Foschia: un insieme di goccioline microscopiche sospese nell'aere, come un piccolo esercito acquatico che vaga nei cieli. Kiri era abituata alla loro presenza e, quasi ogni mattina, si svegliava sotto il sua freddo ed accogliente sguardo. Il Villaggio della Nebbia era ospitale solo per i suoi abitanti. Essi la ritenevano caratteristica ed unica ed arrivavano quasi ad odiare i paesaggi, assolati ed illuminati ,dalla Sfera infuocata che la Terra ammira rototraslando attorno ad essa. In quel paesaggio, Akihiro, sentiva un vuoto dentro. Un ninja del suo calibro e della sua spietatezza non riusciva ad ottenere ciò che voleva. Era stato più volte richiamato dall'Amministrazione del Villaggio per la sua violenza incontrollata. Missioni apparentemente tranquille finite in un bagno di sangue; allenamenti terminati in tragedia. Il Consiglio era stufo di quel ragazzo. La causa, a detta sua, era il suo tediarsi. Non sopportava la tranquillità con cui si affrontavano le cose. I Ninja erano macchine da guerra, viventi solo per la causa bellica. Non esisteva la diplomazia, ma solo la forza di poter soggiogare il prossimo. La sua filosofia lo portò alla solitudine, nonostante abitasse in un paese famoso per l'attitudine dei suoi abitanti al combattimento. Quel ragazzo alto e biondo, dai lineamenti quasi perfetti, camminava spedito sul sentiero ad Ovest del Villaggio. Insieme a lui vi era, Renji, suo fidato ed unico compagno. Akihiro indossava una calzamaglia nera che gli avvolgeva interamente il corpo. La parte superiore era rivestita dal classico giubbotto Chuunin di color grigio, mentre l'inferiore da un paio di pantaloni scuri. Teneva allacciata, dietro la schiena, tramite una cinghia di cuoio, la sua giara colma d'acqua; mentre in vita custodiva la Katana. Sul braccio sinistro, in bella vista, luccicava la placca metallica del coprifronte di Kiri. Renji, invece, era completamente avvolto da una mantella scura. Il ragazzo era palesemente scocciato, lo si vedeva dai suoi continui spasmi. Si passava nervosamente, ogni trenta secondi, la mano tra i capelli dorati. Dopo alcuni istanti giunsero in un piccolo spiazzo ai confini di una fitta foresta. Alla loro sinistra giaceva un piccolo laghetto.
* Renji, quanto cazzo ci impiegano i tuoi uomini a portare qui la feccia della gerarchia ninaj? Non ho tutta la giornata. Voglio finire in fretta questa buffonata. *
Pronunciò quelle parole adirato, tanto da scagliare lontano, per qualche metro, un masso nelle sue vicinanze. Il suo assistente si spostò impaurito e lo rassicurò sulla breve durata di quell'attesa. Il Consiglio aveva affidato ad Akihiro l'ingrato compito di testare le capacità delle nuove reclute di Kiri. Egli, contrariato, ottenne il permesso di addestrarle al di fuori dell'Accademia, con la promessa di non farle morire, per quanto gli fosse stato possibile. Le stavano aspettando in quel luogo tenebroso. Alcuni emissari di Renji erano andate a convocarle e lì, su due piedi, avrebbero dovuto accettare quell'improvvisa esercitazione. Un requisito fondamentale per essere ninja era quello di farsi trovare sempre pronti, in ogni evenienza. L'invito, così improvviso, sarebbe stato una sorta di primo test. Solamente i più scaltri e sicuri di sè avrebbero accettato quella sfida. Ogni emissario, completamente avvolto da una mantella nera chiusa da un medaglione dorato e con il volto quasi intermente coperto da un cappuccio, avrebbe consegnato una comunicazione scritta, con una descrizione poco dettagliata di ciò a cui sarebbero andati incontro; inoltre li avrebbero anche accompagnati in quel luogo oscuro. Per convincerli gli sarebbe bastato conoscere il nome del loro sensei, famoso in tutto il Villaggio. Gli studenti sarebbero sobbalzati al solo leggere il luogo in cui avrebbero svolto l'addestramento: La Foresta della Morte, uno dei posti più pericolosi del Paese dell'Acqua. L'appuntamento era al suo ingresso, vicino il lago Kerei, per le otto in punto.
/ Quelle nullità se la faranno sotto. Meglio così, se nessuno si presenterà non sarà un mio problema e potrò tornare a svolgere i fattacci miei. /
Le reclute, lo avrebbero trovato lì, insieme a Renji. Il ragazzo avrebbe avuto uno sguardo impassibile e visibilmente contrariato per quella situazione. Si sarebbero rivolti a lui uno alla volta, dicendogli il proprio nome, l'equipaggiamento posseduto, la loro storia e qualsiasi altra cosa utile per una buona presentazione. Se si fossero dilungati troppo avrebbe scatenato la sua ira su di loro, colpendoli violentemente. Non sopportava le persone prolisse. Non avrebbe dato loro nessuna soddisfazione, sarebbe rimasto lì ad osservarli con gli occhi iniettati di sangue. L'esercitazione sarebbe stata completamente pratica e si sarebbe basata sulle relative conoscenze possedute dagli studenti. Un ghigno beffardo tracciò il suo volto, non appena si accorse che il primo malcapitato stava giungendo tra sue grinfie.