Corso KR-10, Sensei: Akihiro Hinaji/Corso Sperimentale/Portato a Termine

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Dirge
view post Posted on 30/3/2009, 23:19 by: Dirge





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~Death & Love~



Tutto buio, entro quella stanza quadrangolare la luce del sole, appena sorto nel cielo, non riusciva a filtrare in maniera adeguata tra le piccole fessure proprie della finestra. Essa illuminava all'esterno tutta l'enorme facciata della dimora, ma niente, all'interno di quella camera, si rifiutava di farci visita, facendo si che quest'ultima stonasse rispetto al resto dell'enorme struttura. Un presagio negativo, poteva sembrare un luogo maledetto, infestato da un essenza oscura che vivesse o sorvegliasse la casa stessa, di certo pura fantasia, anche se solitamente dietro ogni legenda sussiste sempre una verità. In effetti qualcosa si celava al suo interno, un uomo? Forse in apparenza poteva essere identificato così, ma lui era qualcosa di differente, non si poteva definire cosa, egli si distingueva in maniera palese dal resto della comunità. L'oscurità, il silenzio e la desolazione erano oramai caratteristiche attribuibili a quell'occulta area, e furono tali per un ingente numero di minuti, quando all'improvviso la situazione ebbe una svolta, poiché dal cuore delle tenebre presero vita due piccoli fari, affascinanti ed indecifrabili. Lanterne tinte di un azzurro chiarissimo, similari a due piccole sfere di ghiaccio, proprie di malignità e capaci di incutere timore, ma al tempo stesso così splendide da far si che chiunque si trovi a contemplarle nella loro profondità, non faccia a meno di distogliere lo sguardo da esse. Erano i miei occhi, che spalancai nel momento stesso in cui mi svegliai, purtroppo talvolta, a causa della poca filtrazione del sole nel mio covo, non mi rendevo conto di che ore fossero, essendo certo di trovarmi perpetuamente nel bel mezzo della notte. Rimasi parecchi secondi in quella posizione, senza batter ciglio, sino a quando non mi incominciò a girar la testa, e con un movimento brusco alzai il busto, trovandomi, rispetto al resto del mio corpo, in una perfetta angolatura a 90°. Passai la mano destra tra la disordinata capigliatura, ero stressato, e quei dolori al cranio stavano aumentando in maniera esorbitante, cosicché in preda alla disperazione allungai il piede sinistro verso la finestra, spalancandola infine. La luce di Apollo pervase lo spazio totalmente, e fu in quel frangente che chiusi gli occhi, quel rapido mutamento di atmosfera mi nuoceva assai, ma era indispensabile per far si che iniziassi finalmente la giornata. Girai il capo, e subito lo feci impattare con le soffici lenzuola del materasso, tutto ciò per fottuta pigrizia, insomma, non avevo voglia di smettere di oziare, quindi decisi di usufruire di ulteriori minuti di riposo. Trascorsero troppo velocemente, quasi che io non me ne accorsi, forse ero troppo intento a rilassarmi, e molto probabilmente se mi fossi cimentato a contare ogni secondo di quei minuti, con tutta probabilità mi sarei persino annoiato. Una forte spinta delle braccia fece si che il mio busto pose fine al contatto con quella superficie morbida, allora con fare flemmatico mi alzai del tutto, trovandomi in perfetta posizione eretta, quasi completamente nudo, solamente indossando delle semplici mutande nere. Non ero consapevole di che ore fossero così mi mossi verso la finestra, con l'intento di analizzare la posizione del sole, pochi passi, controllati e lenti, e mi ritrovai a sporgermi da essa. Un primo sguardo verso il basso rivelò molte case disposte l'una accanto all'altra, con veramente un esiguo numero di metri che le intervallava. Poi alzai man mano lo sguardo, e notai in lontananza una splendida pianura, ricca di fiori di molteplici generi, tutti colori diversi, che fornivano al paesaggio delle tonalità positive e colme di purezza, totalmente differenti dalle mie peculiarità personali.

