Takeshi's Green

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xyz10
view post Posted on 24/9/2009, 20:54




¬ Preludio ¬ In questo topic sarà inserito un allenamento composto da sette post, tutti della durata temporale di un giorno, il cui scopo sarà principalmente quello di soddisfare i requisiti necessari per far ricevere l’energia Verde al pg Takeshi Fujiwara, Genin del Kirigakure.

L'allenamento qui descritto si svolgerà sotto forma di quest immaginaria affidata al mio pg e alla sua squadra (anch'essa composta da pg fittizi).
Ogni post/giorno, come vedrete, sarà molto "movimentato", per via delle molte cose che ho in mente di far succedere durante questa missione.


Non ho altro da aggiungere, se non "Buona Lettura".

 
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xyz10
view post Posted on 25/9/2009, 21:16




¬ Note Post ¬ Anche io, finalmente, sono arrivato a poter postare l’inizio del mio lungo allenamento per la Verde. Questo primo post è più che altro una presentazione per la quest immaginaria che viene affidata al mio pg ed al suo occasionale team. Appunto per questo motivo, forse, è un po’ monotono: niente combattimenti, insomma. Non sarebbe realista, altrimenti. :P
Spero sia comunque di vostro gradimento.

Se aveste qualsiasi problema di lettura, ditelo. Posterò la versione "normale". :asd:


image

Versione Normale :addict:
SPOILER (click to view)
Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.
Il battito del suo cuore avrebbe potuto essere udito da chilometri di distanza, tanta era la sua ansia in quel momento. Ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Si trovava al cospetto del Mizukage in persona e questi gli stava assegnando una nuova missione. Ma aveva promesso che questa volta, dopo tante missioni di facile compimento, il giovane Takeshi sarebbe stato premiato. A breve gli sarebbe stata affidata la sua prima missione di grado C, e per giunta una squadra. Infatti, sino a quel momento, aveva svolto soltanto lavori minori, che non necessitavano affatto di due compagni e di un insegnante. Ma questa volta sarebbe stata diversa. Oltretutto, per un neo-genin, ottenere una quest di difficoltà superiore a quelle a cui si è abituati è paragonabile solo a ricevere un ulteriore promozione.
I due nuovi componenti del team erano già lì accanto a lui. Un ragazzo ancora sconosciuto, eccezion fatta per il nome, sembrava avere all’incirca la sua stessa età. Il suo sguardo era assente, imperturbabile, come se nulla intorno a lui esistesse, o almeno avesse una benché minima importanza. Indossava anche lui il coprifronte della Nebbia, inoltre portava una tuta bianco sporco e dei pantaloni marrone, che gli arrivavano fino alla tibia. Il resto della gamba, così come le braccia, erano fasciate da bende anch’esse d’un colore quasi giallognolo.
La ragazza, invece, non gli era affatto ignota: viso molto dolce, quasi angelico, guance tinte di un rosa appena più forte della carnagione, capelli biondi e liscissimi che le arrivavano all’altezza del collo. Lì teneva legato due cose a lei sicuramente care: il simbolo di Kiri, composto da quattro segni orizzontali, somiglianti vagamente a delle “S” ruotate; e un frammento di un cristallo roccioso, più precisamente una rosa del deserto. L’altra sua metà perfettamente complementare la possedeva il suo fidanzato, ovvero Takeshi. Questi aveva avuto una fortuna incommensurabile, a ritrovarsi nella stessa formazione della persona che più amava al mondo. Proprio qualche tempo prima lei si era lamentata del fatto che, date le numerose missioni assegnate ad entrambi, essi avevano poco tempo rimanente per vedersi.

Erano tutti in attesa di colui che li avrebbe supervisionati durante la prossima missione, che sarebbe iniziata il giorno stesso. Takeshi sperava con tutto il cuore che, almeno questa volta, il suo sensei non fosse stato lo stesso dell’Accademia. Non che fosse un cattivo insegnante, anzi: gli aveva insegnato cose molto utili; solo che non sopportava, almeno all’inizio, i suoi modi di fare violenti e rudi. Poi, come ad ogni cosa, col passare del tempo ci si era assuefatto e quasi non ci faceva più caso. Ma il solo pensare a quegli occhi glaciali, capaci di trapassarti solo con uno sguardo, gli provocava una sensazione strana. Non era paura vera e propria, ma qualcosa di simile. Tra tutti quelli disponibili al villaggio, avrebbe preferito che il nuovo maestro fosse il sempai Hiroshi, con il quale aveva già una certa confidenza e che lo aveva addestrato. Certo, non era al livello di Akihiro, ma se non altro era un po’ più socievole. Ma quella volta fu preso del tutto alla sprovvista. Mai si sarebbe aspettato di vedere proprio quella persona varcare la soglia della stanza circolare del capo villaggio. Soprattutto perché conosceva molto bene quest’ultima e sapeva che aveva abbandonato la sua carriera ninja anni fa, quando era solo una chuunin. Infatti, quando sua madre in persona entrò nella stanza Takeshi spalancò gli occhi. Faceva una strana impressione vedere Fuhiko con la giacca tipica delle kunoichi del suo grado.

Fu il Mizukage però il primo a prendere parola, con una voce che, nonostante l’età, conservava un certo timbro forte. E quello contribuiva ad emanare un aura di rispetto per l’anziano uomo.

Come ben saprete tutti quanti, siamo a corto di chuunin dato che molti di essi sono in missione. All’inizio avevamo scelto di affidarti un corso accademico, ma ho deciso che saresti stata più appropriata per far loro da supervisore per questo lavoro. Ho fatto una bella scelta, nevvero? Eheh..
Comunque, bando alle ciance. Capitano Fuhiko Tsubaki, Takeshi Fujiwara, Yui Nishino, Hikaru Kaguya: la vostra missione sarà di livello C. Ve la illustrerò brevemente: un carico trasportante armi diretto al villaggio è stato attaccato stanotte da un gruppo di banditi nei pressi del Villaggio della Foglia. L’identità di essi, però, ci è ignota. Il vostro compito sarà quello di recarvi sul posto e raccogliere informazioni su questi ladri. Badate bene, solo indagare. Non è vostro compito trovarli o sconfiggerli, altrimenti il livello della quest potrebbe elevarsi. E voi non siete ancora pronti per compiti più ardui. Dopo che avrete raccolto abbastanza dati sul loro conto, tornate indietro e fate rapporto. Partirete oggi stesso, precisamente alle undici e zero zero. Avete quindi due ore per prepararvi. Tutto chiaro?


[...]

Takeshi e sua madre Fuhiko furono i primi ad arrivare alla porta ovest del villaggio: essa era gigantesca poiché era la principale via d’uscita e d’entrata al villaggio, in quanto era la più usata per la sua vicinanza al mare. Era altissima - ad occhio sembrava alta poco meno di una decina di metri - e larghissima - anche in questo senso più di venti metri - sempre stimando la sua grandezza. In quel momento era aperta, ma si intravedeva ugualmente il simbolo impresso nella parte centrale. Era inoltre collegata all’estremità più alta alle altre da una cinta di mura, che proteggevano il villaggio da eventuali attacchi esterni.
Dopo qualche minuto arrivò Hikaru, sempre con la sua solita aria indifferente, in perfetto “Kiri style”. A dispetto di ciò, però, nei suoi occhi si intravedeva una punta di nervosismo: il neo-genin suppose che essa fosse una sensazione normale anche per il Kaguya, visto che questo era il suo primo incarico di tale importanza. Attesero ancora, fino a che giunse anche il quarto ed ultimo componente del team, ovvero Yui.

Si misero in viaggio quasi immediatamente, dopo che la capitana ebbe speso qualche minuto ad organizzare il modo ed il ritmo in cui avrebbero dovuto marciare, soprattutto tenendo conto della lunghezza del loro percorso. Dopo un’ora buona di cammino la squadra giunse sulla spiaggia che delimitava il confine con il mare il quale a sua volta divideva l’isola del Paese dell’Acqua dal continente. Lì si fecero accompagnare da un vecchio navigatore che li ospitò sulla sua imbarcazione, a costo ovviamente di una cospicua somma. Essa, fortunatamente era abbastanza grande da poter ospitare sei o sette persone comodamente più il pescatore che impugnava il timone, atteggiandosi da pirata. La barca a vela veniva spinta dalla forza del vento che soffiava nella giusta direzione. Inoltre, era provvista di un telo che riparava i passeggeri dalla costante pioggia che scendeva dal cielo, e che non dava segno di voler cessare. L’odore di mare e di sale saliva dall’acqua ghiacciata: un odore che Takeshi non sentiva spesso, perché gli era capitato pochissime volte nella vita di doversi recare sulla costa.

[...]

Due volte le lancette di un orologio avrebbero compiuto il giro del quadrante e ancora la nave era al largo e non s’intravedeva nemmeno un’ombra di costa. Intanto, però, i ragazzi ebbero l’occasione di conoscersi meglio l’un l’altro: ognuno, a turno, raccontò agli altri la propria storia e, cosa più importante, le proprie abilità e rispettivi punti deboli in combattimento. Secondo il parere della capitana, infatti, solo così si poteva elaborare una strategia e lavorare come una vera squadra, nel caso in cui fossero stati attaccati. Emerse così che la peculiarità di Yui era dipingere sul suo speciale rotolo e poi dare vita, tramite il suo chakra, ai suoi disegni. Principalmente le sue creazioni erano animali, poiché disegnare altro non l’aiutava durante le sfide.
Hikaru, invece, pur parlando controvoglia, disse che possedeva l’abilità innata di tutti i membri del suo clan: il controllo delle ossa. Infatti, egli riusciva a manipolare i propri arti del corpo e farli fuoriuscire da esso a comando; inoltre poteva usare queste ultime come arma in battaglia.
Quando venne il turno di Takeshi, egli raccontò la propria storia come tutti gli altri ma, arrivato al punto delle Kekkai Genkai, dovette dire con grandissimo rammarico che lui non ne possedeva alcuna. Infatti, la sua forza si basava soltanto sulle tecniche che conosceva. Inoltre, ma questo egli non lo notò, quando si soffermò su quest’argomento la madre assunse per un attimo un’espressione pensierosa, come se dovesse proferire qualcosa.

Ad un certo punto, spazientito, il kirese espresse quelli che sicuramente erano i pensieri di tutti.

Ma insomma, quanto cazzo dovremmo stare ancora su questa barca? Mi sono leggermente stufato di aspettare senza far niente!

La risposta, altrettanto scontrosa, fu che il viaggio sarebbe durato ancora tre, forse quattro ore.
Saputo ciò, Fuhiko consigliò ai suoi allievi di riposarsi, in attesa del momento in cui la nave avrebbe attraccato.
E così, cullati dalle onde e dall’incessante pioggia che tamburellava contro il telone, producendo un effetto rilassante, i quattro ninja caddero addormentati. In quel modo avrebbero potuto essere in condizioni migliori al risveglio, dato che da quel momento in avanti avrebbero dovuto viaggiare a piedi.

Edit: Inserita versione normale.

Edited by xyz10 - 27/9/2009, 13:30
 
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xyz10
view post Posted on 1/10/2009, 18:45




¬ Note Post ¬ Questo secondo post contiene l’arrivo del team del mio pg al luogo prescelto dove hanno il compito d’indagare, e l’allenamento che ho messo sotto forma di combattimento, tanto per movimentare un po’ le cose. Siccome questo è un allenamento e non una quest, ho ritenuto più saggio approfondire il combat e lasciare meno spazio alla trama.
A
lcune abilità dei PNG con cui combatto sono un tantino esagerate. (infatti vedrete il Kaguya estrarre il proprio osso ed usarlo come spada, anche se teoricamente è solo un genin verde). Ma, alla fine, chissenefrega - mi son detto - sono solo PNG. :asd:
E poi dovevo rendere il combattimento interessante. :sasa:

Giaco ti posto direttamente la versione normale. ;)

¬ Legenda ¬ Narrato
Parlato
Pensato

Parlato Altrui


¬ Chapter 2: Tuesday ¬ Getting Infos ¬La notte era ormai calata, martedì era ormai venuto. Il trascorrere della mezzanotte aveva però portato con sé una buona notizia: la precipitazione che avrebbe potuto ostacolare il cammino dei quattro shinobi era terminata.
Sbarcati dalla nave che li aveva accompagnati fin lì, a Port City - cittadina sulla costa orientale del Paese del Fuoco - si erano messi subito in viaggio attraverso le fitte foreste che tanto caratterizzavano quelle Terre. I nostri però soffrivano di una grave mancanza, quale poteva essere l’illuminazione solare. Difatti si trovavano nel bel mezzo della notte, perdi più ad un’ora imprecisata. Mai ovviamente avrebbero pensato che quella parte del tragitto potesse essere semplice: la luce lunare, inoltre, non contribuiva quasi a nulla poiché, data appunto la folta presenza di alberi, non poteva filtrare efficacemente come avrebbe fatto se si fossero trovati su un sentiero. Se non altro, comunque, si riusciva a vedere almeno il ramo successivo sul quale si sarebbero dovuti poggiare.


Il silenzio regnava sovrano già da più di una cinquantina di minuti: questo perché la capitana aveva detto che nottetempo solevano spostarsi mukenin e ninja considerabili comunque pericolosi, ed era meglio evitare di avere a che fare con gente del genere. Perciò, era consigliabile tenere occhi ed orecchie all’erta e, per quanto fosse possibile, captare eventuali movimenti sospetti. Se questa condizione si fosse verificata, avrebbero dovuto immediatamente fermarsi e celare la propria presenza con qualunque mezzo a loro disponibile.

D’un tratto un urlo femminile proveniente da dietro Takeshi fece sobbalzare tutti quanti, rompendo quel lungo momento taciturno. Tutti interruppero istantaneamente la loro corsa e si girarono per comprendere la causa di quel suono: videro che la loro compagna di squadra era scivolata, probabilmente data la stanchezza che iniziava a farsi sentire in tutti quanti, e stava precipitando verso il suolo.

Cazzo, si farà male se cade da quest’altezza!


