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Narrato
Pensato
Vagavo per quelle strade buie, come sempre d'altronde, ero solo, l'unica anima presente in quella notte arcana, diretto verso un luogo indefinito, non chiaro neanche nella mia mente. Ogni passo risuonava, nel freddo aere, come le campane di una chiesa, rimbombanti e sempre con il medesimo ritmo. Ad essi si alternavano sospiri sommessi e faticosi, quelli di un uomo stanco di vivere, che soffre per ogni emissione di aria, e che desidererebbe che quest'ultima fosse quella cruciale, quella definitiva. Il mio desiderio era pura utopia, purtroppo era impossibile, a causa delle mie prestanti condizioni fisiche, che la mia vita sarebbe giunta al termine per cause naturali, allora decisi di provvedere attraverso diversi mezzi.
"Che fare di questa esistenza priva di taluno significato, ormai misera! Non riesco più a condurre questa sporca vita!".
Subito portai la mano destra dietro la schiena ed afferrai un kunai, pochi secondi, e con vigore affondai quell'arma acuminata al centro del torace. Un gemito di dolore fuoriuscì dalla mia bocca, e con flemma portai il palmo su quella ferita appena aperta.
"Sangue, ho convissuto con esso da anni, e sono destinato a morirci assieme!".
Caddi in ginocchio, stavo perdendo le forze, quella ferita era mortale, allora con celerità affondai la lama in entrambi gli occhi, prima su quello destro, poi sul sinistro.
"Non vedo più nulla, la notte ha offuscato la mia mente".
Pochi minuti e caddi, sdraiato sul freddo terreno, divenendo parte integrante di quell'oscurità a cui tanto era vicino, e a cui tanto bramavo unirmi.
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