“Il mondo esterno così gioioso e bello, mentre la mia vita così triste e sconsolata, anche se credo che questa felicità sia solamente pura apparenza, poiché essa in realtà non esiste, ed è solo una strada a senso unico che porta irrimediabilmente alla sofferenza! Ed è a questo punto che si contraddistinguono le persone forti da quelle deboli, chi affronterà con tenacia questo ostacolo, per poi varcarlo infine, farà automaticamente parte del primo gruppo, invece chi si arrenderà, temendolo, e sceglierà di morire piuttosto che affrontarlo diverrà parte integrante del secondo, meritandosi questa morte!”.

Rabbia, proprio questo tremendo demone mi ribolliva dentro, allora con cattiveria socchiusi nuovamente quelle porte che conducevano alla beatitudine, tornando a germogliare in quell'antro oscuro nel quale ero solito stare. Amavo le ore notturne, girovagare tra le strade e le foreste celato nelle tenebre mi forniva sicurezza e spazio per meditare. In quella maniera potevo passare indisturbato tra le genti, non recando attenzione alcuna in esse. Stare con me stesso era la cosa più rasserenante, poiché solo io mi conoscevo e sapevo come gestirmi. Inoltre solo l'idea di dovermi confrontare con menti inferiore mi recava fastidio, semmai un giorno avessi incontrato un intelletto dotato delle medesime caratteristiche del mio, non avrei esitato in nessun modo a stringere un legame con quest'ultimo. Ma ciò non sarebbe mai accaduto, ne ero fermamente convinto, quindi mi sarei limitato a continuare a percorrere la mia strada, e come da solitario avrei vissuto la mia vita, da solitario avrei preso il potere, stringendolo tra me meco. A quel punto feci una lunga sosta nel bagno, una tappa d'obbligo, poiché consideravo la pulizia una delle principali forme di rispetto per se stessi, principalmente, e per il prossimo, quindi di conseguenza tutti coloro che ritenevano tale faccenda superficiale divenivano subitamente soggetti del mio odio. Subito dopo mi avvicinai all'armadio, dalle notevoli dimensioni, posto vicino alla porta della mia stanza, poi una volta trovatomici dinanzi, con la mano destra ne spalancai un anta, mentre con la sinistra sfiorai l'interruttore della lampadina posta sul soffitto, facendo si che la stanza si animasse di un fioco barlume di luce. Afferrai tutto il mio capo d'abbigliamento, e presi ad indossarlo con esagerata lentezza, sino a quando non fui pronto per intraprendere una qualsiasi attività. Ero vestito di un completo bianco assai aderente, che mi permetteva di compiere con estrema semplicità ogni possibile movimento, mentre sopra di essa tenevo una splendida mantella nero pece, lunga sino all'altezza delle ginocchia, ed infine ai piedi indossavo dei classici sandali color marrone. Prima di uscire dalla stanza mi cadde lo sguardo sul comodino, ove si trovava al centro della superficie dura, un elastico nero, che usavo abitualmente per farmi la coda, oggetto indispensabile per domare i miei capelli. In effetti mi mancava da fare qualcosa, e questo particolare mi era del tutto sfuggito, allora lo presi e ne usufruii per lo scopo per il quale era stato creato. Fatto ciò allungai la mano destra con l'intento di abbassare la maniglia di ottone della porta, consentendomi di attraversarne l'uscio, e dopo pochi secondi mi ritrovai fuori dalla cupa camera, spegnendo infine la luce che la illuminava parzialmente. Prima di uscire di casa però dovevo assolutamente verificare le condizioni della mia madre adottiva, considerata dal sottoscritto dello stesso grado di quella naturale, anzi, persino superiore, poiché ella a differenza di quella sanguigna non mi abbandonò, ma si prese cura di me. Allora mi avvicinai, cercando di fare il minimo rumore possibile, nel luogo ove ella risiedeva, mi affacciai dalla porta semi-aperta e notai che la donna era ancora immersa nel mondo dei sogni, così sempre con cautela portai il mio busto vicino al letto ove giaceva, bloccandomi infine a contemplarla profondamente.

