Takeshi's Green

« Older   Newer »
  Share  
Xyz10
view post Posted on 5/1/2010, 18:53 by: Xyz10




¬ Note Post ¬ E' la prima volta che vedo ciò che scrivo non più come un post, ma come un vero e proprio capitolo di una storia. Sarà che di un gdr, questo post ha poco niente. Ma dovrebbe essere ugualmente bello. :sisi:

N.B: So benissimo che nel nostro Gdr non si possono fare riferimenti a fatti e personaggi attinenti al manga. Qui ho soltanto sfruttato uno scenario, se così possiamo dire, ovvero la Terza Grande Guerra Ninja. I concetti di fondo sono proprio come Kishimoto li ha ideati, ma il resto è tutto inventato da me. Spero non lo consideriate come un errore, perchè non era pensato per quello. ^^


¬ Legenda ¬Narrato
Parlato
Pensato
Parlato Fuhiko


¬ Chapter 6: Saturday ¬ Fuhiko's Tale ¬La pioggia scrosciava intensamente, l’ennesimo temporale stava consumando la sua furia in quel di Ame. Takeshi aveva trovato riparo sotto le fronde di un albero, e stava appoggiato al suo tronco ligneo, a pensare. Rimembrava ciò che era successo il giorno precedente, durante la lotta contro la kunoichi. In particolare tentava di ricordare le circostanze che avevano portato alla scomposizione del suo braccio in fogli di carta. Rivisse quegli attimi tante e tante volte ancora, cercando di carpirne la causa dell’anomalo comportamento del suo arto. Chiuse gli occhi, rivide la scena. Lo stupore per ciò che stava accadendo lo aveva distratto, ed i quadratini bianchi erano tornati al proprio posto. Forse, si disse, era davvero questa la condizione necessaria: la concentrazione. Ma dubitava che fosse anche sufficiente.
Voleva riprovare a scomporsi, voleva attivare di nuovo quella tecnica. Perché? Semplice: secondo il suo giudizio, era una tra le jutsu con le maggiori potenzialità che avesse mai visto. Si poteva modellare praticamente qualsiasi cosa, dalle armi, agli scudi, agli animali. Sì, anche costoro: a mente lucida, col senno di poi, capiva che quelle stranissime farfalle bianche che aveva sempre scorto altro non erano che una creazione di quella ragazza. Doveva riuscire a padroneggiarla come quella genin. Anzi, anche meglio. Avrebbe imparato quell’arte, e l’avrebbe resa sua. Questo era il suo nuovo obiettivo. Niente e nessuno l’avrebbe fermato, perché quando s’impuntava su una cosa, non c’era verso di farlo tornare sui propri passi.
Per l’ennesima volta abbassò le palpebre, chiudendo la mente ad ogni pensiero fuorviante. Se fosse riuscito a ricreare quel requisito sopra citato, avrebbe ripetuto la trasformazione. Ma quell’operazione, apparentemente semplice, non gli riusciva. Era troppo galvanizzato per riuscire a debellare ogni cosa dalla sua testa. L’emozione di essere riuscito ad eseguire quella tecnica era troppo intensa per essere messa da parte. Anche se comunque, la parola “ninjutsu” era inappropriata. Difatti, Takeshi aveva risvegliato una Kekkai Genkai, e di questo ne era consapevole. Ciò che tutt’ora ignorava era l’origine di questa Innata. Suo padre non ne possedeva alcuna, e di questo era certissimo. Sua madre, poi, se una di queste fosse rientrata nel suo bagaglio di arti magiche personale, ci avrebbe pensato su due volte, prima di abbandonare la carriera ninja.

E allora come è potuto succedere? Da dove ho tratto quest’abilità?Non capisco.. Non mi era mai capitata una cosa del genere.


Mille domande gli frullavano il cervello, inibendo la sua capacità di concentrazione. Mille domande a cui non aveva trovato risposta. E mai l’avrebbe trovata, probabilmente. Tutto sarebbe rimasto così, nel mistero, avvolto da una nebbia impenetrabile, ancor più fitta di quelle del suo Paese. Scovò decine di possibili bandoli di quella dannata matassa, ma ognuno sembrava meno credibile dell’altro. Arrivò persino a prendere in considerazione l’assurda ipotesi che avesse il potere di copiare le tecniche altrui. Non si era mai udita un’abilità di questo tipo, - perlomeno non a Kiri - e di sicuro avrebbe fatto scalpore. E oltretutto era una soluzione troppo inverosimile: non era neanche lontanamente immaginabile ch’egli possedesse quest’arte. Ponderò sulle origini di queste tecniche Innate: come ne faceva intuire il nome, esse erano una peculiarità di ogni individuo, anzi più precisamente di ogni clan, e lui era certo di non appartenere a nessuno di essi. La sua era sempre stata una famiglia: sua madre, sua sorella, il suo povero padre, scomparso chissà dove nel Paese dove si trovava ora suo figlio. Non si era mai udito di un “clan Fujiwara”, anche se il retro della sua tunica bianca recitava il contrario. E dunque, l’ipotesi che avesse attivato la Kekkai propria di questo, era più che inverosimile. Certo, pensandoci bene, queste Abilità dovevano pur aver origine da qualche parte. Ci doveva essere qualcuno che le avesse “inventate”, dando così vita ad una nuova stirpe. Sospirò. Non poteva essere questo il suo caso.
Poteva essere passata un’ora, forse più, ed il ragazzo non era nemmeno giunto vicino alla verità.


