo di dimostrare di essere un vero guerriero, che non molla nonostante le difficoltà, già perché riuscire in quella tecnica, che tanti problemi gli aveva dato e che sembrava non voler riuscire per nessuna ragione, era una prova di grande determinazione: perché in qualsiasi attività è necessario sapere che cosa aspettarsi, i mezzi per raggiungere l’obbiettivo e se si hanno le capacità necessarie per il compito proposto; e Gennosuke aveva dimostrato di non avere limiti di miglioramento e che i suoi mezzi in teoria gli avrebbero concesso di arrivare ovunque avesse voluto.
Ora restava da migliorare il taijutsu, l’arte del corpo a corpo, degli attacchi diretti, basata sulla forza dei colpi, ma allo stesso tempo sulla velocità degli stessi, che senza una delle due caratteristiche appena citate sarebbero deboli, facilmente schivabili e inoffensivi; inoltre quella era una specialità in cui non si potevano commettere errori di alcun genere, poiché si sarebbe aperta la strada a un contrattacco nemico, che non avrebbe trovato nulla sulla strada tra sé e il rivale, poiché il taijutsu non offre una vasta gamma di difese, e si basa piuttosto sulla schivata, caratteristica necessaria per non finire in preda agli assalti nemici. Ma di per se Basilisk era già veloce e agile, quindi abile nella schivata, e necessitava maggiormente di una preparazione in fase offensiva, magari con un potenziamento dei colpi, ottenibile solo con un duro allenamento alla vecchia maniera ovvero contro un grande albero, che sarebbe dovuto cadere sotto gli incessanti colpi del ninja: in quella zona vi era una vastissima gamma di alberi di ogni tipo, per ogni gusto, anche ciò di cui lo shinobi aveva bisogno, ovvero un piccolo tronco alto almeno quanto lui.
Il ninja vi si avvicinò, poi si fasciò le mani per non rovinarsele, prima di iniziare alcuni secondi di preparazione; cominciò a colpire il bersaglio con una marea di pugni, prima abbastanza lenti e dolorosi, tanto che la fasciatura delle mani sembrava dover cedere da un momento all’altro, ma poi con l’avanzare del tempo aumentò anche il ritmo dei colpi, che a causa dell’estrema velocità con cui arrivavano a bersaglio e si allontanavano dallo stesso, quasi non provocavano dolore al ninja, che ormai si era abituato a quella situazione e le braccia quasi si muovevano da sole, spinte dall’adrenalina e dalla voglia di migliorare; intanto la corteccia, sotto i colpi incessanti che la colpivano ormai da decine di minuti, cominciò a cedere e dopo poco fu completamente distrutta; ma l’azione devastante dello shinobi non si fermò lì, e dopo altre decine di colpi anche il vivo legno iniziò a cedere, scheggiandosi a mano a mano che i pugni del giovane vi si infrangevano contro. Poi, non soddisfatto di ciò che stava compiendo, il ragazzo iniziò a colpire il tronco con calci rapidissimi, con gomitate e ginocchiate; questi colpi erano molto più potenti rispetto ai precedenti, e scalfirono pesantemente il tronco, che ormai, dopo minuti e minuti di incessanti attacchi, era ridotto a due terzi rispetto allo spessore di partenza. Come se tutto ciò non bastasse il ninja acquisì col passare del tempo una rapidità inaspettata, e durante l’ultima mezz’ora i suoi colpi viaggiavano a una velocità spaventosa, e causò molti più danni in quel periodo di tempo che in tutto il resto dell’allenamento, infatti dimezzò ulteriormente la grandezza del tronco, che ormai era solamente un terzo della sua grandezza originale.
“Non posso continuare in queste condizioni, ho le mani indolenzite, i gomiti e le ginocchia insanguinati e soprattutto un gran male ai piedi; però mi dispiacerebbe lasciare qui una così grande risorsa di legno che mi potrebbe offrire se l'abbattessi. Devo trovare un modo per distruggere l’ultimo strato del tronco… Userò la tecnica del soffio artico, e dopo aver congelato la base, procederò con la mia Katana ad abbatterlo più facilmente.”
Perciò il giovane ninja raccolse il chakra, compose i sigilli ed eseguì la tecnica; non appena il restane pezzo del tronco fu congelato, prese la sua spada e con un colpo netto, che attraversò e spaccò il ghiaccio, fece cadere quel pezzo di legno. La tecnica del soffio artico era stata eseguita anche male, indi, l'unica cosa che avrebbe dovuto fare al prossimo giorno, era perfezionare le sue tecniche.