La caduta, difatti, le avrebbe procurato un danno notevole in quanto la differenza di altezza era di almeno cinque metri.

Arrivo, Yui-chan!!


Senza rifletterci sopra nemmeno un momento più del necessario, il Fujiwara si gettò verso il basso. Riuscì ad afferrare la sua fidanzata al volo, ma la forza dell’impatto li spinse ulteriormente giù, facendoli atterrare su un ramo che fortunatamente non cedette. Qualche attimo più tardi, al sicuro da ulteriori pericoli, i loro sguardi si incrociarono. Non ci fu bisogno di dire nulla: nei loro occhi si leggevano tutte le emozioni appena provate. Quasi istintivamente i loro volti si avvicinarono, per esprimere con un gesto concreto la loro felicità attuale.
Passò un tempo indeterminato, in cui però le loro labbra non si sfiorarono nemmeno, finché la voce di Hikaru non venne a disturbare quel bel momento.

Ehi, voi due! Avrete tempo più tardi per fare i romanticoni, ora dobbiamo pensare alla missione!
Muovetevi, se non volete che venga giù io a separarvi!


Quella frase riuscì persino a strappare una risata ai quattro ninja, i quali per un attimo dimenticarono ogni cosa. Ciò era senz’ombra di dubbio un buon segno: tra di loro si stava infatti consolidando un forte legame.

[...]


Le tenebre vennero nuovamente sconfitte dal Sole, che sorse illuminando i bei paesaggi delle terre circostanti Konoha. Il team di Kiri aveva raggiunto il luogo prefissato dalla quest: le informazioni del Mizukage si rivelarono esatte, in quanto non dovettero girare molto a vuoto per trovare la vittima dell’attacco di due notti prima. Un uomo calvo sulla cinquantina, ma nonostante ciò molto robusto, era rimasto in loro attesa. La gioia pervase il suo volto non appena scorse i quattro arrivare in suo aiuto: evidentemente non sapeva che essi erano stati inviato solo ed esclusivamente per indagare.
Il mercante fu però molto utile sotto quest’aspetto. Fornì descrizioni abbastanza dettagliate sugli aggressori e sulla merce trafugata: una squadra di ninja della Pioggia - più precisamente tre genin ed un chuunin - gli avevano teso una trappola e gli avevano rubato tutte le armi che stava trasportando verso oltremare. Raccontò inoltre - stando alle voci che circolavano - di non essere l’unico ad essere stato aggredito ma la refurtiva era sempre la stessa, in tutti i casi.


Le informazioni erano state raccolte, ora dovevano soltanto fare rapporto. Scrissero così una lettera che poi inviarono tramite un messaggero al Villaggio della Foglia, il quale avrebbe poi provveduto a spedire la missiva fino a destinazione.
Ora non rimaneva altro da fare che attendere il responso del capo. Ma, ovviamente, non potevano starsene lì con le mani in mano. Erano comunque shinobi e in quanto tali avevano il compito di migliorarsi costantemente ed affinare sempre più le proprie capacità. Di lì a poco, dunque, avrebbero dovuto allenarsi.
Ma prima decisero che un po’ di riposo avrebbe giovato loro molto.
Dopotutto, anche Dio si era riposato dopo aver creato il Mondo. Perché diamine non avrebbero dovuto farlo loro dopo un viaggio durato un’intera notte?
[...]


Dopo aver riposato le loro stanche membra e aver pranzato, i quattro shinobi si diressero all’interno della foresta. Camminarono finché ebbero raggiunto uno spiazzo abbastanza largo da potersi muovere ottimamente all’interno. Lì, capitan Fuhiko illustrò ai suoi allievi quale sarebbe stato il loro allenamento, quel giorno. Un vero e proprio combattimento, anche se avrebbe avuto una caratteristica piuttosto insolita: sarebbe stato un incontro a tre, in cui ognuno avrebbe dovuto affrontare ben due avversari nello stesso momento. Ovviamente, non era permesso infliggere gravi danni e sarebbe intervenuta lei stessa a fermare lo scontro non appena l’avesse ritenuto necessario.

Si disposero tutti e tre in cerchio, ad una distanza di cinque metri l’uno dall’altro. Non appena la chuunin sancì l’inizio dell’incontro, Takeshi portò velocemente la mano destra alla tasca posteriore, estraendone due shuriken, e la sinistra dietro la schiena, precisamente alla fodera della sua nuova wakizashi. Immediatamente lanciò le stellette rotanti contro la ragazza e, non appena le sue dita smisero di tastare il metallo di cui essa erano formate, cominciò una corsa diretta verso il Kaguya. Egli, si armò estraendo un osso della propria schiena e lo impugnò saldamente. Faceva una certa impressione vederlo brandire un pezzo dello scheletro, ma probabilmente vi si era abituato.
I due incrociarono le proprie lame ed entrarono in una fase di stallo, dalla quale solo utilizzando la loro forza fisica avrebbero potuto uscire. Lo shinobi dai capelli rossi tentò di sbilanciare l’avversario, spingendogli il braccio con cui stava impugnando l’arto verso l’esterno del corpo in modo da crearsi un certo spazio, entro il quale avrebbe potuto sferrare un poderoso destro, che difficilmente sarebbe stato parato. Purtroppo, il nemico sfruttò la sua reattività e velocità superiore alla media per bloccare anche il colpo diretto al volto. Entrambi però avevano completamente dimenticato la cosa che più contraddistingueva quella sfida da quelle ordinarie: esso era una battaglia a tre. Ciò stava a significare due nemici per ognuno di loro, ma i due ragazzi stavano lottando escludendo la compagna, la quale aveva sfruttato questa dimenticanza per evocare due grossi cani e scagliandoli in seguito contro i due amici. Non appena quello diretto contro Takeshi spiccò un balzo per avere la possibilità di azzannarlo, egli lo colpì con la sua spada. Lo stesso fece il compagno con l’osso estratto qualche decina di secondi prima. Il Fujiwara quindi approfittò di questo momento di distrazione per colpire il Kaguya con il suo fendente: egli però se ne accorse, anche se con un lieve ritardo, che bastò per procurargli un taglio sulla guancia destra. Immediatamente dopo, il ragazzo che aveva appena sferrato l’attacco si allontanò di circa quattro metri, con l’ausilio di due lunghi balzi all’indietro.
Lo sfidante ora era però deciso a pareggiare i conti: infatti, scagliò un kunai, con legato addirittura una cartabomba, verso il suo parigrado.

Una carta bomba?! Non avrà certo il coraggio di detonarla, ma è meglio essere prevenuti..


Fortunatamente la vide avvicinarsi e così eseguì velocemente uno dei jutsu appena appresi: la Tecnica del Muro d’Acqua. Il getto evocato dal ragazzo si andò a formare a pochi centimetri dal suo viso, andando a deviare con forza il pugnale scontratosi con esso. Riuscì ad attingere un po’ di H2O dal vicino ruscello, che contribuì ad abbassare la quantità di chakra utilizzata per il ninjutsu.

Comunque, mi piace come combatte. Non ha paura di nulla, nemmeno di ferire i propri compagni. È così che dev’essere un ninja di Kiri, proprio come mi disse Akihiro-sensei quella volta.


Ma era consapevole che non avrebbe mai potuto raggiungere quello stato di crudeltà. Ne era più che certo. Non sarebbe mai riuscito a cancellare totalmente il suo carattere docile. Poteva sopprimerlo per un certo tempo, ma debellarlo completamente non era - secondo lui - possibile. Tentava comunque di convincersi che poteva lottare in egual modo, ma in cuor suo sapeva che ciò non era vero.

Dopo qualche secondo il Kaguya cambiò il suo obiettivo, andando a scontrarsi con la ragazza. Nello stesso momento lei si era moltiplicata, lasciando combattere il suo clone con il ragazzo e dirigendosi lei stessa contro Takeshi. Correva velocemente, quindi il genin del Kirigakure avrebbe dovuto pensare con altrettanta velocità ad una contromossa. Sperando che la sua sfidante proseguisse la sua corsa, lo shinobi della Nebbia saltò sul posto sferrando un calcio atto a colpire il bel visino della sua compagna di squadra, la quale con un abile mossa riuscì però ad eluderlo. Con un successivo colpo di reni il ragazzo si girò, mentre era ancora in aria, con il busto rivolto verso il terreno e aiutandosi con la spinta delle braccia, le scagliò violentemente contro due calci frontali. Tutta quell’azione, che faceva parte del jutsu denominato Abbraccio dell’Assassino, era mirata ad un solo obiettivo: allontanarla da lui, in modo che il suo compagno, appena liberatosi della falsa Yui, potesse colpirla da dietro. Accadde esattamente ciò che aveva previsto: il Kaguya la colpì alla testa con la sua spada ossea, in modo da farle perdere conoscenza ed eliminarla dalla lotta.
A quel punto rimanevano solo loro due: ora tutto ciò che volevano era stabilire chi era il migliore. La sensei andò solamente ad accertarsi delle condizioni della sua allieva, non interruppe certo il combattimento; almeno non ora che stava prendendo una piega così interessante.
I due ripeterono la stessa scena iniziale, ovvero incrociando le proprie armi. Questa volta fu l’avversario ad allontanarsi da Takeshi e puntò le proprie dita verso il rivale, mormorando una parola incomprensibile, ma che lo sveglio shinobi comprese essere un’arte magica. Cinque falangi partirono come proiettili dalla sua mano e si diressero ad una velocità impressionante contro il loro bersaglio. Purtroppo, non poteva effettuare più alcuna tecnica, essendo a corto di chakra per almeno una decina di secondi. Tentò di pararle con l’ausilio della wakizashi, ma quasi inutilmente. Due di esse lo colpirono allo sterno, mentre una sulla fronte; le rimanenti ossicine fortunatamente furono deviate. Venne spinto all’indietro dalla forza dei colpi, che gli avevano procurato delle Ferite Medio-Leggere cadauna. L’avversario approfittò del suo stordimento per avvicinarsi velocemente: gli balzò oltre e lo afferrò immobilizzandolo nel cosiddetto “abbraccio dell’orso”. Takeshi non sapeva più che cosa avrebbe fatto per eludere anche quella mossa; inoltre, non riusciva a ragionare per via del colpo infertogli alla testa. Il Kaguya eseguì un'altra delle sue tecniche derivate dalla sua abilità innata: il “Ballo del Salice”. Fece fuoriuscire le proprie ossa a comando, le quali raggiunsero qualche centimetro di estensione e trafissero la carne dell’avversario in più punti. Stette ben attento, comunque, a non colpire nessun punto vitale: dopotutto quello era solamente un allenamento, anche se intenso.
Lo liberò dalla presa, spostandosi per evitare eventuali contrattacchi. Il genin ferito compì l’ultimo sforzo: sentì che la sua riserva di energia gli permetteva ancora un attacco. E sarebbe stato quello decisivo.
Mentre il suo sfidante si apprestava a compiere seal per un’ulteriore tecnica, Takeshi estrasse dalla tasca una sfera flash, che venne lanciata pochissime frazioni di secondo dopo. Ben sapeva però che l’altro genin, come lui stesso d’altronde, avrebbe chiuso gli occhi per evitare di essere accecato. Ma quello era solo un diversivo: in realtà il suo piano era distrarre il nemico, così da avere il tempo materiale di mettere in atto la sua senjutsu.
Per la seconda volta in pochi minuti, il torrente fu la sua salvezza. Questa volta però la tecnica per la quale esso veniva sfruttato era diversa. Mentre il Kaguya chiudeva gli occhi, infatti, egli stava già eseguendo i sigilli necessari per il Soffio dello Squalo, un altro dei cavalli di battaglia della Nebbia.
La porzione di liquido azzurro formò dapprima una specie di muro circolare ma poi venne manipolato in un attimo dal kirese, in modo da fargli assumere appunto la forma di suddetto pesce. Esso fu scagliato in avanti verso il suo bersaglio ad una velocità maggiore di quanto l’avversario, stanco, potesse mai raggiungere per evitare un colpo dal diametro di due metri. Hikaru parve capirlo, dato che non si mosse nemmeno, ma almeno tentò di ergere una barriera, precisamente utilizzando il jutsu del Geyser Respingente. Evidentemente non conosceva la mossa dell’avversario: se avesse saputo infatti che l’impatto era precisamente quello di una carta bomba livello 2, avrebbe utilizzato il Muro Acquatico. Difatti, il genin venne investito in pieno dalla creatura marina, sfaldando il fragile tentativo di difesa nemico. La forza del colpo fu tale da scagliare il malcapitato ragazzo per alcuni metri, facendolo ruzzolare contro il duro terreno.
opo quest’ultimo gesto i due si fermarono, entrambi visibilmente feriti, cercando di riaccumulare le energie perdute durante questa intensa lotta.


A quel punto, Fuhiko pose fine al combattimento, dichiarandolo concluso in parità. Non era emerso, dunque, nessun vincitore. Forse si sarebbero risfidati ancora una volta, magari a missione conclusa, e avrebbero decretato chi di loro era il più forte shinobi.

¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬
Grado: Genin
Energia: Gialla
Chakra:35/100
Condizione Mentale: Stanco
Condizione Fisica: Due Ferite Medio-Leggere allo sterno, una sulla fronte.
Consumi: 65
Recuperi: 100 (Fine post)
Tecniche Utilizzate:
- Muro d'Acqua
SPOILER (click to view)
Villaggio: Kiri (Orig. Cascata)
Posizioni Magiche: ???
Descrizione: Tramite questa tecnica il ninja crea davanti a se un resistente muro d'acqua, che gli permette di preteggersi da attacchi di fuoco e dalle armi da lancio. A seconda delle necessità il muro può assumere una forma cilindrica e proteggere il ninja a 360°, in quel caso però la sua robustezza risulterà indebolita. Il consumo varia da Medio in presenza di una consistente quantità d'acqua (almeno 20 litri concentrati entro 3 metri dall'utilizzatore) ad Alto in assenza della suddetta condizione.
Tipo: Ninjutsu
(Livello: 4 / Consumo di Chakra: Variabile)

- Abbraccio dell'Assassino
SPOILER (click to view)
Villaggio: Kiri
Posizioni Magiche: Nessuna
Descrizione: Questa combinazione di attacchi nasce e si sviluppa dall'esigenza di mettere a segno un ninjutsu. I ninja della nebbia sono maestri in quest'arte, e proprio per questo i loro avversari tendono a costringerli in un serrato corpo a corpo che ne inibisca l'utilizzo. Innanzitutto è necessario che il ninja che vuole servirsi di questa combinazione spinga il nemico a corrergli incontro: solo a questa condizione il concatenamento può avere inizio. Anticipando grazie ad una massiccia concentrazione di chakra il prossimo movimento avversario (valido solo con ninja di energia pari o inferiore), lo shinobi salta sul posto, sferrando un calcio laterale verso il volto nemico. Con un successivo colpo di reni, lasciando la gamba stesa, inverte la posizione del busto proiettandola verso il basso. La successiva messa a terra di entrambe le braccia lo rende in grado di sferrare fino a due calci, stavolta frontali e mirati alla guardia nemica. Portando a terra le gambe, cariche come se volesse balzare, il ninja porterà le mani nella prima posizione richiesta dal ninjutsu che intende utilizzare. Tenuto a distanza con i primi tre calci, il nemico potrà essere infine disorientato dall'ultima manovra del ninja: un potente salto all'indietro ove il terreno stesso cederà alla pressione, generando una variabile coltre di pulviscolo atta a distrarre l'avversario. Il contemporaneo allontanamento dovrebbe permettere quindi allo shinobi di chiudere la combinazione con la tecnica prescelta. Ovviamente anche la scelta del terreno è molto importante per la riuscita di questa semplice strategia. Seppur questa combinazione permette al ninja di utilizzare due tecniche avanzate nello stesso turno, ha parecchi svantaggi: innanzitutto il ninja dovrà difendere perfettamente tutti gli attacchi a distanza nemici; consumare tutte le proprie azioni attive (sia slot tecnica che slot azione); dovrà utilizzare una quantità di chakra notevole per ottenere un risultato che avrebbe potuto ottenere in altri modi; inoltre dovrà usare un ninjutsu adatto a proteggerlo da eventuali azioni che il nemico aveva deciso di compiere durante la sua carica.
Tipo: Taijutsu
(Livello: 4 / Consumo di Chakra: Medio)

- Soffio dello Squalo
SPOILER (click to view)
Villaggio: Kiri (Orig. Cascata)
Posizioni Magiche: ???
Descrizione: Tramite questa tecnica d'acqua il ninja è in grado di dare forma ad una porzione di liquido in modo che assuma le sembianze di uno squalo. Un piccolo muro d'acqua circolare precederà il formarsi del proiettile marino. Le dimensioni del getto dalle fattezze di squalo solitamente non superano una lunghezza di otto metri e una circonferenza di due. L'impatto con lo squalo corrisponde a quello di una cartabomba livello 2. Per servirsi di questa tecnica, il ninja deve poter attingere ad una buona quantità d'acqua (almeno 60 litri) che deve trovarsi entro sei metri da lui.
Tipo: Ninjutsu
(Livello: 4 / Consumo di Chakra: Medio-Alto)



¬ Equipaggiamento Svelato ¬

Wakizashi [x1]
Sfera Flash [x1][Utilizzata]





 
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xyz10
view post Posted on 17/10/2009, 21:02




¬ Note Post ¬ In questo terzo post le cose per i nostri eroi (xD) si complicano.. e non poco.
C
'è un dettaglio che a voi può sembrare un insignificante tentativo di allungare il post, ma vi assicuro che è abbastanza importante sia per chiarire un dubbio rimasto irrisolto in questo post, sia per il mio Bg. Vediamo chi lo trova per primo! xD

¬ Legenda ¬ Narrato
Parlato
Pensato

Parlato Altrui
Parlato Fuhiko
CITAZIONE
Contenuto Lettera


¬ Chapter 3: Wednesday ¬ Genjutsu ¬L’uccello facente le veci di messaggero che gli shinobi di Kiri avevano spedito il giorno precedente aveva già fatto ritorno. Aveva con sé la lettera di risposta da parte del Mizukage, riguardante il futuro della loro missione. Ansiosi, aprirono quella busta bianca, di cui l’unica cosa non di questo chiarissimo colore era il simbolo del villaggio - blu come il mare che lo circondava - e la lessero ad alta voce:
CITAZIONE
Team Fuhiko, avete portato ottimamente a termine la missione che vi avevo assegnato, riuscendo a reperire preziose informazioni. Purtroppo, la maggior parte delle nostre squadre sono in stato di emergenza poiché uno dei villaggi circostanti sta dando rogne al nostro villaggio. Contiamo comunque di risolvere la questione entro pochissimi giorni. Perciò, non ho a disposizione nessun altro team che possa supportarvi. Quindi temo che dovrete continuare il vostro precedente compito e catturare quei ninja, o almeno recuperare il carico andato perduto a seguito del loro assalto. Vi affido quindi il completamento di questa missione, che è salita al grado C. Saluti, il Mizukage

Erano, allo stesso tempo, felici perché potevano completare la quest e preoccupati per la sorte del villaggio e dei suoi abitanti. Ma Fuhiko li rassicurò, dicendo loro che un attacco da parte delle popolazioni limitrofi era già avvenuto in passato e si era risolto nel giro di una settimana e perdipiù senza nessuna vittima. Secondo lei, anche questa volta la cosa sarebbe terminata in altrettanto tempo e con uguale risultato.

Nella piccola cittadina che li aveva gentilmente accolti si venne a sapere che quella notte un altro carico era stato assaltato, stavolta nei pressi di Ame. Così, la squadra non perse neanche un attimo di tempo, più che prezioso in codesti casi, e partì subito con l’obiettivo di recuperare informazioni e stavolta, se possibile anche catturare i criminali. Percorsero ancora una volta la foresta e giunsero, dopo altre ore di viaggio, alla loro destinazione: una cittadina chiamata Border Town che, come indicava il nome, si trovava sul confine tra il Paese del Fuoco e quello della Pioggia. Arrivati lì, chiesero immediatamente informazioni agli abitanti riguardo l’attacco di quella notte. Essi li condussero dall’uomo che doveva essere la vittima. Interrogandolo, i quattro shinobi della nebbia scoprirono che i banditi erano gli stessi ninja della volta precedente. E anche quel carro stava trasportando armi pur essendo diretto ad un altro Paese. Non era più necessario ormai mandare una lettera al capo per comunicargli quanto scoperto, dato che la nuova missione indicava direttive precise: catturare gli shinobi o in alternativa recuperare la refurtiva. Quindi, non dovettero perdere tempo ad attendere altri ordini; sapevano già cosa avrebbero dovuto fare.
Fuhiko si morse il dito, facendone fuoriuscire del sangue e poi compose alcuni sigilli. Poggiata la mano a terra completò la Kuchiyose no Jutsu. Detta anche “Tecnica del Richiamo”, era un’arte magica complessa: Takeshi non si sarebbe mai aspettato che sua madre fosse capace di usarla. Grazie a quella missione stava scoprendo un lato di lei, quello ninja, che non conosceva.
Comparve una nuvoletta di fumo e, quando si fu diradata, al suo posto si trovava un cane. Tutti e tre i genin parvero stupiti non tanto da quell’evocazione ma dal fatto che l’animale indossava il coprifronte del villaggio. Ciò significava una sola cosa: anche lui era un ninja.
Poi però accadde una cosa che lasciò i tre genin a bocca aperta: il cane parlò, presentandosi. Disse che li avrebbe aiutati a scovare i loro obiettivi, elogiando da sé il suo infallibile fiuto.

Non ho mai udito un cane parlare, e le prime parole che sento sono degli inutili vanti?
Tsk, questa è bella: un cane che si pavoneggia.


L’evocatrice gli disse di odorare il terreno e di cercare tracce, grazie all’odore del pezzo di mantello strappato durante l’attacco ad uno dei genin della pioggia.
Pazzesco. Ora il futuro della missione era tutto nelle “mani” di un cane. E pure vanitoso.
Dopo qualche minuto il segugio disse che l’odore si era diretto verso ovest. Detto ciò sfrecciò in avanti, seguito dai quattro shinobi di Kiri. Non avevano avuto neanche il tempo di riposarsi, che già dovevano ripartire; oltretutto alla massima velocità, poiché dovevano recuperare il tempo che i nemici avevano guadagnato durante la notte.

Fate attenzione, ragazzi. La prossima volta che interromperemo la nostra corsa, saremo molto vicini ai quattro della pioggia. Ricordatevi di non fare eccessivo rumore, poiché potrebbero sentirci.


Quella era diventata, ormai, una missione d’inseguimento, proprio come quelle in cui era specializzato il padre di Takeshi.
Da quando erano partiti erano trascorse ormai circa due ore e l’odore, secondo il ninja a quattro zampe, si faceva sempre più intenso. Questo spingeva i tre genin ad continuare, anche se ormai erano allo stremo delle forze. La capitana se ne accorse e decise così di fare una pausa, pur sapendo che erano più che mai vicini ai nemici. Così, si fermarono a riprendere fiato. Era il momento perfetto per elaborare una senjutsu di cattura.
Riflettere era una cosa che a Takeshi piaceva molto, soprattutto quando era libero dalla tensione tipica di quegl’infiniti attimi che caratterizzano ogni battaglia, anche quella sulla carta più semplice.
Il loro arrivo doveva aver disturbato la quiete del bosco circostante, poichè videro un gruppo di farfalle stranissime alzarsi in volo e lasciare quel luogo in cerca di uno un po' più tranquillo.

Che strano.. Erano completamente bianche. Non ne ho mai viste di quel tipo. Probabilmente vivono solo in questi luoghi.

[...]

Iminuti che seguirono furono molto difficili: non solo non potevano perdere troppo tempo, ma inoltre dovevano inventare una senjutsu di cattura efficace sfruttando le assai limitate informazioni che possedevano.
In qualche modo, comunque, il piano Alfa prese forma.
Fuhiko distribuì ai suoi allievi tre Tonici da Guerra che aveva con sé in tasca. Spiegò che essi venivano normalmente ingoiati da ninja impegnati in una lunga quest bellica, durante la quale spesso non si aveva l’occasione di mangiare. Queste pillole davano energia sufficiente a poter rimanere senza toccare cibo per ben quarantotto ore. Appena ne ingerì uno, Takeshi si sentì immediatamente rinvigorito: aveva l’impressione che avesse migliorato di gran lunga le sue condizioni fisiche. Non percepiva più né stanchezza, né dolori alle gambe; era sicuro che anche i suoi compagni stessero provando le stesse sensazioni.

[...]


Sembra ci sia qualcosa di strano, non trovate? È più un’ora che stiamo procedendo al massimo della nostra velocità, oltretutto potenziata dalle pillole, e non abbiamo ancora scorto i nostri nemici!? Non dovevano essere vicini?!


Mise in moto il cervello: c’era qualcosa che non gli quadrava. Perché non li avevano ancora raggiunti? Per quale astruso motivo non avevano individuato nemmeno un minimo segno del loro passaggio? Oltretutto, anche il cane sembrava disorientato: li faceva procedere in una direzione per alcuni minuti, poi improvvisamente virava, e così via.

E poi quello spiazzo laggiù mi sembra di averlo già visto.. E' come se avessimo girato in tondo. Un momento: non si tratterà mica di un Genjutsu?


No, conosceva le sensazioni di quando si è sotto l’effetto di un’illusione, e quelli che stava provando non coincidevano affatto. Tuttavia, per esserne sicuro, portò la mano alla wakizashi e la estrasse. Si fermò e con un movimento rapidissimo cercò di conficcarla nella corteccia dell’albero che aveva a fianco.
Accadde però qualcosa che lo lasciò di sasso: esso non sbatté contro il tronco come avrebbe dovuto. La punta dell’arma era scomparsa, era passata oltre quella barriera fisica. Ma Takeshi teneva ancora saldamente in mano l’impugnatura. Estrasse ciò che avrebbe dovuto scalfire il fusto ligneo, e lo fissò: la punta non era affatto svanita. Anzi era ancora al suo posto, tagliente come prima. Riprovò di nuovo, ma ottenne lo stesso risultato. C’era dunque un’unica soluzione possibile, e l’aveva aveva appena dimostrata: tutto ciò era una finzione. E loro ci erano cascati come dei polli.

Fermatevi un attimo ragazzi e guardate la punta della mia spada! È scomparsa quando ho cercato di piantarla nell’albero! Sapete ciò che cosa vuol dire? Che siamo stati intrappolati in un Genjutsu!


I suoi compagni rimasero attoniti, allibiti. Non se ne erano accorti nemmeno loro. I nemici dovevano essere sicuramente molto abili se avevano creato un’illusione di quel livello, anche se pure con qualche difetto. Non riuscivano però a comprendere come e quando fossero stati inghiottiti da quella falsa realtà.
D’un tratto, una voce risuonò nell’aria. Si guardarono intorno disorientati, ma essa sembrava provenire da dovunque e, allo stesso tempo, da nessun luogo.

Bravo, pivello. Sei riuscito a comprendere che tutto ciò non era reale, anche se un po’ tardi. Ormai siete completamente alla nostra mercé, maledetti inseguitori!