Tutto il resto del giorno precedente venne come “eclissato” da quell’avvenimento, almeno per quanto lo riguardava. Avevano vinto la battaglia, catturato i malfattori, e una volta varcata la soglia della catapecchia nella radura, avevano scoperto decine e decine di armi di qualsivoglia genere. Spade di ogni tipo, sciabole, katane, wahizashi, pugnali, kunai, aikuchi, ma anche shuriken, makibishi, carte bomba. Ogni tipologia di equipaggiamento ninja era stipato in quel rifugio, che ai loro occhi ora sembrava un vero e proprio magazzino.
L’interrogatorio non fu facile. Dovettero agire tramite complessi genjutsu di alto livello, eseguiti ovviamente dalla sensei, ma nemmeno questi spianarono loro la strada. Informazioni vaghe sul numero e sul luogo degli assalti, sulla merce rubata, furono le sole cose che riuscirono ad identificare con successo. Dopo quella che era parsa un’eternità, finalmente un’illusione più potente del solito, oppure più probabilmente la stanchezza dei quattro Pioggiosi, diede loro tutte le risposte.
Scoprirono così che i loro fini, per quanto sbagliate fossero le azioni compiute, erano ben motivati. La guerra dilaniava Amegakure da ormai tempo immemore. La conformazione del suo territorio e, soprattutto, la sua locazione strategica ne erano le principali cause: una piccola nazione, posta in mezzo a tre grandi potenze, ovvero Konoha, Iwa e Suna. Un’eterna lotta per il possesso di suddette terre, che facevano invano da “cuscinetto” tra le tre, era continuamente in corso. Come se ciò non bastasse, il malcontento civile stava prendendo piede, ed avrebbe condotto ben presto ad una ribellione. Ai tempi delle Grandi Guerre Ninja, come tutt’ora, queste erano le principali cause della povertà del Paese. I quattro ragazzi erano venuti a conoscenza, in un modo ancora indefinito, dei traffici internazionali di armi e, spinti dalla misera condizione sociale del loro Villaggio e, soprattutto, delle loro famiglie, decisero di assaltare suddetti carri, rubandone i carichi. Accumulando una certa quantità di armi, pensavano di venderle al mercato nero per ricavarci qualche ryo. Non avevano ancora effettivamente dato inizio a tutto questo, ma non avevano intenzione di attendere ancora per molto. Il loro intervento era stato letteralmente provvidenziale.
Denunciata la cosa al capo villaggio, che scoprirono non essere un Kage, si erano presi il resto della giornata libera. La loro licenza sarebbe durata ancora per quel sabato, poi l’indomani avrebbero ricominciato l’allenamento. E, concluso pure quello, sarebbero finalmente tornati a casa.
Probabilmente Yui ed Hikaru erano da qualche parte insieme, ma Takeshi aveva rifiutato il loro invito. Chiaramente non era geloso dell’amico, ma se solo questi avesse combinato qualcosa di strano, gli avrebbe spaccato la faccia. Come minimo. E comunque aveva un gran bisogno di stare da solo, doveva riflettere, doveva trovare la risposta a quelle domande ancora irrisolte.
Mentre per l’infinitesima volta si crogiolava nei suoi dubbi, un’inaspettata voce disturbò i suoi pensieri, facendolo sussultare.

Ah, ecco dov’eri. Che ci fai qui solo soletto? Non dovresti essere con i ragazzi?


Sua madre, Fuhiko, era apparsa dal nulla e stava appollaiata su uno dei rami di quell’enorme albero. Ebbe la tentazione di risponderle di andarsene, di lasciarlo solo, ma si convinse che era pur sempre la sua genitrice, aveva tutto il diritto di rendersi partecipe di ciò che turbava il figlio. Magari lei avrebbe potuto aiutarlo a giungere alla fine di quell’intricato labirinto. Ne dubitava, comunque. Non sapeva nemmeno da quanto tempo si trovava in quello stato, ma era sicuramente molto. Gli faceva male anche la testa. Forse aveva usato troppo il cervello.