“Talvolta mi chiedo, mamma, il motivo per il quale tutto ciò sia dovuto accadere proprio a te, perché? Nel mondo esistono persone spregevoli e non meritevoli di nulla, anzi solamente di essere puniti severamente, che invece muoiono normalmente di vecchiaia, conducendo una vita priva di malanni e sventure. Mentre ci sono delle altre che nonostante vivano per il prossimo, vengono punite ingiustamente, questo è uno dei dilemmi che opprime la mia mente oramai da anni. Forse quell'essenza definita divina, che si narra sorvegli dall'alto ogni nostra azione, sia dalla parte della feccia? Spero che ciò non sia vero, e che tutti i privilegi che essa offre a quella gente da me tanto odiata, derivino solamente dal Fato, altrimenti io prometto solennemente che in qualsiasi maniera porrò fine a tutto ciò. Sono consapevole che un Dio non potrei ma abbatterlo, a meno che io non mi elevi al suo medesimo grado, tuttavia sarei disposto ad uccidere tutta la malavita che egli tanto salvaguarda, costringendolo infine a concedere i suoi “doni” per il resto della moltitudine, oramai composta solamente da gente meritevole”.

Una riflessione che proveniva direttamente dal mio cuore, e soprattutto motivata dalla visione di quella donna, posta dinanzi i miei occhi. Ora dormiva, ma quotidianamente si trovava sempre sdraiata nel suo letto, paralizzata, e continuamente affetta da dolori che la facevano soffrire in maniera atroce, e questo oltre che danneggiare lei, naturalmente, provavano ingente sofferenza entro me. I miei occhi di ghiaccio la scrutavano con intensità, mentre con la mano sinistra le sfiorai delicatamente il viso, era così indifesa, non avrei permesso mai a nessuno di farle del male, l'avrei accudita proprio come lei aveva fatto con me tempo addietro. Dopo poco interruppi il mio accarezzare, indirizzando la mia mano sulla sua fronte, era calda, con tutta probabilità nonostante stesse dormendo profondamente, la sua sofferenza continuava imperterrita, lasciandola senza tregua neanche per pochi secondi, tenendola costantemente nella sua presa. Mi sentivo impotente, non sapevo cosa avrei potuto fare per aiutarla, anche se in realtà sussisteva un'unica soluzione, ucciderla per non farle più patire quella tortura.

“A questo punto temo sia la decisione più saggia, non per me, ma per lei, io non posso più sopportare che lei soffra ingiustamente, sono certo che avrebbe fatto lo stesso per me!”.

Altri secondi di meditazione, e finalmente mi decisi, il momento della cessazione del suo infinito dolore era arrivato. Portai la mano destra dietro la mia schiena, adagiandola sulla sacca porta-oggetti, ulteriori due secondi e con lentezza afferrai due kunai, i mezzi per condurre alla salvezza quella povera anima. Sempre secondi, più lenti che mai trascorrevano, e adesso le armi acuminate delle due armi si trovavano rispettivamente ad un centimetro dal collo della creatura, mentre l'altra a quarantacinque centimetri dal petto, indirizzata precisamente al suo cuore. In quegli attimi la mia fronte grondò di sudore, facendo si che quest'ultimo bagnasse appena la veste della vittima, mentre i miei occhi incominciarono a divenire lucidi, sensazioni mai provate precedentemente, e che molto probabilmente sarebbero capitate in quell'unica circostanza.

“Considera questo gesto il mio dono, mamma, come riconoscimento per tutto ciò che hai fatto per me! Addio”.