A queste parole seguì una risata che però non prometteva nulla di divertente. L’aria fu trafitta da un buco trasparente che come un vortice parve risucchiare tutto l’ambiente circostante, ad eccezione dei quattro shinobi.
Dopo qualche secondo, al suo posto apparve una realtà completamente differente: si trovavano su una strada, in terra battuta, affiancata sulla destra da un lago, dalle acque sicuramente gelide, data la temperatura. La via portava ad una cittadina tetra come l’ambiente circostante. Anche il cielo che la sovrastava era cupo e il suo grigio lasciava intendere una possibile pioggia. Realizzarono subito che i quattro shinobi nemici erano proprio coloro che stavano eretti a qualche metro dal team di Kiri. Uno di loro, sicuramente il capo, indossava la giacca tipica dei chuunin, mentre tutti gli altri portavano un copricapo piuttosto grande, dentro al quale era incastonato il simbolo del loro villaggio - quattro righe verticali. Erano tre ninja ed una kunoichi di Ame, Villaggio della Pioggia. Due di essi avevano le mani atte a formare qualche sigillo.
L’illusione doveva essere opera dello shinobi di livello più elevato, ma l’altro che cosa intendeva fare? Un jutsu, forse?
Takeshi si rese conto solo in quel momento che tutta la sua squadra aveva appiccicata al petto una cartabomba. Al minimo movimento, l’avversario avrebbe potuto detonarle utilizzando il proprio chakra e sarebbe stata la fine per tutti loro. Un brivido gli percorse la schiena, facendogli gelare il sangue nelle vene. Non avrebbe mai pensato di potersi trovare in una situazione del genere. L’ultima volta che aveva subito un esplosione era stata durante il duello a Suna: era stato sbalzato via e aveva perso i sensi, ma per fortuna niente di grave. Tutto ciò era accaduto due settimane prima, forse meno, eppure in quel momento tutto sembrava lontano, irraggiungibile. Questa volta poteva davvero rimanerci secco. Non avrebbe mai dovuto accettare la missione. Avrebbe preferito diecimila volte svolgere un compito semplice, come i soliti lavori che faceva in continuazione.

In quello stesso momento però gli venne in mente che lo svolgere missioni, lo stesso essere ninja, comportava la possibilità di perdere la vita. Non era più uno studente, non si trovava più in accademia. Era un genin, ormai. Doveva essere sempre, costantemente, a contatto con la morte. Questa era la vera vita di uno shinobi.

Improvvisamente, il chuunin della pioggia compose alcuni sigilli, interrompendo il flusso dei suoi pensieri - i quali avrebbero benissimo potuto essere gli ultimi che formulava. Subito dopo, una miriade di piume si materializzarono nell’aria che li circondava.
Takeshi sentì che i propri sensi lo stavano lentamente abbandonando: era sicuramente l'effetto di un altro dei suoi Genjutsu. Cercò di richiamare il chakra per tentare di annullare la tecnica, ma fu inutile: ormai il corpo non gli rispondeva più. Inoltre, se si fosse mosso, quelli avrebbero detonato le cartebomba, e probabilmente non sarebbero sopravvissuti ad una simile esplosione, oltretutto da una distanza così ravvicinata. Il capo dei nemici parlò a lungo, ma il ragazzo non riuscì a percepire nulla, fuorché le ultime parole:

Non seguiteci, altrimenti lei morirà.

Vide uno di loro scagliarsi contro la sua compagna di squadra. Nessuno riuscì a fermarlo: stavano tutti cadendo al suolo, uno alla volta, senza forze.

Y-..Yui.. -chan..


¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬
Grado: Genin
Energia: Gialla
Chakra:100/100
Condizione Mentale: Svenuto
Condizione Fisica: Due Ferite Leggere allo sterno, una sulla fronte.
Consumi: //
Recuperi: 100 (Fine post)
Tecniche Utilizzate: //

¬ Equipaggiamento Svelato ¬
Wakizashi [x1]
Sfera Flash [x1][Utilizzata]


 
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xyz10
view post Posted on 27/10/2009, 14:52




¬ Note Post ¬ Questa volta il mio povero Takeshi ci è andato davvero vicino a lasciarci le penne. E per mano mia. °°
M
a credo che fosse necessario per farlo crescere.

¬ Legenda ¬Narrato
Parlato
Pensato
Parlato Hikaru
Parlato Fuhiko
Parlato Yui
Parlato Altrui

¬ Chapter 4: Thursday ¬ Trap ¬La prima immagine che scorse nella sua mente fu esattamente l’ultima che vide prima di sprofondare nel buio: Yui che veniva rapita, mentre loro cadevano impotenti. Aprì gli occhi, di getto, sperando che di essere ancora in tempo. Si guardò intorno: nulla. Nessuna traccia dei ninja di Ame. In compenso il genjutsu aveva terminato il suo effetto.

Takeshi, Hikaru, venite qui immediatamente. Dobbiamo riflettere sul da farsi. È chiaro che i nemici ci sono superiori sia in abilità sia, allo stato attuale, in numero. Perciò non possiamo azzardarci ad inseguirli. Non abbiamo però nemmeno tempo sufficiente per aspettare l’arrivo di rinforzi da Kiri.

Sicuramente useranno Yui come esca. Non saranno però così deficienti da nasconderla nel loro covo; il problema è quindi dove ci vogliono condurre: in trappola, ovvio. Ma non me ne frega un cazzo, io non la lascerò nelle loro grinfie. Non vedo perciò quale sia lo scopo di questa discussione: muoviamoci e inseguiamoli. Forse li prenderemo.

Calmati e cerca di rimanere lucido. I ninja non abbandonano mai una missione. In questo caso, la nostra missione è recuperare la refurtiva perduta. Sappiamo con certezza che il gruppo nemico si è diviso, ed una parte è diretta alla loro base. Perciò la nostra priorità è inseguirli.


Il ragazzo sentì quelle parole cadere su di lui come dei macigni, come se il loro peso fosse più di una tonnellata. Non riuscì più a trattenere la rabbia che covava all’interno, e così essa esplose tutta in un colpo.

Ti rendi almeno conto di ciò che hai detto?! Come possono anche solo passarvi per la mente queste cose!? La nostra amica potrebbe morire da un momento all’altro, e voi non volete correre in suo aiuto! Al diavolo la missione! La salverò io, da solo!


Voltò loro le spalle - quasi volesse dire “Io con voi non ho più nulla a che fare” - e si allontanò seguendo la direzione che aveva presumibilmente imboccato la parte del gruppo che teneva la sua compagna in ostaggio.
Non gli importava abbandonare la missione. Era conscio che i nemici lo stavano attendendo al varco, ma la sua decisione era incontrovertibile. L’unica cosa fondamentale in quel momento era la vita della propria amica.
Percorse la foresta alla massima velocità, mentre la sua mente elaborava diecimila e più modi di trucidare quei maledetti Piovosi. Si sentiva come quella volta, nella foresta: dire avido di sangue era dire poco. Chiunque fosse capitato, seppur per sbaglio, sulla sua via sarebbe stato disintegrato dalla sua furia prima ancora di rendersene conto.
Qualche giorno prima era riuscito ad impedire una brutta caduta alla sua fidanzata. Ma ora tutto si faceva più difficile, e non era sicuro di esserne capace.

[...]


Viaggiò ancora probabilmente per due ore, durante le quali rifletté molto. Non si sarebbe aspettato di veder tornare i suoi compagni di squadra. Probabilmente stavano già inseguendo l’altra parte dei banditi, quella che se catturata avrebbe determinato il compimento della missione. Ma, forse, c’era qualcosa di più importante del lavoro assegnato loro dal Mizukage: quella cosa era la vita della loro compagna di squadra. Era possibile essere così egoisti? Avere sulla coscienza la vita di un’amica: quello sarebbe stato un fardello troppo pesante da sopportare. Più ci pensava, più si rendeva conto d’aver fatto la scelta giusta. Anche se questa poteva provocare la sua stessa morte.
Improvvisamente sentì un grido. Fu talmente forte che alcune farfalle - le stesse che vide nella foresta il giorno prima - volarono via impaurite.

No, lasciami! Toglimi le mani d--!!


Per lo spavento il suo cuore perse un battito: era proprio colei che stava cercando. Il suo urlo era stato soffocato da qualcuno, quasi avesse paura che si potesse udire. Takeshi proseguì, attento a non farsi notare, nella direzione da dove proveniva la voce della sua amica. Rifletté, in quei momenti che la separavano dalla sua compagna, sulla probabile esistenza di una trappola, preparata appositamente per la sua venuta.

Per fortuna sta bene. Però, il fatto che abbiano bloccato il suo grido potrebbe voler dire che non vogliono essere sentiti e che non hanno ancora preparato una trappola. Si, dev’essere così. E comunque, ho preso la mia decisione e non tornerò indietro proprio ora che le sono così vicino.


Corse, stando ben attento a non produrre nessun suono che avrebbe potuto tradire la sua presenza, ancora per due centinaia di metri all’incirca. Ben presto si trovò davanti una catapecchia in legno, dove probabilmente era tenuta prigioniera la sua amica. Celò la propria presenza, aspettando che i nemici uscissero dalla baracca. Uno shinobi ed una kunoichi uscirono da lì e si misero a guardia dell’ingresso. Ma ciò che non sapevano era che un buco sul tetto, mal riparato, poteva ora costituire una possibile entrata e, più tardi, una via di fuga.
La trappola o non esisteva, oppure non era ancora stata ultimata.
Takeshi aspettò ancora qualche minuto, studiando il modo per sgattaiolare senza essere beccato. Dopodichè eseguì il sigillo dell’Ariete, necessario per l’attivazione della tecnica d’eccellenza del Kirigakure. Il vapore acqueo si formò in una decina di secondi, avvolgendo tutta l’area circostante. L’ultima cosa che scorse furono i due guardiani agitarsi, visibilmente sorpresi.
Pur essendo abituato a muoversi alla cieca, gli causava comunque non poche difficoltà. Si mosse cauto oltre l’inverosimile verso il lato sinistro della casetta. Non appena lo raggiunse convogliò il chakra sotto le piante dei propri piedi e scalò la parete. Qualcosa scricchiolò, facendo rabbrividire il kirese. Ma il resto del mondo sembrava non averlo minimamente udito. Quindi procedette e si calò all’interno dal buco sul soffitto.
La nebbia era ormai penetrata dalle fessurine, perciò non si vedeva quasi nulla. Riuscì comunque a scorgere Yui, legata ad una sedia ed imbavagliata. Non appena lei lo vide, assunse un’espressione impaurita e scosse ripetutamente la testa. Il ragazzo agì impulsivamente, senza pensare, lasciandosi trasportare dal desiderio di riabbracciare la sua ragazza. Le si avvicinò e slegò la bavaglia che non le permetteva l’uso della parola.

No, vattene! È una trappola, ci sono cartebomba dappertutto!


Era stato davvero un idiota a non prendere in considerazione l’ipotesi delle bombe. Si era solamente chiesto come aggirare i controlli dei due ninja, stupidamente credendo che quella fosse la vera trappola. Eppure non era uno stratagemma nuovo agli shinobi della Pioggia.
Pur avendo detto ciò sottovoce, per un attimo i due temettero di essere stati uditi. Così non fu, poiché non accadde nulla. O almeno non immediatamente.
Quando si mosse per slegare la sua compagna, una voce lo fece sobbalzare: il suo cuore questa volta perse un anno di vita.

Ben fatto, pivello. Sei caduto nella nostra trappola. Mi dispiace solo non poter eliminare anche gli altri due. Ma ciò non importa, noi li scoveremo ed uccideremo anche loro. Non abbiate paura, accadrà in un momento. E poi tra non molto rivedrete i vostri compagni, all’aldilà!
Addio, Kirigakure no Shinobi.


Un impeto di paura misto a rabbia pervase Takeshi il quale riuscì a pensare ad un'unica soluzione. C’era una sola cosa che avrebbe potuto, se non salvarli entrambi, almeno proteggere la ragazza. E questa era una tecnica, più precisamente uno scudo: il Muro d’Acqua. Eseguì i sigilli necessari all’attivazione del jutsu ad una velocità inimmaginabile, forse alimentata dall’adrenalina o forse dalla voglia intensa di salvare, almeno, colei che amava.

Suiton, Suijinheki!


I secondi improvvisamente diventarono secoli. Sembrerà impossibile, ma Takeshi giurerebbe di aver vissuto quei momenti, forse gli ultimi della sua stessa vita, al rallentatore. Vide la barriera formarsi pian piano e - nello stesso preciso istante - una luce abbagliante, caratteristica delle detonazioni.
Un pensiero illogico, forse un segno premonitore.

L’acqua può spegnere facilmente una scintilla, un focolare solitario; già un incendio però diventa più complicato da gestire. Ma può essa estinguere l’inferno?


La risposta è, ahimè, negativa.
Questo fu quello che accadde. Il muro acqueo cedette sotto la potenza di quelle esplosioni. Ora più nulla li avrebbe protetti di fronte all’inevitabile morte.
Compì un ultimo gesto disperato: frappose il proprio corpo tra le vampate di fuoco e Yui, tentando in qualche modo di proteggerla.
Incrociò, forse per l’ultima volta, lo sguardo con quello della sua ragazza. Infinite parole e infiniti sentimenti vi si celavano all’interno.
Non aveva mai pensato molto a come sarebbe morto. Ma morire al posto di qualcuno che amava, è un bel modo per andarsene.
Poi tutto si fece buio.


¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬Grado: Genin
Energia: Gialla
Chakra:100/100
Condizione Mentale: Ignota
Condizione Fisica: Ustioni Medio-Gravi sulla schiena, Medie su braccia e gambe.
Consumi: Tecnica del Velo di Nebbia (10 ) + Muro d’Acqua (assenza acqua) (30) = 40
Recuperi: 100 (Fine post)
Tecniche Utilizzate:
  • Tecnica del Velo di Nebbia
    SPOILER (click to view)
    Villaggio: Kiri (Orig. Nebbia)
    Posizioni Magiche: Scimmia ( Molto Veloce)
    Descrizione: Questa tecnica crea una fitta nebbia che ricopre un area estremamente vasta (circa 100 metri quadrati) sfruttando l'umidità presente nell'aria, perciò non può essere utilizzata in luoghi troppo secchi. La vista normale diventa perciò inutile, sia per chi utilizza la tecnica che per i suoi compagni ed avversari. Si rivela invece perfetta per l'assassinio silenzioso solitamente accompagnato dall'abilità "Combattere alla Cieca". La tecnica dura fino all'esaurimento del chakra dell'utilizzatore o al rilascio della stessa. Per essere mantenuta ha bisogno di un consumo Bassissimo per ogni turno escluso il primo.
    Tecniche di vento con un consumo pari o superiore a medio che agiscono in tutta l'area influenzata dalla nebbia la possono dissolvere completamente.
    Tipo: Ninjutsu
    Livello: 5
    Consumo di Chakra: Basso

  • Muro d’Acqua
    SPOILER (click to view)
    Muro d'Acqua - Suiton: Suijinheki
    Villaggio: Kiri (Orig. Cascata)
    Posizioni Magiche: ???
    Descrizione: Tramite questa tecnica il ninja crea davanti a se un resistente muro d'acqua, che gli permette di preteggersi da attacchi di fuoco e dalle armi da lancio. A seconda delle necessità il muro può assumere una forma cilindrica e proteggere il ninja a 360°, in quel caso però la sua robustezza risulterà indebolita. Il consumo varia da Medio in presenza di una consistente quantità d'acqua (almeno 20 litri concentrati entro 3 metri dall'utilizzatore) ad Alto in assenza della suddetta condizione.
    Tipo: Ninjutsu
    (Livello: 4 / Consumo di Chakra: Variabile)

  • ¬ Equipaggiamento Svelato ¬
    Wakizashi [x1]
    Sfera Flash [x1] [Utilizzata]
     
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    xyz10
    view post Posted on 28/12/2009, 21:41




    ¬ Note Post ¬ Eanche il quinto giorno è andato. Che fatica però! xD
    Finalmente ho trovato un attimo di tempo libero. Spero che sia sufficiente per ottenere la Verde, anche perchè non credo di riuscire a farne un altro, pur in questo periodo di riposo.


    Durante questo chilometrico post (mi scuso per l'eccessiva lunghezza, spero di non farvi passare la voglia di leggerlo xD), viene narrata tutta la battaglia contro i nemici. La ragazza che affronto è una Genin, Energia Verde, avente l'abilità innata degli Origami.
    E' proprio questa Kekkai l'oggetto di questo quinto post: infatti, vengono mostrate a Takeshi tutte le tecniche apprendibili al primo livello, vantaggi, svantaggi e una cosa a sorpresa. Non spoilero, dico solo che il titolo è azzeccato. Awakening, ovvero "Risveglio".


    ¬ Legenda ¬Narrato
    Parlato
    Pensato
    Parlato Hikaru
    Parlato Fuhiko
    Parlato Yui
    Parlato Altrui

    ¬ Chapter 5: Friday ¬ Awakening ¬Rumori indistinti giungevano alle sue orecchie. Una luce improvvisa gli illuminò la visuale, ancora immersa nel buio. Non capiva: cos’era quel flash? Forse la fine dell’oscuro tunnel nel quale stava vagando? Dicono che poco dopo la morte si viene inghiottiti da una voragine nera, la cui fine è segnata proprio da un’ignota fonte luminosa. Era così, allora? Stava per essere salvato dalle Tenebre e condotto in Paradiso? No, non vi credeva affatto. Figurarsi se gli concedevano l’accesso a quel luogo sacro: non era mai stato un religioso, non aveva mai compiuto buone azioni. Una sola, probabilmente, poteva essere degna di nota: si era sacrificato per la persona che amava, affinché almeno lei potesse continuare a vivere.

    Un fragore di inaudita potenza fece terminare la fase Rem del suo cervello, e gli fece aprire gli occhi. A quanto pareva, era scampato anche questa volta all’ira della figura incappucciata brandente la Falce. Non appena mise a fuoco quel che lo circondava, Takeshi tentò di estrapolarne il significato. Si trovava in una piccola stanza bianca, quasi completamente spoglia, disteso su un qualcosa che capì essere un lettino: era in ospedale. Fece appello all’ultimo cassetto della memoria disponibile, realizzando che da solo non poteva esservi giunto. No, l’ultima cosa che ricordava era il fragile e spaventato volto di Yui. Dov’era lei in questo momento?, si domandò all’istante. Era riuscito ad evitarle una morte certa? Un altro bagliore proveniente dall’esterno attirò la sua attenzione verso la finestra. Non molto distante dal davanzale ligneo, era posizionata un'altra brandina. Su di essa giaceva la genin della Nebbia. Il suo respiro regolare fece intuire al ragazzo che la risposta alla sua precedente domanda era affermativa. Si sentiva realizzato, finalmente era riuscito a qualcosa nella vita. Ancora una volta, un tuono interruppe il fiume dei pensieri. Che tempo da lupi, quello di Ame. E, detto da un abitante dell’uggiosa Kiri, era tutto dire.
    Si accorse che anche la ragazza si stava svegliando, probabilmente disturbata dall’incessante pioggia. Lasciò che riprendesse completamente i sensi, prima di accertarsi delle sue condizioni fisiche: fasciature bianche le legavano svariate parti del corpo. Tutto sommato, comunque, sembrava stare meglio del fidanzato, il quale si ritrovava bende e garze un po’ dappertutto. Faceva addirittura fatica a stare sdraiato supino, a causa delle bruciature sparse ovunque sulla schiena. Ma l’importante, si disse, era essere sopravvissuti a quell’esperienza per raccontarla. Non molte persone possono vantarsi di essere scampati ad una tale esplosione.
    Una mano calda racchiuse la sua nel palmo. Dietro a quel gesto vi erano sentimenti per i quali non sarebbero bastati anni a definirli tutti.

    Grazie. Se non fosse stato per il tuo provvidenziale intervento, ora non sarei qui con te. Non credo che sarò mai capace di sdebitarmi, però voglio provarci.


    La ragazza si alzò dal suo materasso e si sedette su quello adiacente. Avvicinatasi al volto del compagno, lo baciò fino a consumargli le labbra. Tentò anche di abbracciarlo, ma il gemito dello shinobi la trattenne. Passarono infiniti istanti, poi anch’ella tornò a riposarsi.

    [...]


    Toc, toc.
    La porta scorrevole della camera si aprì, lasciando entrare gli altri due membri del Team. Superato l’imbarazzo generale, la capitana prese parola, scusandosi con il figlio per il comportamento del giorno precedente. I due avevano finalmente compreso che la missione non aveva la priorità sulla vita di un amica. L’avessero capito prima, ora non si ritroverebbero mezzi morti in ospedale. Purtroppo l’illuminazione l’avevano ricevuta tardi. Per fortuna, ad ogni modo, che disponevano di accurati mezzi grazie ai quali avevano potuto rintracciarli prima che accadesse l’irreparabile, prima che la scintilla del loro focolare si estinguesse per sempre. E proprio grazie a questi, raccontò, erano riusciti ad individuare la zona in cui, secondo alcune fonti non del tutto accertabili, vi era la sede del gruppo di ninja della Pioggia. Era indiscutibile, dunque, che il loro prossimo obiettivo sarebbe dovuto essere il recupero della refurtiva. Un particolare seppure insignificante in altre situazioni, quella volta avrebbe potuto essere la chiave di volta del mistero. La scrosciante acqua che cadeva dal cielo: era quella colei che avrebbe potuto mandare a monte ogni sforzo fatto sin’ora. Ogni traccia, ogni minimo indizio cancellato dal diluvio, quasi come una punizione divina. Non potevano permettere che ciò accadesse. Tutte quelle ore spese all’inseguimento dei nemici non sarebbero state vanificate per colpa di un maledetto temporale.
    Perciò, nonostante tutte le ferite non ancora rimarginate, i quattro della Nebbia si accingevano nuovamente a partire. Non erano ancora guariti completamente, ma la missione era la cosa più importante. Aveva quasi rischiato di lasciarci le penne disobbedendo agli ordini della sensei. Stavolta, quindi, sarebbe stato meglio seguire quanto detto.

    [...]


    La pioggia incessante produceva, cadendo al suolo, un potente rumore, mentre il vento indirizzava gli schizzi verso di loro. Ogni tanto, un tuono scatenava la sua immensa potenza: sembrava che il cielo si disintegrasse, di fronte a quel fragore.
    Il solo pensare che di lì a poco si sarebbe trovato faccia a faccia con quei dannati lo rinvigoriva. Gli dava la forza di continuare a correre, seppur a fatica. Nutriva per loro un odio mortale, che proveniva dal profondo del cuore, per due ragioni: la prima era che lo avevano quasi mandato all’altro mondo; la seconda era che se non fosse sopraggiunto, ci avrebbero spedito la sua compagna, all’inferno. Questi due motivi lo spingevano a provare vendetta con ogni fibra, ogni millimetro quadrato del suo corpo. Temeva solo che l’altro lato della sua anima, quello maligno, prendesse il sopravvento. Ma forse lo stava già controllando e non se ne rendeva nemmeno conto. A pensarci bene, si sentiva un po’ come il tao, diviso in una parte bianca ed una nera. La zona benigna era immensamente più grande e soleva comandare; ma, esattamente come la durata d’un lampo temporalesco, in un attimo l’oscurità avrebbe potuto inghiottirlo. E non poteva di certo essere un bene.
    Dopo lunghe e faticose decine di minuti di balzi da ramo a ramo, finalmente giunsero alla meta. Una radura di grandezza media, probabilmente sulla cinquantina di metri di diametro, prendeva posto tra un intricato dedalo di alberi. Decentrata di qualche metro verso l’alto, era stata costruita una baracca fatta di assi di legno, tenuti insieme alla bell’è meglio da piccoli chiodi scuri. Appena fuori dall’inesistente uscio, tre ragazzi ed una ragazza erano sdraiati sull’umida erba, ad ammirare il meraviglioso arcobaleno che solcava il cielo tutt’ora nero. Parlottavano tra loro, ridevano. Ad un altro occhio sarebbero sembrati soltanto una banda di teppistelli qualunque, ma non ai loro. Erano indiscutibilmente i quattro nemici, e quello era evidentemente il loro covo.
    Da un ramo sopra la sua testa, una bellissima farfalla bianca si librò in aria, sbattendo le sue fragili ali. Anche lei, come gli umani nella radura, doveva aver compreso che il temporale era passato. Il suo volo seguì una traiettoria anomala: ondeggiava, come tutti gli insetti della sua specie, ma sembrava essere attratta dal terreno. Si abbassava sempre più, fino a che raggiunse l’altezza di un metro. La ragazza dal dolce visino levò una mano, e la farfalla vi si appoggiò. Chinò la testa di lato, scambiò qualche parola con il capo. Egli si alzò e, casualmente, afferrò qualcosa da una tasca interna della tunica. Alzò lo sguardo, finse di guardare ancora il plumbeo cielo, poi il suo braccio compì un movimento molto noto agli shinobi. Il Team di Kiri, che fin’ora aveva assistito all’innocua scena senza muovere un muscolo, ora comprese che quel qualcosa che il chuunin aveva lanciato era diretto a loro. Immediatamente compresero l’entità del pericolo: un kunai, avente legato all’estremità qualcosa di svolazzante. Una carta bomba. Decine di domande le cui soluzioni erano ancora ignote baluginarono nelle loro menti. Ma non c’era tempo per risolverle, ora dovevano scappare.

    Disperdetevi!


    Quell’ordine fu eseguito alla velocità della luce: come fulmini, i quattro Nebbiosi si nascosero tra le folte chiome, prendendo direzioni totalmente diverse. Takeshi era svicolato verso destra, abbassandosi anche di qualche metro. Si fermò, nascosto da un cespuglio verde, ansante. Il suo cuore sarebbe impazzito se avesse continuato a pulsare in quel modo.

    Ma come cazzo hanno fatto a scovarci?


    Alzò la testa di quel tanto che bastava per vedere senza essere visti. Tutti e quattro si erano alzati in piedi, afferrando chi una katana, chi un kunai, chi semplicemente nulla. Tentò di individuare gli altri compagni, ma fu un’impresa impossibile. Un fruscio, proveniente da molto vicino, lo distrasse: da quel punto, si alzò l’ennesima farfalla albina. Il suo occhio tornò al centro della radura, e scorse qualcosa che lo fece rabbrividire. Altre tre di esse si stavano sollevando, in punti apparentemente casuali. Poi, improvvisamente, ricevette l’illuminazione. E capì. In qualche oscuro modo, quei maledetti insetti erano alleati dei nemici. Erano quelle dannate che avevano fatto trapelare la loro posizione. Non avevano modo di nascondersi, dunque. Sarebbe stato inutile: avrebbe scommesso che di quelle trappole, se così si potevano chiamare, ne erano state disposte a bizzeffe. Non gli restava altro da fare che compiere la prima mossa.
    Balzò giù dal suo rifugio, atterrando sull’umido prato. Accadde tutto in un momento. I ninja di Ame si lanciarono all’attacco, mirando ai quattro punti segnalati precedentemente. Gli shinobi di Kiri atterrarono anch’essi nello spiazzo erboso, imitando il gesto del Fujiwara. E scoppiò un pandemonio. Otto persone, quattro combattimenti in contemporanea, tutti compresi nei cinquanta metri della radura. A Takeshi era toccato scontrarsi con la ragazza che sembrava comandare le farfalle. Ella aveva impugnato una katana e la stava puntando contro il ragazzo. Questi non perse tempo, sfoderò al volo la sua wakizashi, estraendola a tempo record e bloccando l’avanzata di quella avversaria. La fase di stallo durò poco: la sua forza era comunque superiore a quella della kunoichi, e ciò gli permise di disarmarla. La sua arma cadde qualche metro più indietro. La rossa genin eseguì delle coreografiche piroette in aria, che la fecero atterrare pericolosamente vicino ad essa. Ma Takeshi intuì le sue intenzioni e, poste entrambe le mani sull’elsa della sua fidata spada per imprimerle una maggior potenza, la lanciò in direzione del braccio destro della nemica, disteso per recuperare l’oggetto a terra. La lama killer era stata lanciata con la giusta traiettoria, le avrebbe certamente perforato la carne. Non aveva la possibilità di scansare il colpo, era troppo veloce, e troppo ravvicinato. Ma accadde qualcosa che non aveva previsto. Improvvisamente, il suo arto si scompose esattamente nel punto in cui avrebbe dovuto ferirsi. Decine e decine di fogli di carta presero il posto di vestiti, pelle, ossa e legamenti. Proprio questi furono il suo asso nella manica, coloro che gli permisero di evitare quell’attacco ben mirato: difatti, la punta della corta spada sfrecciò oltre quello che avrebbe dovuto essere il gomito, andandosi a conficcare nel terreno, insieme a qualche quadratino bianco.
    Se tutto questo lo stupì, ciò che seguì gli fece spalancare gli occhi. La carta sopra menzionata si piegò su sé stessa, auto-modellandosi, senza che nessuno compisse alcunché. Ma forse era semplicemente la ragazza a comporre quelle forme strane. Tempo un secondo, e dieci, perfetti, e sicuramente taglienti shuriken si formarono a mezz’aria. Un piccolo gesto della mano, e le creazioni della ragazza iniziarono a roteare vorticosamente verso un obiettivo comune: il Kirese. Un attacco diretto, inevitabile proprio come lo doveva essere il suo. Come pararsi, ora? Non aveva più nemmeno la sua arma, non poteva nascondersi, non poteva schivarne così tanti. L’unica soluzione - se così poteva esser chiamata - era subire. Si accingeva a prepararsi al patibolo, quando la voce del suo compagno gli ricordò che anche loro erano con lui. Stavano lottando, e anche lui l’avrebbe fatto. Non c’era motivo di arrendersi.

