| ~Tom |
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Chapter One : My Dream
Nevica… Era notte. Il buio oscurava tutto attorno a me, e leggeri soffi di vento mi facevano rabbrividire. Camminavo lungo un sentiero diritto davanti a me, e mi guardavo di tanto in tanto in giro. Iniziai ad avere paura, non sapevo dove andavo né cosa stavo affrontando. Strinsi i pugni più forte che potei, e rimasi in guardia. Una minuta figura era appena apparsa davanti a me, senza paura, e si era accesa un sorriso. Era una bambina, piccola, di circa quattro anni. Mi rilassai un attimo e sciolsi i pugni, restando a guardia scoperta. Poi di nuovo il nulla, e l’acqua che mi assaliva, che mi toglieva il respiro. Sentivo i polmoni pieni d’acqua, non riuscivo a respirare. Cercavo di sputare fuori tutto il liquido cristallino, ma ogni sforzo era vano. Di nuovo il nulla, il buio, e la figura della bambina che se ne andava sorridente, contenta.
[…]
La neve cadeva incessantemente da qualche giorno. Ormai quasi tutta la nazione era ricoperta da batuffoli bianchi fin troppo soffici. Non faceva troppo freddo, o almeno non per i miei gusti. Ero abituato ad ambienti gelidi, dove le fonti di calore erano quasi completamente assenti. Mi alzai di scatto dal letto e iniziai a respirare affannosamente. Cercai di capire ancora una volta cosa era successo. Da diversi giorni quell’incubo ricorrente mi angosciava, mi torturava. Ero al limite della pazzia. Mi lavai velocemente e uscii da casa senza una meta. Dovevo solamente scacciare quell’ossessione dalla testa, e pensare a qualcos’altro. Camminai senza sosta per diverse ore, pensando a ogni minimo particolare che mi poteva essere sfuggito. Mi soffermai un attimo a guardare il ceruleo empireo.
«Ah? Evidentemente ho perso ancora la cognizione del tempo». Pensai tra me e me.
Posai gli occhi sulla neve sotto di me, e mi accorsi di una bambina di circa quattro anni. Aveva il viso pallido e i capelli neri e unti. Appena mi vide gli si allargò un sorriso sulla faccia e poi scappò via nella neve. La cercai di rincorrere per qualche metro, e la trovai accovacciata su una piccola pozzetta d’acqua, giocherellandoci. Mi sorpresi quando immergendo il suo dito minuto e scheletrico, iniziò a ghiacciarsi.
“ Dovevo avere circa quattro o cinque anni. Me ne stavo seduto sulla riva del fiume ad aspettare i miei genitori, o quello che erano all’ora. Stavo giocando con l’acqua, schizzando ai pesci, quando una goccia di grandi dimensioni iniziò a galleggiare a mezz’aria sul palmo della mia mano. Ero sorpreso e felice. Mi faceva sentire un bambino felice e sprizzante di gioia. Non credevo che quello, invece di essere un dono, era una maledizione. ”
Tornai a casa con un viso scavato, impaurito e sorpreso. Avevo compreso sfortunatamente ciò che il sogno mi voleva dire, e non sapevo se ero pronto ad accettarlo. Non mi era mai saltato in mente di possedere una specialità innata. Mi tolsi di dosso i vestiti bagnati dalla neve e buttai su una poltrona a pensare. Avrei dovuto affinare questa nuova abilità, e magari trarne profitto. Andai a letto dopo aver mangiato abbondantemente e mi persi ancora una volta all’interno della mia ossessione. Notai meglio particolari che in precedenza avevo tralasciato, e piccole differenze da dopo l’incontro con la ragazzina. Mi alzai sudato dal letto, come sempre ormai, e mi preparai non troppo velocemente. Mi trovai dopo poco alle cascate Seimuure, dove pochi giorni prima avevo scoperto un luogo misterioso e alquanto bizzarro. Mi spogliai di tutti gli indumenti inutili e restai solo con il pantalone lungo e nero, e la solita maschera di bende e copri fronte. Immersi le mani nell’acqua e iniziai a far fuoriuscire una leggera quantità di chakra, per vedere cosa sarebbe successo. Estrassi la mano dall’acqua, e non successe nulla.
«Devi prima attivarla la tua specialità, se no cosa credi che succeda? ».
Era una voce femminile, vellutata e dolce. Mi girai per vedere a chi apparteneva e inaspettatamente trovai una ragazza, alta, magra, bella e prosperosa. Era mora, mi sono sempre piaciute le morette, aveva due occhi castani e profondi, e un profumo inebriante. Quella che si potrebbe definire una Dea. Mi squadrava con sguardo malizioso. Rimasi a bocca aperta a guardarla, stupefatto dalla sua bellezza. Mi alzai in piedi da seduto che ero e gli allargai un sorriso.
«E… tu saresti? ». Dissi con vece leggera e tonante.
«Tu puoi chiamarmi Soi Fon, Ma non farci l’abitudine. ». Rispose con fermezza e decisione.
Gli strappai un sorriso, e infine la osservai più da vicino. Aveva una tunica nera, con rifiniture bianche, infine coperta con una veste senza maniche bianca e infine una Wakizaki posta sulla schiena orizzontalmente. Si avvicinò a me e osservò da vicino i lineamenti del mio viso. Sembrava trovarci qualcosa di divertente, fissando i miei occhi e la mia maschera.
«Dovresti toglierla… Non è educato non mostrare ad una donna un così bel faccino. ». Disse.
«Devo avvertirti giovane signora, che sono sensibile all’adulazione! ». Risposi
Avvicinai velocemente la mano alla bocca e tirai via le bende che coprivano le mie labbra tutt’altro che carnose. Scoprii i denti aguzzi e gli feci un sorriso maligno, che ebbe come risposta un altro sorriso.
«Se non ho capito male… Stai dicendo che mi aiuterai, non è così ?». Dissi.
«Ad una condizione però, dovrai essere un genio in questo allenamento, non ammetto ne fallimenti ne niente, solo la più assoluta perfezione».
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| Edited by ~Tom - 14/11/2008, 18:11
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