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..:: ۞ One Step Closer ۞ ::..
~ Narrato †Pensato† • Parlato
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~ Lenti e inesorabile, quei passi spargevano un fragore tumultuoso all’interno del suo animo, ognuno risuonava all’interno del suo cuore come una campana annuncia la fine del giorno lavorativo in un cupo villaggio. Il rumore dei suoi piccoli piedini che sfioravano l’erba facevano sgranare gli occhi sempre più al ragazzo, che immobile, rimaneva impalato senza nulla in mente, senza avere la minima idea di cosa fare o cosa dire. Avrebbe voluto impedire il suo avvicinarsi, arrestare il suo incedere con qualsiasi mezzo, ma non trovò alcun modo per farlo. Così, quasi danzando sulla cresta di quei fili d’erba dal verde vivido, la ragazza si apprestò a lui.
† Cosa vuole fare…?†
~ Akira era fortemente a disagio, il suo carattere aspro e superbo, aveva una doppia utilità, oltre a rappresentarne l’essenza, serviva anche ad evitare situazioni del genere, situazioni che lui stesso, ossessionato dal raggiungimento del suo obiettivo aveva deciso di precludersi ad ogni costo. La piccola ragazzina si avvicinò a lui e come nulla fossa gli prese la mano.
† Ma…†
~ Non riuscì ad opporre resistenza. Nessun nemico lo poteva nemmeno avvicinare in battaglia, figurarsi toccarlo, ma ora è stato sopraffatto dal suo nemico più grande, una ragazza. Già, le donne rappresentavano col loro spettro la incombente minaccia di distogliersi dalla sua missione vitale. Il suo temperamento gli impedì di fare qualcosa, di allungare la mano verso di lei, così lasciò che il suo arto freddo e candido come la luna venisse stretto da lei, mentre rimaneva ancora lunga il suo corpo, come se nulla stessa accadendo. Accettò quella situazione passivamente. All’interno di lui però la passività aveva ceduto il passo ad una sensazione tanto forte da non poter essere imprigionata e rimossa. Al momento del contatto, fu come se il mondo che i suoi occhi azzurri vedevano grigio e atono, si fosse colorati di sgargianti colori caldi e vivi. Una sensazione terrificante, per lui. Sentì il suo animo quasi scosso da un terremoto interiore: non aveva un contatto con una donna da più di un anno, e lo aveva scelto con audacia e decisione. Ma ora non era riuscito a far nulla per impedirlo. Ma quella tela colorata, impreziosita dai lucenti raggi del sole che ora era tornato a splendere e baciava con la sua incandescente luce i loro volti, permaneva. Alzò per un secondo lo sguardo, nonostante avesse costantemente tenuto il capo chino al suolo fino a quell’istante. Il volto di quella ragazza comunicava dolcezza come le sue parole, e i suoi occhi erano addirittura più espressivi di quelli da lui posseduti. I suoi capelli lisci come seta pareva accarezzarle amorevolmente la fronte, mentre qualche raggio di luce scherzava insinuandosi fra di essi. La ragazza si presentò, il suo nome era Miwako Hyuga, a quanto pare aveva natali Konohani, infatti quel cognome era più che eloquente: era una discendente di uno dei clan più noti al villaggio. Poi, sorrise. Una lama fredda e acuminata penetrò nel cuore del ragazzo, il cui cuore pareva ora essersi risvegliato e piangere lacrime insanguinate. Come era riuscita ad avvicinarlo? Perché lui lo aveva permesso? Cercava di darsi una risposta a quelle domande, ma il cervello era solo atto a percepire gli impulsi proveniente dai suoi occhi: il quadro variopinto dipinto dalla ragazzo sulle sue iridi si arricchì di nuovi e brillanti colori. Quel sorriso dolce e non stupido, aggraziato e non ridereccio, pareva illuminare la zona più del sole. Perché sorrideva? Cosa c’era da sorridere? Era forse diventata tanto innocuo da non far percepire a le la minaccia che avrebbe potuto rappresentare. Akira lasciò che i suoi occhi azzurri penetrassero quelli dal color violetto della Hyuga. Gli uni si specchiarono negli altri,componendo un’armonia dalle cromie accese e sublimi e dal suono melodioso, fin troppo. Si sentì smarrito, e di colpo lei lasciò la sua mano. Tutto ciò che aveva fatto era astato prendere un po’ della sua dolcezza, risucchiargli parte della linfa vitale che lei aveva, rimanendo passivo, immobile, ma godendo di quelle emozioni pur non volendo. Quando il contatto svanì la tela che i suoi occhi rispediva ai nervi era intrisa di un grigio acromatico, triste e cupa come prima, con solo qualche sprazzo di colore, lasciato dal ricordo ancora fresco del calore della sua manina che stringeva quella del ragazzo. Non ebbe il tempo di dir nulla che la ragazza gli pose un’altra domanda: gli domandò come avesse fatto ad indovinare la sua provenienza: Akira trovò uno spazio libero per poter dimenticare quelle sensazioni che odiava provare e si gettò in essa a capofitto, rispondendo dopo pochi istanti, con voce cupa e apparentemente impassibile.