    Takeshi! Prendi questo!


    Vide che l’amico gli aveva gettato il suo osso, appena estratto. Lo afferrò al volo e lo usò impropriamente come sostituto della cosa che ora stava impiantata nel terreno qualche metro più in là. Con un movimento fulmineo, riuscì a parare molte stellette cartacee; ne evitò inoltre due, ma un altro paio di esse adempirono al loro scopo: una lo ferì all’altezza dello sterno, prendendolo di striscio, mentre l’altra gli dilaniò la guancia destra. La potenza di quegli shuriken fatti a mano era di gran lunga superiore ai normali, dato che veniva a sommarsi alla proprietà tagliente della carta. E questo lo provò sulla propria pelle.
    Una moltitudine di gocce di sangue sgorgarono da quei due punti, producendo, al momento del contatto col suolo, un leggero suono simile a quello della pioggia. Il suo zigomo si era ormai colorato di rosso, ne era certo. Si passò il dorso della mano sulla ferita, nel tentativo di pulirla almeno dal liquido: in questo modo comprese che l’entità di essa era molto più grave di quanto avesse previsto. La dannata arma aveva scavato in profondità nella sua carne, almeno per due centimetri buoni. La stessa sorte era toccata dunque anche a quella posta sulle costole. Gli sembrava che la respirazione fosse più difficile, ora che l’aveva compreso. Ogni volta che il polmone sinistro si dilatava, permettendo l’entrata dell’aria e iniziando complicati processi naturali, sentiva dolere il luogo leso, trasformando l’emissione di fiato in una specie di gemito. Alzò lo sguardo in quello stesso momento, incrociando gli occhi della kunoichi dal dolce viso, anche se, di dolce, non aveva proprio nulla: le si poteva leggere un’espressione compiaciuta, un mezzo sorrisetto beffardo le incrinava le labbra. Lo fissava come una nullità qualunque, come un avversario da sconfiggere con un braccio legato dietro alla schiena, e non poteva sopportarlo. Lui era Fujiwara Takeshi, genin della maestosa Kirigakure, figlio di un ANBU, e non era mai stato battuto. Non aveva mai trovato nessuno in grado di surclassarlo. Suddette Nazioni si contendevano il potere sull’elemento acqueo, perciò erano acerrime nemiche. La Nebbia non soccomberà mai alla Pioggia. E così anch’egli non si sarebbe piegato ad un parigrado di Ame. Peggio ancora se questi era una ragazza. Cosa ne sarebbe rimasto del suo onore? Era troppo orgoglioso per accettare una sconfitta. Non avrebbe perso miseramente, avrebbe combattuto. Quella vittoria se la sarebbe dovuta sudare.
    Brandendo l’arto del Kaguya, si gettò all’assalto. Menava fendenti a destra e a manca, ma tutte le volte essi venivano magistralmente evitati. Quella maledetta generatrice di origami era troppo veloce. Era chiaro che sul corpo a corpo, pur avendo più forza fisica, non poteva vincere, se non riusciva nemmeno a sfiorarla. Doveva trovare una soluzione per inibirla, doveva agire d’astuzia.

    Ragioniamo. Lei ha la capacità di manipolare gli origami, di farle assumere forme di armi e addirittura di utilizzarle. Da qualche parte dovrà pur prendere quella carta, non è che si materializza dal nulla. Quindi, escludendo la possibilità che si tratti di una jutsu, rimane solo una chiave di volta: la sua è un’Abilità Innata. Quando è attiva, dunque, il suo corpo è formato da fogli, e ciò le permette di eseguire quelle tecniche. Mi chiedo se essi siano effettivamente come quelli normali. Bruceranno a contatto col fuoco? S’inzupperanno con l’acqua?


    Sorgeva però un piccolo problema, che però avrebbe potuto cambiare le sorti dell’incontro. Non possedeva ovviamente arti magiche Katon, e quindi questa via d’uscita veniva sbarrata; ogni tecnica elementare che conosceva, però, necessitava di trovarsi a contatto con una discreta porzione di liquido azzurro. E, in mezzo a quella foresta non ce n’era nessuna fonte, eccezion fatta per le pozzanghere. Ma esse non sarebbero bastate.
    Attorno a lui infuriavano altre tre battaglie. Con la coda dell’occhio vide sua madre mentre eseguiva dei seal a lui ignoti. Mezzo secondo più tardi, iniziò a piovere. Anzi, no, si dovette ricredere: quella che scendeva dal cielo non era acqua, bensì una sostanza scura: olio. La Tecnica della Pioggia Nera, una buona arma da senjutsu, soprattutto per i Kiresi. Difatti, poteva permetter loro di usare anche l’elemento al quale erano più opposti.

    Quest’occasione non me la faccio sfuggire!


    Rapidamente, la sua mano s’inoltrò all’interno della sacca. Ne uscì impugnando una pallina vermiglia, perfettamente nascosta nel palmo. Con uno strattone tolse la sicura alla sferetta e la lanciò in aria, permettendo così la fuoriuscita del liquido infiammabile contenuto in essa. In pochi attimi, la sostanza venne investita dall’olio, provocando così una pioggia di fuoco. Ma la nemica sembrava aver compreso che quell’azione l’avrebbe danneggiata gravemente. Stava infatti tentando l’ultimo attacco, quello finale, quello decisivo. Ed era praticamente ultimato. Tutto l’arto sinistro della genin si stava trasformando in uno shuriken dalle dimensioni abnormi, probabilmente sulla quindicina di centimetri di diametro. Mancavano soltanto gli ultimi quadratini bianchi, e l’arma letale sarebbe stata pronta. Dopo aver testato la potenza dei suoi gemelli piccoli, non osava nemmeno immaginare quali danni avrebbe potuto provocargli una cosa del genere. Doveva assolutamente scansarlo, non prendeva nemmeno in considerazione l’ipotesi inversa. La carta che lo componeva era stata saldata in modo da farlo sembrare duro come il ferro, di certo le imminenti gocce infuocate non l’avrebbero neanche scalfito. Un attacco kamikaze, quello della ragazza. Sapeva di non poter evitare di bruciare almeno in parte, così aveva elaborato un ultimo, fatale colpo.
    Improvvisamente, quasi in concomitanza con l’arrivo delle prime lingue di fuoco, la stella iniziò a ruotare vorticosamente, dirigendosi inesorabilmente verso di lui. La posizione che aveva assunto non era tra le migliori auspicabili: girando verticalmente la sua potenza veniva, di fatto, ulteriormente incrementata, rendendolo ancora più temibile. Soprattutto agli occhi di Takeshi.
    Il tempo si dilatò. I secondi divennero secoli. La maledetta arma avanzava sempre più. Niente e nessuno sarebbero stati in grado di fermare la sua corsa. Una sensazione strana lo pervase: era come se le gambe non gli rispondessero più, come se si rifiutassero di muoversi. Era come inchiodato al terreno, paralizzato dalla paura. Vide i volti dei compagni, tutt’ora impegnati nelle loro lotte, guardare verso di lui, quasi supplicando che si spostasse. Ma loro non potevano capire. Non sarebbe riuscito ad evitare quel colpo, nemmeno in condizioni normali: la velocità era troppo elevata, la distanza troppo infima. E, per giunta, si trovava in quello stato di immobilità, mentale, forse. Vedeva strisce infiammate cadere sull’erba, provocando scintille, e sull’artista degli origami, dando fuoco a gran parte della sua carta superficiale.
    Una scarica di adrenalina gli diede la scossa, lo ristabilì. Forse era ancora in tempo per limitare il danno, ma di certo non per eluderlo totalmente. Assunse la classica posizione difensiva, quella con gli arti incrociati ed i pugni chiusi, atta almeno a proteggere il volto, poi, conscio che ormai spostarsi sarebbe stato inutile, ruotò di lato. Quindi strinse i denti, preparandosi all’imminente colpo. Ma, nuovamente, accadde qualcosa che nessuno avrebbe mai potuto prevedere.
    Provò una sensazione strana su entrambe le braccia, come se si stessero scomponendo. E, soprattutto, non avvertì il colpo. Posò lo sguardo sui propri arti. In altre situazioni si sarebbe stropicciato gli occhi. Quella volta si limitò a spalancarli. Il suo cuore mancò un battito, il respiro gli si mozzò a metà. Le sue braccia non c’erano più, ma non era colpa dello shuriken gigante: si erano trasmutate, proprio come aveva fatto l’arto dell’avversaria poco prima. Al loro posto, svolazzavano decine di fogli di carta. Vide l’oggetto che avrebbe dovuto colpirlo conficcato poco più indietro e comprese che doveva averlo trapassato.

    Non è possibile..


    Pronunciò queste parole all’unisono con la ragazza che aveva dinnanzi. Lo stupore era evidente nella sua espressione facciale, quasi non badava più al resto del suo corpo che s’incendiava pian piano.
    La sorpresa, però, fu tale da far perdere la concentrazione al Fujiwara. I quadratini bianchi così evocati ricaddero impotenti, andando a riformare le braccia del Nebbioso.
    Gli altri compagni erano quasi giunti al termine delle loro battaglie: Hikaru aveva steso il suo opponente, lasciandolo a terra privo di sensi, e stava aiutando Yui. I due chuunin erano visibilmente provati, ma sembravano ancora alla pari. Anche la sua battaglia doveva concludersi, e a breve. L’unico modo era superare il momento di stallo e attaccare. La tecnica aveva smesso di far piovere olio, la genin di Amegakure si stava curando: il suo corpo si stava ricostruendo. Davanti a sé aveva creato uno scudo, sempre fatto con lo stesso materiale, per proteggersi da eventuali attacchi. Capì che era l’unico momento utile per vincere. Doveva però abbattere quel muro. Così, estrasse dalla tasca un kunai, di quelli con appiccicati le carte bomba, e lo scagliò in quella direzione. Non si curò di detonarlo, la miccia si sarebbe innescata a contatto con la superficie cartacea, bensì iniziò ad eseguire alcuni sigilli. All’interno della bocca si accumulò una discreta quantità di chakra, espulso poi tramite una gelida ventata: il Soffio Artico. A causa del fumo provocato dall’esplosione, l’avversaria non scorse l’imminente pericolo rappresentato da questa tecnica, che finì per investirla completamente, congelandone il corpo ed immobilizzandola

    [...]


    Le battaglie erano concluse, Kiri aveva prevalso. I rivali erano stati fermati, legati con una solida corda e sorvegliati a vista. Rimaneva solo da recuperare la refurtiva.

    ¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬Grado: Genin
    Energia: Gialla
    Chakra: 100/100
    Condizione Mentale: Rilassato
    Condizione Fisica:
    Ustioni Medie sulla schiena
    Leggere su braccia e gambe
    Ferite Medie sulla guancia destra e sullo sterno

    Consumi: Soffio Artico (20)
    Recuperi: 100 (Fine post)
    Tecniche Utilizzate:
  • Soffio Artico
    SPOILER (click to view)
    Posizioni Magiche: 5 ( medio )
    Villaggio: Kiri
    Descrizione: Impastando una discreta quantità di chakra nella bocca, è possibile emettere un getto di vento ghiacciato che arriva anche a sei metri dall'utilizzatore, e raggiunge una larghezza all'estremità pari a tre metri. Chi viene colpito da questo jutsu riporta ustioni da congelamento leggere su tutte le parti colpite; inoltre se il ninja venisse anche solo in parte investito da tale jutsu sugli arti, risentirà di un peggioramento della velocità del 15 % per 2 turni. A causa del leggero congelamento dei muscoli. All'inizio il difetto di questa tecnica è che ci vuole molto tempo per impastare il chakra da utilizzare e che il ninja deve rimanere fermo mentre la esegue, ma dal grado di chunin in poi questa carenza viene a cadere, compensata dall'esperienza dello shinobi.
    Tipo: Ninjutsu
    Livello: 4
    Consumo: Medio

  • ¬ Equipaggiamento Svelato ¬
    Wakizashi [x1]
    Sfera Flash [x1] [Utilizzata]
    Bomba Scoppiettante [x1] [Utilizzata]
    Carta Bomba [x1] [Utilizzata]


     
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    xyz10
    view post Posted on 5/1/2010, 18:53




    ¬ Note Post ¬ E' la prima volta che vedo ciò che scrivo non più come un post, ma come un vero e proprio capitolo di una storia. Sarà che di un gdr, questo post ha poco niente. Ma dovrebbe essere ugualmente bello. :sisi:

    N.B: So benissimo che nel nostro Gdr non si possono fare riferimenti a fatti e personaggi attinenti al manga. Qui ho soltanto sfruttato uno scenario, se così possiamo dire, ovvero la Terza Grande Guerra Ninja. I concetti di fondo sono proprio come Kishimoto li ha ideati, ma il resto è tutto inventato da me. Spero non lo consideriate come un errore, perchè non era pensato per quello. ^^


