S Informazioni. Gira tutto intorno a chi ha più informazioni, a chi ha un bagaglio culturale maggiore, o riesce a capire chi si trova davanti in pochi semplici attimi. Sapere è potere, e chi conosce di più di solito ha la mazza più lunga. Ryosuke si era giocato bene le sue carte, aveva tastato il terreno prima di buttarsi a capofitto nel gioco, e in pochi attimi aveve scoperto molte più cose di quel ragazzo di quanto aveva potuto imparare a stretto contatto con lui in missione. Dopotutto è vero che non si conosce realmente qualcuno fino a quando non ci si combatte. Nel giro di pochi secondi si possono scoprire tutti i segretucci di una persona, i trucchetti che usa, i giocattoli che si porta dietro, tutto quanto, e quell'altro Kiriano non era certo un forziere. L'attacco del Mikawa aveva portato i suoi frutti, quello che gli interessava realmente non era certo terminare subito l'incontro, quanto meno non se lo aspettava da un ninja di Kiri. Per questo aveva mandato avanti una copia, un agnello sacrificale pronto per essere macellato al momento giusto. L'attacco frontale era stato come prevedibile quasi interamente neutralizzato con un semplice spostamento laterale, niente di troppo complesso, un paio di graffi e qualche vestito strappato erano il risultato. Il resto dell'azione aveva portato a qualcosa di interessante. Nonostante la velocità, il Koga era riuscito a proteggersi seppur marginalmente dal calcio diretto verso la sua articolazione, richiamando verso di se un'altra colonna d'acqua andata a rallentare e attutire il colpo, ugualmente pericoloso, mentre con la stessa tecnica si parò dall'attacco diretto alla gola, che questa volta non andò a segno, bloccato completamente dalla superficie cristallina. Aveva usato nuovamente il Suiton. Prevedibile. Completamente inaspettato, d'altro canto, era il modo in cui si era liberato della copia che aveva davanti. Era bastato incrociare lo sguardo del Koga, una fredda e frastagliata iride gialla come l'oro e tetra come l'abisso, per cadere vittima di quella che apparentemente sembrava una paralisi totale. Un brivido freddo percorse la schiena della copia, immobilizata in posizione di difesa, a pochi passi di distanza da quel genin della nebbia, un brivido di curiosità, interesse puramente tecnico, necessario. Nonostante fosse immobilizzato, però, quel clone continuava a svolgere il suo mestiere. Assorbiva informazioni importanti. Certo non era troppo difficile, il Koga aveva una lingua lunga e parlava fin troppo. Troppe informazioni importanti tutte insieme, il gioco era sempre più facile. Il genin della nebbia estrasse velocemente la spada, e con un movimento fluido, quasi visto al rallentatore, trafisse l'incavo tra pettorale e deltoide della copia d'ombra. Un solo attimo, il tempo di recepire un'ultima informazione, e la copia scomparve, con un ghigno sghembo stampato sul volto, in una nuvoletta di fumo.
"È ora di scoprire le carte sul tavolo"
Pensò il Chuunin della nebbia mentre iniziava a giocherellare con un Kunai appena estratto da sotto la sua casacca, ancora nascosto nell'ombra, ad osservare a distanza il suo avversario. Una volta esplosa la copia d'ombra tutte le conoscenze assorbite si riversarono nella mente del Mikawa, che rielaborava attentamente tutto ciò che era appena accaduto. Chissà come avrebbe reagito quel Koga scoprendo che l' incontro che sperava di aver appena vinto non era ancora iniziato, anzi, era stata solo una mera illusione, un trucco di magia, divertimento per gli occhi di un ragazzo annoiato.
"Utilizza prevalentemente tecniche basate sull'acqua, proprio come ci si aspetterebbe da un ninja di Kiri. Due tecniche di Suiton, attacco e difesa. Forse sarebbe meglio allontanarlo dalla riva di quel lago, lontano dal suo elemento naturale sarà meno sicuro di se stesso, e potrebbe commettere qualche errore che potrei sfruttare a mio favore. Se riuscissi a portare lo scontro sul piano fisico sarei avvantaggiato. Non ha dimostrato eccezionali doti nel taijutsu, avrebbe altrimenti evitato di ricorrere ai ninjutsu per rispondere a quei pochi attacchi diretti da parte della copia. Non sembra essere preoccupato di perdere questo scontro, anzi pare quasi che stia sottovalutando il suo avversario. Forse si ritiene persino superiore adesso che è riuscito a ferire quella copia. Se continua a lottare in quest'ottica potrebbe rendermi le cose molto più semplice del previsto. Quello che più mi preoccupa, però, è il suo sguardo. Sembra che il solo contatto visivo con i suoi occhi riesca a paralizzare chi ha davanti, e questo può rappresentare un problema. Dev'essere questo l'effetto del suo doujutsu. Sembra quasi emulare l'effetto di un genjutsu senza però l'utilizzo di illusioni a distrarre la vittima, e se fosse così potrebbero esserci delle analogie per liberarsi da quella abilità innata, forse è possibile liberarsi dalla sua stretta tramite un'intenso consumo di chakra, o uno shock fisico in grado di riportare le cose alla normalità. Entrambe le soluzioni non mi soddisfano. Sarà meglio stare attento a non incrociare il suo sguardo, e concentrarsi principalmente sugli altri sensi, almeno cosí avrò più possibilità di mantenere il controllo sul mio corpo. Inoltre dovrò stare molto attento alle ferite da taglio delle sue armi per evitare di essere contagiato dal veleno in cui sono state imbevute. Tutto sommato potrebbe rivelarsi un buon allenamento."