Sto pensando. Rifletto su quello che è accaduto ieri, durante il duello, e tento di trovarne la causa. Fin’ora, comunque, i miei sforzi sono stati vani.


La chuunin assunse un’espressione scura, un leggero sorriso amaro le incrinò le labbra. La sentì prendere un bel respiro, poi la vide atterrare dolcemente sul prato. Lo fissò dritto negli occhi. Avrebbe dovuto rivelargli tutto. Quale momento migliore, se non quello?

Takeshi, è giunto il momento che compia quello che avrei dovuto fare anni fa. Ti racconterò la storia della mia famiglia.


Questa frase lo incuriosì non poco. Che cosa sapeva lei di così importante da averglielo tenuto nascosto per sedici anni?E soprattutto che arcana storia avrebbe mai avuto alle spalle? L’incombente racconto lo attirava molto, ma allo stesso tempo lo temeva. Aveva come un presentimento. Stava per venire a conoscenza di qualcosa di grande, una rivelazione che avrebbe cambiato la sua vita. Era come contenuta in un libro vecchio e polveroso, riposto accuratamente in una libreria. Non in uno scomparto segreto, badate bene. Si sentiva come se l’avesse avuta lì, in bella vista, per tutto questo tempo, e non vi aveva mai fatto caso. Non aveva mai avuto la tentazione di aprire quel volume.
Il rumore dell’incessante pioggia assunse, in quel frangente, un effetto rilassante sul genin, alimentando la sua attenzione.

Vent’anni fa, ovunque infuriava la Terza Grande Guerra Ninja, come dovresti aver appreso dai libri. Tre grandi potenze mondiali - Konoha, Suna, ed Iwa - erano in continua lotta tra loro. Poco si sa dei fini politici di quest’atrocità, ma si è comunque sicuri che si trattasse di espansioni territoriali. Come è emerso dall’interrogatorio di ieri, questo Paese era importantissimo. La posizione strategica di questa Terra di Nessuno - ed è così, poiché non ha nemmeno un nome - era di estremo interesse bellico a tutte e tre le fazioni in lotta. E così, gli scontri su questo territorio si abbattevano come la pioggia che adesso cade dal cielo. Sanguinose battaglie imperversavano continuamente, spesso anche all’interno o nelle vicinanze di piccoli agglomerati urbani, abitati da persone terrorizzate che nulla c’entravano con essa. E ogni volta producevano morti su morti. Il destino di Ame era soccombere dinnanzi a questa guerra esterna al proprio volere, ma estremamente vicina ad esso. Il Fato aveva deciso di sterminare questo luogo. Gli abitanti non potevano più tollerare altre sofferenze, altro dolore. Continuavano a perdere conoscenti, amici, parenti, senza nemmeno opporre resistenza. Fu così che una notte i consiglieri si radunarono segretamente in assemblea. Fu una lunga riunione, ma aveva un unico scopo: porre fine a tutto questo. Venne presa in considerazione ogni possibile soluzione e discussa ampiamente, così si diceva. Dopo svariate ore, si giunse all’approvazione unanime. Tutti i leader della Pioggia avevano concluso che restare a guardare non avrebbe fruttato nulla, così come tentare di parlamentare. Decisero di radunare tutte le forze militari di cui disponevano. Persino i genin vennero arruolati nell’esercito. Tentarono di opporre resistenza, ma dopo qualche mese le truppe furono sbaragliate. Non poteva che essere altrimenti, comunque: stavano sfidando tre delle più potenti nazioni del mondo degli shinobi.


Le orecchie del ragazzo erano tese, la sua fervida immaginazione già stava ricreando gli ambienti descritti da quel racconto, i combattimenti, gli onnipresenti morti di qualunque nazione.
Ogni tanto, un lampo accecante illuminava la buia zona ove avevano trovato riparo e, subito dopo, veniva sostituito da un potente tuono. Quell’atmosfera sembrava accentuare ancor di più la triste storia, rendendola più viva.
Ma c’era qualcosa che non gli quadrava. La narratrice era in qualche modo toccata da quello che diceva. Gli parve molto strano che durante tutto questo tempo, ancora non si era arrivati alla parte che gli interessava. Decise di interromperla, per porre quella domanda che gli baluginava in testa.

Un attimo.. Non doveva essere la storia della tua famiglia? Mi sembra più la cronaca degli eventi che si abbatterono su questo Paese.


Un nuovo, amaro sorriso prese forma sul suo volto. Le mani della donna si diressero dietro la testa e, dopo qualche movimento, si tolse il coprifronte.