    ¬ Legenda ¬Narrato
    Parlato
    Pensato
    Parlato Fuhiko


    ¬ Chapter 6: Saturday ¬ Fuhiko's Tale ¬La pioggia scrosciava intensamente, l’ennesimo temporale stava consumando la sua furia in quel di Ame. Takeshi aveva trovato riparo sotto le fronde di un albero, e stava appoggiato al suo tronco ligneo, a pensare. Rimembrava ciò che era successo il giorno precedente, durante la lotta contro la kunoichi. In particolare tentava di ricordare le circostanze che avevano portato alla scomposizione del suo braccio in fogli di carta. Rivisse quegli attimi tante e tante volte ancora, cercando di carpirne la causa dell’anomalo comportamento del suo arto. Chiuse gli occhi, rivide la scena. Lo stupore per ciò che stava accadendo lo aveva distratto, ed i quadratini bianchi erano tornati al proprio posto. Forse, si disse, era davvero questa la condizione necessaria: la concentrazione. Ma dubitava che fosse anche sufficiente.
    Voleva riprovare a scomporsi, voleva attivare di nuovo quella tecnica. Perché? Semplice: secondo il suo giudizio, era una tra le jutsu con le maggiori potenzialità che avesse mai visto. Si poteva modellare praticamente qualsiasi cosa, dalle armi, agli scudi, agli animali. Sì, anche costoro: a mente lucida, col senno di poi, capiva che quelle stranissime farfalle bianche che aveva sempre scorto altro non erano che una creazione di quella ragazza. Doveva riuscire a padroneggiarla come quella genin. Anzi, anche meglio. Avrebbe imparato quell’arte, e l’avrebbe resa sua. Questo era il suo nuovo obiettivo. Niente e nessuno l’avrebbe fermato, perché quando s’impuntava su una cosa, non c’era verso di farlo tornare sui propri passi.
    Per l’ennesima volta abbassò le palpebre, chiudendo la mente ad ogni pensiero fuorviante. Se fosse riuscito a ricreare quel requisito sopra citato, avrebbe ripetuto la trasformazione. Ma quell’operazione, apparentemente semplice, non gli riusciva. Era troppo galvanizzato per riuscire a debellare ogni cosa dalla sua testa. L’emozione di essere riuscito ad eseguire quella tecnica era troppo intensa per essere messa da parte. Anche se comunque, la parola “ninjutsu” era inappropriata. Difatti, Takeshi aveva risvegliato una Kekkai Genkai, e di questo ne era consapevole. Ciò che tutt’ora ignorava era l’origine di questa Innata. Suo padre non ne possedeva alcuna, e di questo era certissimo. Sua madre, poi, se una di queste fosse rientrata nel suo bagaglio di arti magiche personale, ci avrebbe pensato su due volte, prima di abbandonare la carriera ninja.

    E allora come è potuto succedere? Da dove ho tratto quest’abilità?Non capisco.. Non mi era mai capitata una cosa del genere.


    Mille domande gli frullavano il cervello, inibendo la sua capacità di concentrazione. Mille domande a cui non aveva trovato risposta. E mai l’avrebbe trovata, probabilmente. Tutto sarebbe rimasto così, nel mistero, avvolto da una nebbia impenetrabile, ancor più fitta di quelle del suo Paese. Scovò decine di possibili bandoli di quella dannata matassa, ma ognuno sembrava meno credibile dell’altro. Arrivò persino a prendere in considerazione l’assurda ipotesi che avesse il potere di copiare le tecniche altrui. Non si era mai udita un’abilità di questo tipo, - perlomeno non a Kiri - e di sicuro avrebbe fatto scalpore. E oltretutto era una soluzione troppo inverosimile: non era neanche lontanamente immaginabile ch’egli possedesse quest’arte. Ponderò sulle origini di queste tecniche Innate: come ne faceva intuire il nome, esse erano una peculiarità di ogni individuo, anzi più precisamente di ogni clan, e lui era certo di non appartenere a nessuno di essi. La sua era sempre stata una famiglia: sua madre, sua sorella, il suo povero padre, scomparso chissà dove nel Paese dove si trovava ora suo figlio. Non si era mai udito di un “clan Fujiwara”, anche se il retro della sua tunica bianca recitava il contrario. E dunque, l’ipotesi che avesse attivato la Kekkai propria di questo, era più che inverosimile. Certo, pensandoci bene, queste Abilità dovevano pur aver origine da qualche parte. Ci doveva essere qualcuno che le avesse “inventate”, dando così vita ad una nuova stirpe. Sospirò. Non poteva essere questo il suo caso.
    Poteva essere passata un’ora, forse più, ed il ragazzo non era nemmeno giunto vicino alla verità.


    Tutto il resto del giorno precedente venne come “eclissato” da quell’avvenimento, almeno per quanto lo riguardava. Avevano vinto la battaglia, catturato i malfattori, e una volta varcata la soglia della catapecchia nella radura, avevano scoperto decine e decine di armi di qualsivoglia genere. Spade di ogni tipo, sciabole, katane, wahizashi, pugnali, kunai, aikuchi, ma anche shuriken, makibishi, carte bomba. Ogni tipologia di equipaggiamento ninja era stipato in quel rifugio, che ai loro occhi ora sembrava un vero e proprio magazzino.
    L’interrogatorio non fu facile. Dovettero agire tramite complessi genjutsu di alto livello, eseguiti ovviamente dalla sensei, ma nemmeno questi spianarono loro la strada. Informazioni vaghe sul numero e sul luogo degli assalti, sulla merce rubata, furono le sole cose che riuscirono ad identificare con successo. Dopo quella che era parsa un’eternità, finalmente un’illusione più potente del solito, oppure più probabilmente la stanchezza dei quattro Pioggiosi, diede loro tutte le risposte.
    Scoprirono così che i loro fini, per quanto sbagliate fossero le azioni compiute, erano ben motivati. La guerra dilaniava Amegakure da ormai tempo immemore. La conformazione del suo territorio e, soprattutto, la sua locazione strategica ne erano le principali cause: una piccola nazione, posta in mezzo a tre grandi potenze, ovvero Konoha, Iwa e Suna. Un’eterna lotta per il possesso di suddette terre, che facevano invano da “cuscinetto” tra le tre, era continuamente in corso. Come se ciò non bastasse, il malcontento civile stava prendendo piede, ed avrebbe condotto ben presto ad una ribellione. Ai tempi delle Grandi Guerre Ninja, come tutt’ora, queste erano le principali cause della povertà del Paese. I quattro ragazzi erano venuti a conoscenza, in un modo ancora indefinito, dei traffici internazionali di armi e, spinti dalla misera condizione sociale del loro Villaggio e, soprattutto, delle loro famiglie, decisero di assaltare suddetti carri, rubandone i carichi. Accumulando una certa quantità di armi, pensavano di venderle al mercato nero per ricavarci qualche ryo. Non avevano ancora effettivamente dato inizio a tutto questo, ma non avevano intenzione di attendere ancora per molto. Il loro intervento era stato letteralmente provvidenziale.
    Denunciata la cosa al capo villaggio, che scoprirono non essere un Kage, si erano presi il resto della giornata libera. La loro licenza sarebbe durata ancora per quel sabato, poi l’indomani avrebbero ricominciato l’allenamento. E, concluso pure quello, sarebbero finalmente tornati a casa.
    Probabilmente Yui ed Hikaru erano da qualche parte insieme, ma Takeshi aveva rifiutato il loro invito. Chiaramente non era geloso dell’amico, ma se solo questi avesse combinato qualcosa di strano, gli avrebbe spaccato la faccia. Come minimo. E comunque aveva un gran bisogno di stare da solo, doveva riflettere, doveva trovare la risposta a quelle domande ancora irrisolte.
    Mentre per l’infinitesima volta si crogiolava nei suoi dubbi, un’inaspettata voce disturbò i suoi pensieri, facendolo sussultare.

    Ah, ecco dov’eri. Che ci fai qui solo soletto? Non dovresti essere con i ragazzi?


    Sua madre, Fuhiko, era apparsa dal nulla e stava appollaiata su uno dei rami di quell’enorme albero. Ebbe la tentazione di risponderle di andarsene, di lasciarlo solo, ma si convinse che era pur sempre la sua genitrice, aveva tutto il diritto di rendersi partecipe di ciò che turbava il figlio. Magari lei avrebbe potuto aiutarlo a giungere alla fine di quell’intricato labirinto. Ne dubitava, comunque. Non sapeva nemmeno da quanto tempo si trovava in quello stato, ma era sicuramente molto. Gli faceva male anche la testa. Forse aveva usato troppo il cervello.

    Sto pensando. Rifletto su quello che è accaduto ieri, durante il duello, e tento di trovarne la causa. Fin’ora, comunque, i miei sforzi sono stati vani.


    La chuunin assunse un’espressione scura, un leggero sorriso amaro le incrinò le labbra. La sentì prendere un bel respiro, poi la vide atterrare dolcemente sul prato. Lo fissò dritto negli occhi. Avrebbe dovuto rivelargli tutto. Quale momento migliore, se non quello?

    Takeshi, è giunto il momento che compia quello che avrei dovuto fare anni fa. Ti racconterò la storia della mia famiglia.


    Questa frase lo incuriosì non poco. Che cosa sapeva lei di così importante da averglielo tenuto nascosto per sedici anni?E soprattutto che arcana storia avrebbe mai avuto alle spalle? L’incombente racconto lo attirava molto, ma allo stesso tempo lo temeva. Aveva come un presentimento. Stava per venire a conoscenza di qualcosa di grande, una rivelazione che avrebbe cambiato la sua vita. Era come contenuta in un libro vecchio e polveroso, riposto accuratamente in una libreria. Non in uno scomparto segreto, badate bene. Si sentiva come se l’avesse avuta lì, in bella vista, per tutto questo tempo, e non vi aveva mai fatto caso. Non aveva mai avuto la tentazione di aprire quel volume.
    Il rumore dell’incessante pioggia assunse, in quel frangente, un effetto rilassante sul genin, alimentando la sua attenzione.

    Vent’anni fa, ovunque infuriava la Terza Grande Guerra Ninja, come dovresti aver appreso dai libri. Tre grandi potenze mondiali - Konoha, Suna, ed Iwa - erano in continua lotta tra loro. Poco si sa dei fini politici di quest’atrocità, ma si è comunque sicuri che si trattasse di espansioni territoriali. Come è emerso dall’interrogatorio di ieri, questo Paese era importantissimo. La posizione strategica di questa Terra di Nessuno - ed è così, poiché non ha nemmeno un nome - era di estremo interesse bellico a tutte e tre le fazioni in lotta. E così, gli scontri su questo territorio si abbattevano come la pioggia che adesso cade dal cielo. Sanguinose battaglie imperversavano continuamente, spesso anche all’interno o nelle vicinanze di piccoli agglomerati urbani, abitati da persone terrorizzate che nulla c’entravano con essa. E ogni volta producevano morti su morti. Il destino di Ame era soccombere dinnanzi a questa guerra esterna al proprio volere, ma estremamente vicina ad esso. Il Fato aveva deciso di sterminare questo luogo. Gli abitanti non potevano più tollerare altre sofferenze, altro dolore. Continuavano a perdere conoscenti, amici, parenti, senza nemmeno opporre resistenza. Fu così che una notte i consiglieri si radunarono segretamente in assemblea. Fu una lunga riunione, ma aveva un unico scopo: porre fine a tutto questo. Venne presa in considerazione ogni possibile soluzione e discussa ampiamente, così si diceva. Dopo svariate ore, si giunse all’approvazione unanime. Tutti i leader della Pioggia avevano concluso che restare a guardare non avrebbe fruttato nulla, così come tentare di parlamentare. Decisero di radunare tutte le forze militari di cui disponevano. Persino i genin vennero arruolati nell’esercito. Tentarono di opporre resistenza, ma dopo qualche mese le truppe furono sbaragliate. Non poteva che essere altrimenti, comunque: stavano sfidando tre delle più potenti nazioni del mondo degli shinobi.


    Le orecchie del ragazzo erano tese, la sua fervida immaginazione già stava ricreando gli ambienti descritti da quel racconto, i combattimenti, gli onnipresenti morti di qualunque nazione.
    Ogni tanto, un lampo accecante illuminava la buia zona ove avevano trovato riparo e, subito dopo, veniva sostituito da un potente tuono. Quell’atmosfera sembrava accentuare ancor di più la triste storia, rendendola più viva.
    Ma c’era qualcosa che non gli quadrava. La narratrice era in qualche modo toccata da quello che diceva. Gli parve molto strano che durante tutto questo tempo, ancora non si era arrivati alla parte che gli interessava. Decise di interromperla, per porre quella domanda che gli baluginava in testa.

    Un attimo.. Non doveva essere la storia della tua famiglia? Mi sembra più la cronaca degli eventi che si abbatterono su questo Paese.


    Un nuovo, amaro sorriso prese forma sul suo volto. Le mani della donna si diressero dietro la testa e, dopo qualche movimento, si tolse il coprifronte.

    Vedi questo simbolo, Takeshi? E’ di Kiri, ovviamente. Questo coprifronte mi è stato donato dal Mizukage in persona quando mi insignirono della carica di Chuunin della Nebbia. Ma non è stato, per così dire, l’unico emblema che ho portato durante la mia carriera di kunoichi. Originariamente, esso aveva quattro bande verticali.
    La terra dove ci troviamo ora, Takeshi, Amegakure, è il mio Villaggio natale.
    Sì. La mia famiglia ha origini in questo Paese. Tutto quello che ti ho narrato poco fa, io l’ho vissuto in prima persona.


    Sgranò gli occhi. Provò un’infinita compassione per sua madre. Il dolore che il ragazzo aveva provato con la perdita del padre, lei ci era già passata molte volte, con tutte le vittime che quella guerra aveva mietuto. Sicuramente tra loro dovevano esserci anche molti suoi cari.