• Mettiamola così…Siamo più simili di quel che sembra… •
~ In effetti esteticamente erano due persone differenti, troppo. L’uno dal portamento fiero e dall’estetica appariscente, l’altra dal portamento femminile e delicato e dall’estetica dolce ma non appariscente. Però nonostante la conoscesse solo da alcuni istanti, sapeva già qualcosa di lei: il loro rapporto era cominciato con una cosa in comune, l’appartenenza a Kiri, qualcosa che in un momento come quello dove i due non avevano nulla su cui confrontarsi, non conoscevano nulla l’uno dell’altro, parve rappresentare una fonte di luce di inestimabile valore che risplendeva nell’oscurità dell’animo dell’Uchiha.
• Io mi chia… •
~ Non fece però nemmeno in tempo a risponderle, a pronunciare il suo nome, che non aveva intenzione comunque di dirle, che una situazione complessa si era delineata all’orizzonte. Avrebbe avuto intenzione di darle un nome falso, in modo che non lo potesse mai più trovare né potesse capire che si trattasse di lui quando la gente bisbigliava per le strade di Konoha. Ma quella sua volontà fu arrestata. I due erano di fronte uno all’altro, ma alle spalle di Miwako tre shinobi con il coprifronte del villaggio della pioggia estrassero dei kunai. Parevano aver ascoltato la loro conversazione ed essersi appostati lì per poterli coglier ed isopresa e rubar loro soldi e armi. Akira, con i suoi riflessi notò tutto in anticipo e prima di agire ebbe un pensiero.
† Non voglio che lo veda…†
~ Si riferiva allo Sharingan. Non avrebbe voluto che vedesse quegli occhi, che ne rimanesse traumatizzato o che peggio ancora capisse chi lui fosse, tanto famoso quan’era. Se avesse attivato il doujutsu davanti a lei sicuramente avrebbe recuperato i suoi pregiudizi o forse no, ma non voleva correre il rischio. Non si capacitava del perché si prendesse tanta cura del giudizio di quella ragazza quando ignorava quello di tutti, ma tant’era. Non v’era però più tempo di pensare, doveva agire. Con la mano sinistra ruppe la sua immobilità e tirò a sé la ragazza stringendosela al petto tenendola per i capelli con una presa non troppo forte. Con la destra in contemporanea estrasse la katana legata dietro la spalla e la portò dietro alle spalle della ragazza deviando il kunai. Lei ,che non si era accorta di nulla, avrebbe forse pensato che stesse provando a ucciderla ma se si fosse dimenata avrebbe accresciuto la forza della sua presa. In ogni caso no navrebbe potuto fare più di tanto, considerando la spropositata velocità dell’uchiha. Era incredibile come pochi secondi prima fosse incapace di muoversi e paresse piantato al suolo, e ora invece si esibisse in gesti quanto repentini quanto decisi. Il sangue del guerriero scorreva nel suo cuore, nelle sue vene, il sangue degli Uchiha. Non c’era nulla che si potesse fare. Un attimo dopo attivò il suo sharingan guardando verso i tre uomini, che spaventati, quasi impalati per il timore, recuperarono la forza dei nervi necessaria a scappare.
Ma quello è….
Muoviti, diamocela a gambe finchè possiamo!
~ Aveva scongiurato l’ipotesi che lei vedesse il suo Sharingan, così una volta disattivatolo, la lasciò libera consentendole di girarsi e notare il perché dei suoi gesti, mentre lui riponeva con flemma la sua katana nel prezioso fodero di colore rosso fuoco. Solo in quell’istante di distensione, passata la tensione per l’attacco, notò che l’aveva stretta a sé, così, terribilmente impaurito e imbarazzato, decise di allontanarsi per insitnto, senza volerlo, ma quasi mosso dal suo animo che aveva rifutato ogni tipo di legame. Poteva ancora sentire il calore del suo corpicino sul suoe la cosa lo turbava. Gli voltò le spalle, e dopo aver fatto un passo in avanti, non per andar via ma per allontanarsi da lei, le rispose alla domanda precedente.
• Io comunque sono Akira… •
~ Le parole uscirono lente dalle sue rosee labbra come se ognuna di esse pesasse un macigno per il suo cuore. Le aveva persino detto il suo nome, benché si fosse proposto di non farlo con tanto vigore in precedenza. Non sapeva il perché e non voleva nemmeno saperlo.
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