Vedi questo simbolo, Takeshi? E’ di Kiri, ovviamente. Questo coprifronte mi è stato donato dal Mizukage in persona quando mi insignirono della carica di Chuunin della Nebbia. Ma non è stato, per così dire, l’unico emblema che ho portato durante la mia carriera di kunoichi. Originariamente, esso aveva quattro bande verticali.
La terra dove ci troviamo ora, Takeshi, Amegakure, è il mio Villaggio natale.
Sì. La mia famiglia ha origini in questo Paese. Tutto quello che ti ho narrato poco fa, io l’ho vissuto in prima persona.


Sgranò gli occhi. Provò un’infinita compassione per sua madre. Il dolore che il ragazzo aveva provato con la perdita del padre, lei ci era già passata molte volte, con tutte le vittime che quella guerra aveva mietuto. Sicuramente tra loro dovevano esserci anche molti suoi cari.

Tra quei genin che lottavano duramente, giorno dopo giorno, c’ero anch’io. E anche i tuoi nonni facevano parte della Resistenza. Erano dei ninja fortissimi, almeno per come li vedevo io. Mia madre, poi, era una promessa. La sua Abilità Innata era una delle più potenti, poiché la sapeva padroneggiare al meglio. Gli Anziani mi vedevano come la sua degna erede, credevano che un giorno anch’io sarei stata in grado di giungere al suo livello, forse addirittura superarla. Io mi allenavo duramente, ottenevo qualche vano risultato, ma non riuscivo mai a risvegliare completamente quella Kekkai. Ma ero tenace, non mi arrendevo.
Intanto la guerra continuava. Un giorno assaltammo una delle basi di Iwagakure, per conquistare quel territorio che era nostro di diritto. Contavamo sull’effetto sorpresa, ma ci sbagliavamo di grosso. Fu una strage totale: perdemmo su tutti i fronti. Centinaia di valorosi shinobi perirono durante quella maledetta battaglia. Tra loro c’erano anche i miei genitori.
Io invece mi salvai per miracolo. Mi medicarono, guarii, ed ero pronta a tornare a combattere, così dicevano. Ma io non volevo, non potevo farlo. Non dopo aver visto mia madre e mio padre morire davanti ai miei occhi. Desideravo andarmene da quel luogo che per me, come per molti altri, odorava soltanto di morte. Così mi unii ad un gruppo di profughi e partii, lasciandomi alle spalle tutto questo. La mia destinazione fu Kiri, poiché era agli antipodi della mia terra. Avevo quattordici anni. Per un periodo servii il mio nuovo Paese, tanto che ottenni la carica di Chuunin. Continuai ad allenarmi, ero decisa ad apprendere la stessa Innata di mia madre, quella che l’aveva resa tanto forte.
Ma non ce la feci mai. Anzi, i miei risultati pian piano regredirono. Probabilmente fu una conseguenza dello shock. Quando nascesti tu, abbandonai definitivamente la carriera ninja.
Ti ho tenuto nascosto questa storia per tutti questi anni per un solo motivo: non volevo che anche tu t'illudessi di poter apprendere la sua.. la mia Abilità Innata.
Non avrei mai pensato che tu, un giorno, saresti stato capace di ottenere un risultato che io avevo soltanto sfiorato. Mai avrei immaginato che tu fossi in grado di risvegliare quella Kekkai che pensavo essersi estinta per sempre.


Che storia commovente, fu il primo pensiero del Fujiwara quando Fuhiko terminò il racconto. Ci mise un attimo a comprendere che la risposta a quelle domande che tanto l’avevano turbato quella mattina era arrivata. Ora tutto ciò che voleva era adempiere all’obiettivo in cui la donna che aveva di fronte aveva fallito. Ma capì che avrebbe dovuto lavorare con le proprie forze. Non avrebbe mai trovato il coraggio di chiederle di iniziarlo a quell’arte, la Manipolazione degli Origami. Non dopo aver saputo quanto aveva sofferto. Per nulla al mondo avrebbe voluto che quella sua richiesta la rendesse ancora più infelice.

¬ Status ¬ Takeshi Fujiwara ¬Grado: Genin
Energia: Gialla
Chakra: 100/100
Condizione Mentale: Decisamente Stupito
Condizione Fisica:
Ustioni Medio-Leggere sulla schiena
Ferite Medio-Leggere sulla guancia destra e sullo sterno

Consumi: //
Recuperi: //
Tecniche Utilizzate: //

¬ Equipaggiamento Svelato ¬
Wakizashi [x1]
Sfera Flash [x1] [Utilizzata]
Bomba Scoppiettante [x1] [Utilizzata]
Carta Bomba [x1] [Utilizzata]
 
Top
9 replies since 24/9/2009, 20:54   260 views
  Share