NBA - Il lockout prosegue, Fisher si arrabbia
L'intervento del mediatore federale e tre giorni consecutivi di riunioni non sono servite per limare le discordanze per la firma del nuovo contratto collettivo: ora si rischiano altri tagli nel calendario fino a Natale. Fisher sbotta contro i proprietari, accusandoli di non voler collaborare
Tre giorni di tavola rotonda, 30 ore di contrattazioni (compresa la maratona di 16 ore di lunedì, conclusasi soltanto alle 2 di notte) ma la fumata è rimasta nera. Nonostante l'intervento del mediatore federale George Cohen, un esperto "azzeccagarbugli" che in passato ha risolto numerose controversie nei maggiori sport professionistici americani (MLS, MLB, NFL), l'associazione dei proprietari e quella dei giocatori non hanno eliminato le frizioni sui due punti principali per la sottoscrizione del nuovo contratto collettivo: 1) la ripartizione delle risorse, 2) la strutturazione del salary-cap.
RIPARTIZIONE DEI RICAVI - Come noto, i proprietari vorrebbero abbassare la quota destinata ai giocatori dal 57% del vecchio contratto (scaduto il 30 giugno 2011) al 46%, percentuale poi ritoccata al rialzo fino al 50%. I giocatori, di contro, non si dicono disposti a scendere sotto il 53%, pari al minimo storico nella NBA (mai i giocatori hanno ricevuto una quota minore in passato). "Ballerebbero", dunque, tre punti percentuali, che, tradotti in soldoni, fanno 120 milioni di dollari all'anno (1% dei ricavi = 40 milioni di dollari).
SALARY-CAP - Inizialmente i proprietari avevano proposto un salary-cap "hard", ricalcando il modello della NHL, quindi senza possibilità di sconfinamento sopra il tetto e senza le varie exception che rendono il sistema piuttosto flessibile. La proposta è stata bocciata dall'assogiocatori (gli stipendi avrebbero visto un taglio del 30%). I proprietari hanno allora avanzato una seconda proposta per mantenere il cap flessibile ma, contemporaneamente, inasprire la luxury-tax in caso di sconfinamento sopra il tetto e porre pesanti limitazioni alle exception contrattuali: i giocatori hanno criticato anche questa soluzione perché, rendendo più pesanti le sanzioni per gli sforamenti, è come se il cap flessibile diventasse in realtà hard.
LA LUXURY-TAX - Una piccola parentesi per precisare il concetto. Nel vecchio contratto collettivo, superata la soglia dei 10 milioni in più rispetto al cap, le franchigie erano tenute a versare alla Lega in tasse una cifra pari a quella sforata - esempio: 1 dollaro sforato = 1 dollaro di tasse. Nel range compreso fra 0 e 10 milioni, le squadre versavano il 70% della cifra sforata. La Lega ridistribuiva poi gli introiti derivanti dalla luxury-tax alle squadre più "virtuose", ossia quelle che restavano al di sotto del cap (per intenderci, le squadre con mercati piccoli o quelle in ricostruzione). L'anno scorso 22 delle 30 franchigie NBA hanno chiuso in rosso: le perdite complessive sono state pari a 300 milioni di dollari.
ALTRI TAGLI SUL CALENDARIO IN VISTA - Il commissioner NBA David Stern (non presente all'ultimo giorno di tavola rotonda perché leggermente influenzato) ha già tagliato le prime due settimane di regular-season spostando la opening-night al 14 novembre (100 partite eliminate e 170 milioni di dollari persi dai giocatori), ma presto opererà altre mutilazioni al calendario, probabilmente fino a Natale. Stern vorrebbe riuscire a salvare almeno i Christmas games, che tradizionalmente presentano (in diretta TV) le partite più belle della regular-season NBA: quest'anno sarà la volta del remake delle Finals della scorsa stagione fra Miami e Dallas, più le "classiche" Lakers-Chicago e New York-Boston.
LO SFOGO DI FISHER - "I proprietari non hanno mai veramente avuto l'intenzione di negoziare - ha commentato aspramente Derek Fisher, presidente dell'assogiocatori, al termine delle riunioni -. È come se avessero tirato una linea senza essere disposti a superarla. Abbiamo trascorso gli ultimi giorni a trattare per provare a trovare una soluzione e per tornare a giocare, tornare a riempire i palazzi e riportare la gente al lavoro. Ma al posto di provare a discutere è come se i proprietari ci avessero imposto un ultimatum: 'O accettate la nostra proposta del 50-50, oppure la riunione può dirsi chiusa perché non abbiamo altro da dirvi'". Al momento non è stato programmato nessun nuovo incontro nel breve periodo.
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Daniele Fantini / Eurosport