Takeshi's Green

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Xyz10
view post Posted on 28/1/2010, 17:52 by: Xyz10




¬ Note Post ¬ Ta-Dah! Anche l'ultimo post! :D
Va beh, non è granchè, anzi proprio non mi è piaciuto. Ma col tempo che ho avuto è il massimo che sono riuscito a fare. Per l'ultima volta vi auguro buona lettura e spero di non avervi annoiato xD


¬ Legenda ¬Narrato
Parlato
Pensato
Parlato Fuhiko
Parlato Yui


¬ Chapter 7: Sunday ¬ The End of a Surprising Quest ¬La rivelazione del giorno precedente non lo aveva sconvolto come pensava, anzi, lo aveva aiutato a comprendere una parte di sua madre di cui nemmeno s’immaginava l’esistenza. Credeva di essere quello che aveva sofferto maggiormente, a causa della perdita del padre, tanto che non riusciva a sopportarne l’idea. Era ancora convinto che egli fosse vivo, da qualche parte, e che qualcosa gli impedisse di tornare, di scrivere una lettera, di far arrivare loro anche il più piccolo segnale della sua incolumità.
Invece si sbagliava. Persino nella sua famiglia, c’era qualcuno che aveva penato infinite volte più di lui, che aveva pianto lacrime sino a consumarsi, durante la sua vita: sua madre. Aveva dovuto convivere sin da bambina con la morte. Essa le aveva portato via molte persone a lei care, i suoi genitori in primis, suo marito poi. Tutto ciò che le rimaneva, erano i suoi due figli. Takeshi aveva sempre saputo queste cose, evidenti quanto tristi, ma non vi aveva mai badato. Non vi aveva mai dedicato un pensiero; ma non per egoismo, semplicemente perché aveva commesso un errore di valutazione. Non aveva mai considerato che qualcuno, per giunta così vicino a lui, avesse potuto soffrire tanto.
Il racconto di Fuhiko lo aveva toccato nel profondo. Ora sapeva che stare ad arrovellarsi tanto non avrebbe fruttato nulla, che avrebbe dovuto chiedere subito spiegazioni alla chuunin. Ma, pur essendone conscio, semmai la Terra avesse cominciato a girare inversamente, e il tempo avesse iniziato a scorrere al contrario, non le avrebbe mai posto quella domanda, per quanto aiutasse la madre a liberarsi di un fardello assai pesante.


Quasi non badava all’altro aiuto che quella storia gli aveva dato, alle risposte che ne derivavano. Per sedici anni esse erano rimaste sepolte in un abisso oscuro, cacciate e ricacciate indietro a forza dalla donna, per un motivo che dopo le rivelazioni di quel sabato gli appariva lampante: non voleva illuderlo. Non voleva che gli trasmettesse false speranze sull’Arte a cui geneticamente era destinato, ma che praticamente poteva essersi assopita per sempre, nel loro DNA. Invece ce l’aveva fatta, aveva trovato dentro di sé la forza, le emozioni necessarie per estrarla da quel baratro apparentemente senza fine. Quel giorno, anzi, aveva proprio in mente di tentare, in qualche modo, di svilupparla.

Era pomeriggio inoltrato, un bellissimo sole splendeva nel cielo, anche se ormai sembrava che iniziasse a tingersi dei colori del tramonto: ad Amegakure era un evento che capitava meno di una volta a settimana, non poteva che essere un buon presagio. Una giornata del genere, per quanto le condizioni fossero ottimali per i ninja, non si poteva sprecare allenandosi. Un tale calore doveva essere sfruttato per gironzolare per il Villaggio e i suoi dintorni, liberi finalmente dall’immancabile pioggia che infestava persino il nome del Paese. E invece no, a loro non era concesso riposarsi per tanto tempo, pur essendosi presi la mattinata - e gran parte del pomeriggio, giocando ad una specie di divertentissimo nascondino, atto a marinare l’allenamento - libera. Ecco spiegato il motivo, dunque, per cui i tre genin di Kiri si trovavano in una radura boschiva da una mezz’oretta a questa parte.
La sensei aveva lasciato intendere che suo figlio si allenasse in disparte, in quanto il suo obiettivo ormai si discostava da quello dei suoi due parigrado, i quali si stavano cimentando in un duello all’arma bianca. Il Fujiwara, quindi, si era ritirato all’ombra d’un albero verdeggiante e aveva assunto una posa atta a stimolare la concentrazione: seduto, gambe incrociate, mani intrecciate in una posizione magica. Il suo isolamento mentale era ultimato, praticamente non esisteva nulla intorno a lui, solo il vuoto dei suoi pensieri. Eppure ancora non bastava. Evidentemente la concentrazione non era sufficiente. Il frusciare dell’erba venne a turbare quella calma innaturale che si era creata intorno al ragazzo, ma questi era troppo assorto nella sua meditazione per accorgersene. Se avesse potuto farlo, però, avrebbe capito che dei passi, impercettibili e leggeri come l’aria stessa, si stavano avvicinando alla sua figura. Infine si fermarono del tutto, mentre un flebile sussurro chiamava il suo nome. Alla sua mente immersa nel nulla più assoluto, comunque, giunse un rumore terribile, che lo fece addirittura sobbalzare. Qualcosa di soffice e caldo si appoggiò sulla sua guancia destra. Aprì gli occhi, di getto, scorgendo la sua fidanzata a pochi centimetri dal suo viso.