Attese, giusto il tempo per instillare il dubbio e l'insicurezza nel cuore di quel ragazzo, il tempo necessario a tramutare l'orgoglio in confusione. Quel ragazzo stava davvero combattendo contro qualcuno o aveva immaginato tutto? Che cosa aveva fatto fino a quel momento? Eppure i tagli che si era fatto erano veri, tangibili come l'acqua in cui aveva i piedi ammollo o la terra sotto le suole delle scarpe. Stava davvero lottando contro qualcuno, ma era davvero sicuro che era un suo paesano, un suo vecchio compagno di missione ad averlo ferito, o era stato lui stesso a ferirsi in preda alla disperazione ?
Ryosuke Mikawa rimase fermo ancora un po', in silenzio. Osservava i comportamenti del ragazzo che aveva davanti a se, ancora ignaro da dove sarebbe avvenuto l'attacco. Alle sue spalle, davanti a se, sarebbe arrivato dai lati o da sopra, oppure sarebbe sbucato fuori dal terreno, sotto di lui. La tensione aumentava, si sentiva palpabile nell'aria che stava succedendo qualcosa. Elettricità statica scorreva sotto il manto di pelle dei due ninja, pronti ad uccidersi a vicenda se solo la situazione lo avesse richiesto. Ma questa volta Ryo aveva inquadrato per bene il suo avversario, lo aveva capito, si era immedesimato in lui, e ora gli strisciava come un parassita lungo la spina dorsale, pronto a toccare il suo cercello e a giocarci a bocce. Osservava la sua preda con interesse, giocava con il cibo prima di mangiarselo. Si era trasformato in un sadico, pronto ad uccidere.
Con uno scatto fulmineo e silenziosissimo il ragazzo scese dall'albero in cui si trovava, alle spalle del ragazzo con cui aveva appena iniziato a giocare. Sarebbe sembrato un' ombra uscita dal terreno, uno spettro appena visibile ad occhio umano, fermo e scultoreo come una statua marmorea di un Dio dispettoso. Non era da lui comportarsi in questo modo, giocare al gatto e al topo con il suo avversario, farsi rincorrere, desiderare. In un certo qual modo questo rendeva a disagio una parte di lui, ma esaltava l'altra come neanche una droga avrebbe potuto mai fare.
«Sei stato bravo» attese qualche secondo «Mi avresti potuto uccidere»
Aveva aspettato di essere notato dal suo avversario prima di sibilare quelle parole, fredde e distaccate, prive di alcuno spessore, spaventose per le orecchie di chiunque. Il Mikawa non credeva realmente a quello che aveva appena detto, il Koga non si era avvicinato nemmeno lontanamente a ferirlo, figuriamoci ucciderlo, e di sicuro non lo considerava bravo date le numerose informazioni che aveva facilmente rivelato in quei brevi istanti di combattimento. Lo aveva adulato solo per gioco, per scherzo, per fargli perdere la pazienza che gli era rimasta, per renderlo vulnerabile, e poi abbatterlo, prima psicologicamente e poi fisicamente. Era stato credibile, nella sua voce niente aveva fatto credere che quelle parole pronunciate non fossero frutto della verità, e nel suo comportamente niente lasciava intendere di parlare con una persona vera. Sembrava uno specchio, un'illusione creata per confondere l'avversario, un'ombra. Che cosa avrebbe pensato quel genin? Niente lasciava credere che il Chuunin fosse realmente li dopotutto, davanti a quel ragazzino nato e cresciuto nel paese della nebbia, ad appena cinque o sei metri di distanza. Sempre immobile. Dritto come mai nessun uomo e silenzioso come la morte. Era stato attento a non fissare negli occhi il ragazzo, ma puntava i lineamenti della sua bocca, il naso, gli zigomi, attento a non farsi scoprire, abbastanza da non far capire che quello che realmente guardava il ragazzo non erano i suoi occhi, lo specchio dell'anima, ma tutto il resto.