Affondai con violenza le lame nella sua fragile carne, e da questa ne fuoriuscì qualche schizzo di sangue, ma non molto, grazie ai colpi secchi inferti. Le mie lacrime si impastarono con il sangue della donna, era tutto finito. Adesso però oltre che salvaguardare la felicità di ella, dovevo pensare a far si che questa vicenda regnasse per sempre nell'oscurità, di modo che nessuno, oltre a me, venisse a conoscenza dell'accaduto. Allora con celerità mi recai nuovamente nel bagno, mi lavai le mani e accuratamente eliminai ogni traccia di sangue dalle armi che avevo adoperato in antecedenza, per poi tornare dinanzi al corpo della mia tutrice. Portai avanti entrambe le braccia, con fermezza, insinuandole sotto il lenzuolo sporco di quel liquido vermiglio, ponendo la mano destra sotto il suo collo, e conducendo la sinistra sotto le ginocchia, avendo così una presa forte e sicura. Non mi affaticai affatto durante la fase di sollevamento, dato il suo peso decisamente inferiore in proporzione alla mia potenza fisica, anche se questo particolare era trascurabile, poiché anche nel caso contrario lo sforzo fisico sarebbe stato l'ultimo pensiero che avrebbe percorso la mia mente in quegli attimi. Attraversai con ella, cullata tra le mie braccia, tutta la stanza, giungendo nel corridoio, esso era lungo, e caratterizzato da un grande numero di quadri, ognuno proprio di un diverso significato, fissati alle pareti circostanti. Un bel numero di secondi e mi trovai a scendere le scale in legno, per poi giungere al piano sottostante, diretto verso una porta che conduceva direttamente al giardino della casa. Attraversai l'uscio di questa e con cautela giunsi al centro dell'immenso prato, adagiando con estrema accuratezza il corpo di mia madre a terra. I miei occhi indugiarono su di lei per un tempo indeterminato, sino a quando mi voltai e mi diressi verso una sorta di capanno degli attrezzi, che mi equipaggio di una tanica contenente liquido infiammabile e di un fiammifero, l'ultimo della scatola che lo conteneva. Passi pesanti mi trasportarono nuovamente dinanzi quel corpo privo di vita, prima abitato da un anima gentile e premurosa, che tutt'ora regnava nel regno dei cieli. Non serbavo nessun rimpianto, non mi sentivo colpevole di aver ucciso mia madre e di star per bruciare ogni piccolo frammento di carne del suo corpo, questo perché ero convinto di aver fatto un'azione giusta, e tutt'ora quella sagoma priva di vita alcuna non apparteneva più a lei, ma solo alla terra, quindi l'atto che ero in procinto di fare non aveva niente a che fare con lo spirito della donna. Quel gesto poteva essere considerato una sorta di chiave della liberazione della sua anima, avevo aperto quel lucchetto che teneva chiusa quella prigione in cui viveva, adesso era libera di volare e di sognare, ma soprattutto di vivere. Non mi perdetti in ulteriori attimi e con fermezza la bagnai del tutto di quel liquido dalle origini a me ignote, poi quando la tanica fu del tutto privo di un contenuto, accesi il fiammifero, lanciandolo sul petto dell'infelice. Appena giunse ad un centimetro dalla destinazione, un bagliore vermiglio si erse dalle sue membra, rendendola dopo neanche un secondo una torcia bollente. Da quel falò nacquero piccole folate di fumo, che con continuità salirono verso l'alto, dissolvendosi all'esigua altezza di quattro metri. Fui fortunato, poiché in tal modo nessuno si poteva accorgere dell'imminente rogo, soprattutto in un orario simile. I miei occhi, immobili a contemplare quello spettacolo, brillarono del riflesso delle fiamme, e da questi non uscì neanche una lacrima, ero completamente insensibile alla scena che mi si presentò di fronte. Non provavo dispiacere e dolore, ma dentro me stavo covando una nuova voglia, una nuova sensazione, avevo il desiderio di provare ancora il brivido di osservare la morte da vicino, ma soprattuto di essere il fautore di questa. Adesso anche quel piccolo spazio di affetto che occupò la mia madre adottiva entro il mio cuore si dissolse, e l'amore per il mio ego ne prese il posto, chissà se un giorno un'altra figura femminile sarebbe riuscita a varcare le porte del mio cuore, ancora una volta. Comunque se ciò fosse successo ella avrebbe goduto della mia protezione sino al momento della mia morte. Probabilmente ebbi la voglia di sottrarre la vita ad altre persone perché il Fato la strappò all'unica persona a me cara, e ipoteticamente la mia psiche malsana aveva la voglia di uccidere i parenti altrui per far patire dolore anche ad essi, facendogli provare di conseguenza le stesse emozioni che provai io stesso. Una sorta di vendetta? Forse, ma non era solo questo. Sussisterebbe anche un altra spiegazione, si è consapevoli che dal momento in cui la donna si ammalò, incominciai a prendere vie diverse dal normale, chissà forse la sua morte fu la goccia che fece traboccare il vaso? Quindi una sorta di risveglio dei miei istinti, albergati entro me sino ad ora? Elaborate ponderazioni mentali fecero da intrattenimento a quell'evento poco consono che stava avvenendo in quel giardino, prima caratterizzato da una sorta di aurea pacifica, ed adesso intriso di dolore. Ecco che le fiamme incominciarono a cessar di ardere, un bagliore fioco le caratterizzava, ed il fumo incominciò a dissolversi ad un metro di altezza dalla sua origine, mentre la carne oramai si stava consumando notevolmente, lasciando il suo posto alla cenere. Nonostante tutto potevo andarmene solamente nel momento in cui il suo corpo sarebbe mutato definitivamente nella suddetta, ma di certo con quella esigua lingua di fuoco non potevo sperare che l'opera sarebbe giunta alla sua fine di li a poco, allora tornai nella capanna degli attrezzi, fornendomi nuovamente di altro liquido infiammabile, gettandolo ancora una volta sul corpo oramai logorato, facendo si che quest'ultimo riprendesse le sembianze iniziali. A questo punto pur di non rimanere nuovamente li, ad attendere che le mie intenzioni si portassero a compimento, mi diressi verso casa, ma non decisi di entrare in questa, bensì effettuai un esemplare salto, sopraggiungendo nel tetto, e sedendomi sul pizzo di esso, fermandomi ad osservare il paesaggio circostante.