Come va l’allenamento? Hai ottenuto qualche risultato?


Scosse la testa, amareggiato. Nemmeno un millimetro cubo del suo corpo si era trasformato. Eppure gli sembrava di essersi concentrato a fondo, molto più dell’ultima volta. Davvero non capiva il motivo per cui non riuscisse ad attivare l’Arte. Iniziava a pensare che quell’Innata lo odiasse; anzi, più probabilmente, che ce l’avesse con la sua intera famiglia. Che l’avvenimento di due giorni prima fosse soltanto un fuoco fatuo? Sarebbe mai riuscito a replicarlo? O il suo destino sarebbe stato eguale a quello della madre?
Era proprio questo il dilemma che lo affliggeva. Il Fato, quell’entità che tesseva i fili delle trame di ogni essere umano, sarebbe stato clemente con Takeshi? Oppure la sua stirpe si era inimicata per sempre le tre Dee che programmavano le loro sorti? Nessuno, umano o divinità che fosse, poteva tentare di sovvertirne le scelte o cercare di cambiarle, in quanto - seppur a volte inconsciamente – si veniva guidati da questa forza oscura e incontrovertibile che condiziona le vite di tutti. Mettersi contro il proprio futuro non era decisamente la più saggia delle decisioni.


Tentò di ritrovare lo stato di concentrazione precedente, ma gli fu veramente difficile ignorare l’angelo biondo che si era posato vicino a lui. Un folle pensiero gli attraversò la mente. Semmai fosse riuscito ad apprendere la Kekkai degli Origami, avrebbe padroneggiato l’abilità di modellare la carta, mentre la ragazza già era in grado di manipolare i suoi dipinti. Takeshi e Yui avrebbero formato una vera coppia di artisti, ispirati dall’amore reciproco. Sarebbe stata davvero una bella immagine, ma fin’ora non si era avuta la certezza che essa si realizzasse.
Più trascorrevano i minuti, più le sue considerazioni sopra citate sembravano avvalorarsi: le sue gambe si erano bloccate lì, all’inizio di quella tortuosa scalinata, e non davano segno di volersi schiodare. Il nervosismo aveva cominciato da poco a montargli dentro, ma aumentava esponenzialmente, sinché, raggiunto il suo limite, lo shinobi si stufò di non portare a casa il benché minimo risultato e abbandonò l’esercizio, sbuffando e imprecando. Questo attirò l’attenzione della sua maestra, poco distante da lui: forse aveva compreso che compiere gli stessi sforzi a cui era stata sottoposta da giovane non era una cosa semplice, soprattutto in solitaria. Lo raggiunse, flemmatica, e dalla sua bocca uscirono quelle parole che il Kirese desiderava allo stesso tempo sentire ma non pronunciare.

Ti insegnerò io, se vorrai, almeno quel poco che ho appreso e che ricordo perfettamente. Per il resto, dovrai cavartela tu.


Le Abilità sono una di quelle cose che ognuno deve affrontare separatamente e i cui risultati non sono mai omogenei. La Natura insegna, sempre. Non si può ordinare ad un uccellino di imparare a volare, si può solo dargli la spinta iniziale.

[...]


Il sole era prossimo a sparire dietro una delle montagne che circondavano il paesaggio, ma l’effetto che produceva era a dir poco spettacolare: svariate sfumature di arancione tingevano il cielo, le nuvole e i versanti colmi di vegetazione, sopra i quali spiccava una palla di fuoco rosso acceso.
Il loro allenamento terminò con il tramonto. Quando si fu fatto buio, i quattro Nebbiosi si prepararono a rimpatriare: un lungo cammino li attendeva, poi finalmente sarebbero tornati a casa. La missione era conclusa, non potevano che dirsi soddisfatti.
Varcarono il confine di Amegakure la mattina seguente. Il giovane voltò un’ultima volta il capo in direzione del Villaggio e della foresta: la sua mente figurò il ricordo del padre, sorridente. Non si era dimenticato del genitore, sapeva che era ancora vivo, che si trovava da qualche parte in quel panorama, ma non era ancora abbastanza esperto da pensare di poterlo salvare, soprattutto se era tenuto prigioniero. Come le orme lasciate dietro di sé dai suoi sandali, così anche la vita proseguiva in linea retta. Forse quelle dei due Fujiwara non si sarebbero mai incrociate di nuovo. Ma nessuno, tranne il Fato, poteva esserne certo.


¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬Grado: Genin
Energia: Gialla
Chakra: 100/100
Condizione Mentale: Rilassato
Condizione Fisica:
Ustioni Leggere sulla schiena
Ferite Leggeresulla guancia destra e sullo sterno

Consumi: //
Recuperi: //
Tecniche Utilizzate: //

¬ Equipaggiamento Svelato ¬
Wakizashi [x1]
Sfera Flash [x1] [Utilizzata]
Bomba Scoppiettante [x1] [Utilizzata]
Carta Bomba [x1] [Utilizzata]


 
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9 replies since 24/9/2009, 20:54   260 views
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