    Tra quei genin che lottavano duramente, giorno dopo giorno, c’ero anch’io. E anche i tuoi nonni facevano parte della Resistenza. Erano dei ninja fortissimi, almeno per come li vedevo io. Mia madre, poi, era una promessa. La sua Abilità Innata era una delle più potenti, poiché la sapeva padroneggiare al meglio. Gli Anziani mi vedevano come la sua degna erede, credevano che un giorno anch’io sarei stata in grado di giungere al suo livello, forse addirittura superarla. Io mi allenavo duramente, ottenevo qualche vano risultato, ma non riuscivo mai a risvegliare completamente quella Kekkai. Ma ero tenace, non mi arrendevo.
    Intanto la guerra continuava. Un giorno assaltammo una delle basi di Iwagakure, per conquistare quel territorio che era nostro di diritto. Contavamo sull’effetto sorpresa, ma ci sbagliavamo di grosso. Fu una strage totale: perdemmo su tutti i fronti. Centinaia di valorosi shinobi perirono durante quella maledetta battaglia. Tra loro c’erano anche i miei genitori.
    Io invece mi salvai per miracolo. Mi medicarono, guarii, ed ero pronta a tornare a combattere, così dicevano. Ma io non volevo, non potevo farlo. Non dopo aver visto mia madre e mio padre morire davanti ai miei occhi. Desideravo andarmene da quel luogo che per me, come per molti altri, odorava soltanto di morte. Così mi unii ad un gruppo di profughi e partii, lasciandomi alle spalle tutto questo. La mia destinazione fu Kiri, poiché era agli antipodi della mia terra. Avevo quattordici anni. Per un periodo servii il mio nuovo Paese, tanto che ottenni la carica di Chuunin. Continuai ad allenarmi, ero decisa ad apprendere la stessa Innata di mia madre, quella che l’aveva resa tanto forte.
    Ma non ce la feci mai. Anzi, i miei risultati pian piano regredirono. Probabilmente fu una conseguenza dello shock. Quando nascesti tu, abbandonai definitivamente la carriera ninja.
    Ti ho tenuto nascosto questa storia per tutti questi anni per un solo motivo: non volevo che anche tu t'illudessi di poter apprendere la sua.. la mia Abilità Innata.
    Non avrei mai pensato che tu, un giorno, saresti stato capace di ottenere un risultato che io avevo soltanto sfiorato. Mai avrei immaginato che tu fossi in grado di risvegliare quella Kekkai che pensavo essersi estinta per sempre.


    Che storia commovente, fu il primo pensiero del Fujiwara quando Fuhiko terminò il racconto. Ci mise un attimo a comprendere che la risposta a quelle domande che tanto l’avevano turbato quella mattina era arrivata. Ora tutto ciò che voleva era adempiere all’obiettivo in cui la donna che aveva di fronte aveva fallito. Ma capì che avrebbe dovuto lavorare con le proprie forze. Non avrebbe mai trovato il coraggio di chiederle di iniziarlo a quell’arte, la Manipolazione degli Origami. Non dopo aver saputo quanto aveva sofferto. Per nulla al mondo avrebbe voluto che quella sua richiesta la rendesse ancora più infelice.

    ¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬Grado: Genin
    Energia: Gialla
    Chakra: 100/100
    Condizione Mentale: Decisamente Stupito
    Condizione Fisica:
    Ustioni Medio-Leggere sulla schiena
    Ferite Medio-Leggere sulla guancia destra e sullo sterno

    Consumi: //
    Recuperi: //
    Tecniche Utilizzate: //

    ¬ Equipaggiamento Svelato ¬
    Wakizashi [x1]
    Sfera Flash [x1] [Utilizzata]
    Bomba Scoppiettante [x1] [Utilizzata]
    Carta Bomba [x1] [Utilizzata]
     
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    xyz10
    view post Posted on 28/1/2010, 17:52




    ¬ Note Post ¬ Ta-Dah! Anche l'ultimo post! :D
    Va beh, non è granchè, anzi proprio non mi è piaciuto. Ma col tempo che ho avuto è il massimo che sono riuscito a fare. Per l'ultima volta vi auguro buona lettura e spero di non avervi annoiato xD


    ¬ Legenda ¬Narrato
    Parlato
    Pensato
    Parlato Fuhiko
    Parlato Yui


    ¬ Chapter 7: Sunday ¬ The End of a Surprising Quest ¬La rivelazione del giorno precedente non lo aveva sconvolto come pensava, anzi, lo aveva aiutato a comprendere una parte di sua madre di cui nemmeno s’immaginava l’esistenza. Credeva di essere quello che aveva sofferto maggiormente, a causa della perdita del padre, tanto che non riusciva a sopportarne l’idea. Era ancora convinto che egli fosse vivo, da qualche parte, e che qualcosa gli impedisse di tornare, di scrivere una lettera, di far arrivare loro anche il più piccolo segnale della sua incolumità.
    Invece si sbagliava. Persino nella sua famiglia, c’era qualcuno che aveva penato infinite volte più di lui, che aveva pianto lacrime sino a consumarsi, durante la sua vita: sua madre. Aveva dovuto convivere sin da bambina con la morte. Essa le aveva portato via molte persone a lei care, i suoi genitori in primis, suo marito poi. Tutto ciò che le rimaneva, erano i suoi due figli. Takeshi aveva sempre saputo queste cose, evidenti quanto tristi, ma non vi aveva mai badato. Non vi aveva mai dedicato un pensiero; ma non per egoismo, semplicemente perché aveva commesso un errore di valutazione. Non aveva mai considerato che qualcuno, per giunta così vicino a lui, avesse potuto soffrire tanto.
    Il racconto di Fuhiko lo aveva toccato nel profondo. Ora sapeva che stare ad arrovellarsi tanto non avrebbe fruttato nulla, che avrebbe dovuto chiedere subito spiegazioni alla chuunin. Ma, pur essendone conscio, semmai la Terra avesse cominciato a girare inversamente, e il tempo avesse iniziato a scorrere al contrario, non le avrebbe mai posto quella domanda, per quanto aiutasse la madre a liberarsi di un fardello assai pesante.


    Quasi non badava all’altro aiuto che quella storia gli aveva dato, alle risposte che ne derivavano. Per sedici anni esse erano rimaste sepolte in un abisso oscuro, cacciate e ricacciate indietro a forza dalla donna, per un motivo che dopo le rivelazioni di quel sabato gli appariva lampante: non voleva illuderlo. Non voleva che gli trasmettesse false speranze sull’Arte a cui geneticamente era destinato, ma che praticamente poteva essersi assopita per sempre, nel loro DNA. Invece ce l’aveva fatta, aveva trovato dentro di sé la forza, le emozioni necessarie per estrarla da quel baratro apparentemente senza fine. Quel giorno, anzi, aveva proprio in mente di tentare, in qualche modo, di svilupparla.

    Era pomeriggio inoltrato, un bellissimo sole splendeva nel cielo, anche se ormai sembrava che iniziasse a tingersi dei colori del tramonto: ad Amegakure era un evento che capitava meno di una volta a settimana, non poteva che essere un buon presagio. Una giornata del genere, per quanto le condizioni fossero ottimali per i ninja, non si poteva sprecare allenandosi. Un tale calore doveva essere sfruttato per gironzolare per il Villaggio e i suoi dintorni, liberi finalmente dall’immancabile pioggia che infestava persino il nome del Paese. E invece no, a loro non era concesso riposarsi per tanto tempo, pur essendosi presi la mattinata - e gran parte del pomeriggio, giocando ad una specie di divertentissimo nascondino, atto a marinare l’allenamento - libera. Ecco spiegato il motivo, dunque, per cui i tre genin di Kiri si trovavano in una radura boschiva da una mezz’oretta a questa parte.
    La sensei aveva lasciato intendere che suo figlio si allenasse in disparte, in quanto il suo obiettivo ormai si discostava da quello dei suoi due parigrado, i quali si stavano cimentando in un duello all’arma bianca. Il Fujiwara, quindi, si era ritirato all’ombra d’un albero verdeggiante e aveva assunto una posa atta a stimolare la concentrazione: seduto, gambe incrociate, mani intrecciate in una posizione magica. Il suo isolamento mentale era ultimato, praticamente non esisteva nulla intorno a lui, solo il vuoto dei suoi pensieri. Eppure ancora non bastava. Evidentemente la concentrazione non era sufficiente. Il frusciare dell’erba venne a turbare quella calma innaturale che si era creata intorno al ragazzo, ma questi era troppo assorto nella sua meditazione per accorgersene. Se avesse potuto farlo, però, avrebbe capito che dei passi, impercettibili e leggeri come l’aria stessa, si stavano avvicinando alla sua figura. Infine si fermarono del tutto, mentre un flebile sussurro chiamava il suo nome. Alla sua mente immersa nel nulla più assoluto, comunque, giunse un rumore terribile, che lo fece addirittura sobbalzare. Qualcosa di soffice e caldo si appoggiò sulla sua guancia destra. Aprì gli occhi, di getto, scorgendo la sua fidanzata a pochi centimetri dal suo viso.

    Come va l’allenamento? Hai ottenuto qualche risultato?


    Scosse la testa, amareggiato. Nemmeno un millimetro cubo del suo corpo si era trasformato. Eppure gli sembrava di essersi concentrato a fondo, molto più dell’ultima volta. Davvero non capiva il motivo per cui non riuscisse ad attivare l’Arte. Iniziava a pensare che quell’Innata lo odiasse; anzi, più probabilmente, che ce l’avesse con la sua intera famiglia. Che l’avvenimento di due giorni prima fosse soltanto un fuoco fatuo? Sarebbe mai riuscito a replicarlo? O il suo destino sarebbe stato eguale a quello della madre?
    Era proprio questo il dilemma che lo affliggeva. Il Fato, quell’entità che tesseva i fili delle trame di ogni essere umano, sarebbe stato clemente con Takeshi? Oppure la sua stirpe si era inimicata per sempre le tre Dee che programmavano le loro sorti? Nessuno, umano o divinità che fosse, poteva tentare di sovvertirne le scelte o cercare di cambiarle, in quanto - seppur a volte inconsciamente – si veniva guidati da questa forza oscura e incontrovertibile che condiziona le vite di tutti. Mettersi contro il proprio futuro non era decisamente la più saggia delle decisioni.


    Tentò di ritrovare lo stato di concentrazione precedente, ma gli fu veramente difficile ignorare l’angelo biondo che si era posato vicino a lui. Un folle pensiero gli attraversò la mente. Semmai fosse riuscito ad apprendere la Kekkai degli Origami, avrebbe padroneggiato l’abilità di modellare la carta, mentre la ragazza già era in grado di manipolare i suoi dipinti. Takeshi e Yui avrebbero formato una vera coppia di artisti, ispirati dall’amore reciproco. Sarebbe stata davvero una bella immagine, ma fin’ora non si era avuta la certezza che essa si realizzasse.
    Più trascorrevano i minuti, più le sue considerazioni sopra citate sembravano avvalorarsi: le sue gambe si erano bloccate lì, all’inizio di quella tortuosa scalinata, e non davano segno di volersi schiodare. Il nervosismo aveva cominciato da poco a montargli dentro, ma aumentava esponenzialmente, sinché, raggiunto il suo limite, lo shinobi si stufò di non portare a casa il benché minimo risultato e abbandonò l’esercizio, sbuffando e imprecando. Questo attirò l’attenzione della sua maestra, poco distante da lui: forse aveva compreso che compiere gli stessi sforzi a cui era stata sottoposta da giovane non era una cosa semplice, soprattutto in solitaria. Lo raggiunse, flemmatica, e dalla sua bocca uscirono quelle parole che il Kirese desiderava allo stesso tempo sentire ma non pronunciare.

    Ti insegnerò io, se vorrai, almeno quel poco che ho appreso e che ricordo perfettamente. Per il resto, dovrai cavartela tu.


    Le Abilità sono una di quelle cose che ognuno deve affrontare separatamente e i cui risultati non sono mai omogenei. La Natura insegna, sempre. Non si può ordinare ad un uccellino di imparare a volare, si può solo dargli la spinta iniziale.

    [...]


    Il sole era prossimo a sparire dietro una delle montagne che circondavano il paesaggio, ma l’effetto che produceva era a dir poco spettacolare: svariate sfumature di arancione tingevano il cielo, le nuvole e i versanti colmi di vegetazione, sopra i quali spiccava una palla di fuoco rosso acceso.
    Il loro allenamento terminò con il tramonto. Quando si fu fatto buio, i quattro Nebbiosi si prepararono a rimpatriare: un lungo cammino li attendeva, poi finalmente sarebbero tornati a casa. La missione era conclusa, non potevano che dirsi soddisfatti.
    Varcarono il confine di Amegakure la mattina seguente. Il giovane voltò un’ultima volta il capo in direzione del Villaggio e della foresta: la sua mente figurò il ricordo del padre, sorridente. Non si era dimenticato del genitore, sapeva che era ancora vivo, che si trovava da qualche parte in quel panorama, ma non era ancora abbastanza esperto da pensare di poterlo salvare, soprattutto se era tenuto prigioniero. Come le orme lasciate dietro di sé dai suoi sandali, così anche la vita proseguiva in linea retta. Forse quelle dei due Fujiwara non si sarebbero mai incrociate di nuovo. Ma nessuno, tranne il Fato, poteva esserne certo.


    ¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬Grado: Genin
    Energia: Gialla
    Chakra: 100/100
    Condizione Mentale: Rilassato
    Condizione Fisica:
    Ustioni Leggere sulla schiena
    Ferite Leggeresulla guancia destra e sullo sterno

    Consumi: //
    Recuperi: //
    Tecniche Utilizzate: //

    ¬ Equipaggiamento Svelato ¬
    Wakizashi [x1]
    Sfera Flash [x1] [Utilizzata]
    Bomba Scoppiettante [x1] [Utilizzata]
    Carta Bomba [x1] [Utilizzata]


     
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    ~ K a i
    view post Posted on 2/3/2010, 21:32




    La verde c'è, più avanti completerò il giudizio aggiungendo exp + ryo.
     
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    ~ K a i
    view post Posted on 30/5/2010, 11:01




    Direi che puoi aggiungerti 50 exp e 300 Ryo.
    Chiudo.
     
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    9 replies since 24/9/2009, 20:54   260 views
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