“Sempre il medesimo paesaggio, nulla di nuovo, la solita noia! Ognuno di quei stolti che alberga nelle proprie case immagina che tutto vada per il meglio, che niente è cambiato davvero, ma dietro agli sfondi ambientali, apparentemente monotoni, avvengono cose che nessuno sospetta!”.

Il mio sguardo traghettò per la strada sottostante, percorrendola dall'inizio alla fine, da un lato all'altro, quando improvvisamente notai la macchia nera nel foglio bianco. Un uomo, si proprio questo, in lontananza, le cui uniche caratteristiche che riuscii a scorgere furono i suoi abiti totalmente neri, ma soprattutto notai che il suo viso era coperto da una sorta di cappuccio, che gli dava la possibilità di non farsi riconoscere. Un tipo sospetto e degno della mia più totale attenzione, era fermo, immobile, come in attesa di qualcosa o qualcuno, e ciò attirava sempre più la mia curiosità e la voglia di approfondire la faccenda. Allora mi sollevai e con un rapido scatto mi riportai dinanzi il corpo della donna, oramai inesistente, ma ridotto in un grande cumulo di cenere.

“Ora sei veramente libera!”.

Decisi di non provvedere a rimuovere quei granellini disposti in maniera casuale a terra, ma di lasciar che essi fossero trasportati via dal vento, veleggiando nell'aria, disperdendosi man mano. Un ulteriore scatto eseguito con celerità mi portò a sostare accanto alla staccionata del giardino della mia dimora, ad adeguata vicinanza dallo straniero dalle incerte intenzioni. Ero intento a sbirciarlo da un buco della costruzione di legno, un ottimo modo per studiarlo con accuratezza da più vicino.

“Niente, neanche un parziale movimento, ma che sta facendo! Questa storia non mi convince, ragion di più perché si trova dinanzi le mie mura!”.

Allora con la coda dell'occhio sinistro diedi un ultimo sguardo sfuggente alla piccola area ove poc'anzi ardevano le membra di mia madre, e subito con un salto felino, mi sedetti al di sopra del costrutto in legno, a sette metri all'incirca dalla figura mascherata, onde evitare attacchi improvvisi, nel caso quest'ultimo fosse male intenzionato, anche se molto probabilmente, se lo avesse solamente voluto, mi avrebbe potuto far fuori in qualsiasi momento.

“Rivelami la tua identità straniero, è sin troppo che giaci qui davanti senza muovere un muscolo!”.

Una frase intimidatoria, ma derivantedal mio carattere, quindi comprensibili sotto un certo punto di vista.

“Sei Nagato Moriguchi?”.

Queste furono le parole dell'uomo, dirette e decise. Ci fu un lungo momento di pausa, ove riflettei il più veloce possibile sul da farsi, analizzando l'inconsueta situazione nel dettaglio.

“A quanto pare sono proprio io colui che cerca l'individuo! Non conosco le sue reali intenzioni, sono ignaro della sua identità, non posso assolutamente espormi, ne vale la mia vita!”.

Così decisi di rispondere nella maniera più adeguata al soggetto in questione.

“Non ti deve interessare chi sia, oppure chi non sia io! Sei tu che ti sei presentato senza invito dinanzi la mia dimora, e adesso pretendi che io mi presenti al tuo cospetto?”.

Ancora parole che potevano far si che l'uomo si innervosisse.

“A dir la verità un invito lo posseggo, io sono un emissario mandato dal sensei Akihiro Hinaji per far si che la persona che cerco partecipi al corso accademico che si terrà al villaggio di Kirigakure!”.

Queste sue parole mi fecero riflettere, ma suscitarono al contempo ingenti dubbi nella mia mente.

“L'accademia...Potrebbe essere vera la sua versione, ma non riesco a capire il motivo per il quale i corsi per noi abitanti di Oto non si svolgano proprio nel nostro paese! Non posso fidarmi, ma al tempo stesso non ho intenzione di farmi sfuggire un'occasione simile, che si ripresenterà probabilmente fra molto tempo, sempre che le sue parole siano veritiere!”.

Era il momento di fornire una sorta di risposta allo sconosciuto, che forse sarebbe stato il mezzo per intraprendere il mio cammino.

“Mi dispiace, ma hai sbagliato persona, e per quanto ne sappia io l'individuo che cerchi è partito con un chuunin verso un altro paese, per motivi a me sconosciuti! Sono rammaricato!”.

Una bugia bella e buona, però indispensabile per portare a termine il mio piano, e finalmente venire a conoscenza della verità.

“Molto bene, il mio compito l'ho saldato, il problema adesso sussiste per il giovane Nagato, che con tutta probabilità non avrà la possibilità, almeno per questo anno, di frequentare il corso accademico! Addio”.

Ciò fu quello che mi disse l'individuo, e grazie alla sua conclusione venni a conoscenza di un'informazione, egli non aveva intenzione di uccidermi. Feci per tornare entro il mio giardino, con un salto all'indietro, bloccandomi nuovamente a spiare il messaggero dallo spiraglio, appositamente creato dal sottoscritto in passato. Stava tornando per la sua strada, con passo lento, si vedeva che non aveva fretta alcuna, e poi quando si distanziò dalla mia posizione di almeno cento metri, decisi di incominciare a pedinarlo. Una potente spinta delle gambe fece si che mi trovai sul tetto della mia casa, osservando con maestosità l'ambiente che mi circondava, ma soprattutto l'obiettivo della mia missione. Era un piccolo punto nero, ma ancora ben visibile, sino a quando non girò l'angolo della strada, fu proprio quello il mio segnale di avvio, così con celerità mi trovai passeggiare sui tetti, abitati in più punti da rondini, risiedenti nei loro nidi, e da ragni, immobili al centro delle loro così fastidiose ragnatele, sempre in attesa che le loro prede abboccassero nei loro tranelli. Lo fissavo, egli era sulla mia traiettoria, la mia pupilla lo contraddistingueva chiaramente, non poteva che essere lui, il mio piano stava procedendo per il meglio, e speravo che non fosse stato sventato per qualche brutto segno del destino, o peggio dall'intelligenza del pedinato. Trascorsero parecchi minuti, quando finalmente egli si trovò in procinto di varcare il grande cancello che apriva, e chiudeva le porte del misterioso ed occulto villaggio del suono. Scesi dalla punta della grande struttura, ove risiedevo come una sentinella, nascondendomi dietro un albero posto all'incirca a quindici metri dall'uomo, e dalla piccola costruzione che accoglieva le due guardie che controllavano le entrate e le uscite dal paese. Improvvisamente notai con stupore che i tre incominciarono a confabulare tra loro, questa era una seconda e fondamentale informazione a mio carico.

“ Da ciò deduco che l'individuo non è uno shinobi traditore, bensì le percentuali che sia realmente un messaggero del villaggio della nebbia si sono incrementate notevolmente! Meglio che ascolti quali sono gli argomenti che tra di loro trattano, e se è ciò che credo io, ogni dubbio verrà vanificato”.

Il discorso fu parecchio lungo, su più parti incomprensibile ai miei timpani, però le informazione che dovevo avere le percepii, così attesi che la conversazione giunse al termine, per vedere la sua svolta, e necessariamente agire di conseguenza. I tre conclusero, e con la medesima camminata flemmatica il messaggero stette per portarsi oltre il maestoso uscio del cancello principale.

“Il momento è arrivato!”.

Con celerità portai la mano destra dietro la schiena, afferrando un kunai con l'ausilio dell'indice e del medio, per poi lanciarlo a pochi centimetri dai piedi dello shinobi rivelatosi proferitore di verità. Neanche il tempo che egli alzò lo sguardo per percepire chi sia stato l'attentatore, che mi trovai, grazie ad un rapido scatto, dinanzi la sua sagoma.

“Nagato Moriguchi in persona, le ho mentito antecedentemente per motivi puramente di sicurezza, non per una questione personale. Quindi senza prolungarci ulteriormente in questa discussione, direi di partire al più presto verso il villaggio della nebbia, poiché il tempo è denaro e non deve esser sprecato!”.

Che dire, essa fu una frase che stupì tutti gli spettatori nei dintorni, ma ciò non mi interessava, poiché in quel momento ogni essere vivente, fuorché il soggetto mascherato, era per me inesistente. Mi sbalordì la reazione che ebbe quest'ultimo, e ciò denotava, seppur incertamente, che fosse provvisto di una buona intelligenza, poiché afferrò al volo la mia necessità di partire con tutta fretta, e si limito ad annuire, facendomi strada oltre il cancello cittadino. Ignorai vistosamente le guardie, non le rivolsi neanche un accenno qualsiasi, e me ne andai come se fossi un completo estraneo, anche se ciò non era vero, poiché sussisteva una grande unione, tra il sottoscritto e la patria. Tre giorni, si esattamente questo tempo esageratamente lungo impiegammo per giungere a quel paese a me estraneo. Non rivolsi una minima parola alla mia guida, limitandomi solamente a camminare assorto nei miei pensieri, presenti in ingente numero nella mia mente, e durante la notte ci soffermammo due volte in una caverna, mentre l'ultima all'interno di un casato disabitato. Eravamo arrivati, il luogo designato era il campo numero tredici dell'accademia, una struttura circolare, in terra battuta, con un fiume che la percorreva obliquamente, e con alcuni alberi sparsi in modo disordinato. Passi soffocati mi condussero, con non più a fianco la mia guida, verso un gruppo di persone, apparentemente intente a colloquiare tra di loro, o meglio ad ascoltare il monologo di un unico shinobi. Erano totalmente sei sagome, e non appena mi trovai a pochi metri da esse, avendo modo di scrutarle da vicino, incominciai a studiarle, contemplandone lo sguardo ed il fisico uno ad uno. I miei occhi di ghiaccio indugiarono a lungo sul gruppo, un'espressione annoiata e delusa assunse il mio volto, sino a quando non ebbi una visione angelica, fu la luce alla fine di un lungo percorso oscuro all'interno di una stratta caverna. Una ragazza dai capelli rosso fuoco, lisci e lunghi fin sopra il seno, dagli occhi verde smeraldo, affascinanti e profondi. Caratterizzata da un fisico esageratamente ammaliante, che le forniva fascino ed eleganza, molto probabilmente fonte di interesse per ogni aspirante genin risiedente nelle vicinanze, in poche parole una perfetta kunoinichi. Non appena incrociai il suo sguardo le feci un occhiolino, che al momento era l'unica maniera per approcciare una sorta di legame con quest'ultima.

“Credo sia un angelo, è così bella e pura, ogni suo lineamento rispecchia le mie considerazioni su di lei, come un usignolo in un gruppo di anatre, una rosa rossa nel bel mezzo di un prato albergato da margherite! Perché mi sento così, non riesco a decifrare questa sensazione così particolare che mi sta invadendo totalmente, sento che d'ora in poi ella sarà perpetuamente tenuta d'occhio dal mio sguardo vigile, non permetterò mai a nessuno di sfiorarla, ma non solo fisicamente, bensì anche da occhi indiscreti! Anche se ella non diverrà mai fonte di distrazione dai miei fini primari, non posso permetterlo, e per l'appunto ciò non accadrà, ma occuperà uno spazio importante, se deciderà di starmi affianco. Sarebbe proprio una bella svolta per la mia vita, un anima gemella con cui affrontare momenti piacevoli e difficili, affrontando le avversità come una squadra ove il mio animo guerriero sarebbe spronato in maniera assolutamente superiore, rispetto alla consuetudine, per l'istinto protettivo che inesorabilmente acquisirei verso quell'indescrivibile creatura aurea, meritante di un compagno che sappia meritarla per la sua preziosità !”.

Fu proprio in quel medesimo frangente che notai notevole interesse da parte di alcuni del gruppo nei confronti della splendida kunoinichi, ed allora il mio sguardo mutò istantaneamente, da perso nel vuoto a colmo di malignità. Questo è vero, la gelosia talvolta può far scaturire atteggiamenti fuori dalla norma, può esser distruttiva se non controllata e lasciata sfogare senza barriera alcuna. La mano destra era stretta in un pugno, che non cessava di muoversi ed indurirsi, quasi cercando di stringersi ancor più del possibile, e la mente non più concentrata a meditare sulla ragazza, ma offuscata da pensieri spregevoli e colmi di odio diretti verso coloro che avevano osato far ciò che mi ero promesso di punire poco prima. Un secondo e poi riuscii a controllarmi, d'altronde rispetto agli altri usufruivo di una mente più sviluppata, e questo anche grazie al fatto che ero capace di controllarla perfettamente, quindi tornai nuovamente nella realtà, rendendomi conto che in tutto quell'arco di tempo una voce era ancora intenta a monologare. Mi voltai e mi resi conto che colui era il sensei ,che mi avrebbe assistito durante questa prima prova, l'accademia. Purtroppo a causa della mia poca concentrazione persi gran parte del discorso, già iniziato ancor prima che arrivassi io, e rivolsi l'attenzione a costui proprio in un momento particolare, ove egli osò affermare l'incapacità degli shinobi del villaggio del suono.

“Bastardo kirese, non sai cosa stai insinuando! Ora mi sei troppo utile, e non posso far si che tu mi prenda di mira, ne valerebbe la mia carriera! Ma un giorno ti pentirai di questo momento!”.

A quanto pareva non ero il solo studente proveniente da Oto, bensì ne sussisteva un ulteriore in nostra presenza, anche se non mi voltai neanche per cercarlo, poiché in tutta sincerità mi interessava relativamente la sua partecipazione, se non per nulla. Il sensei concluse il suo discorso, privo di una controbattuta, un insieme di frasi pronunciate con disprezzo, e con la freddezza di chi si sente superiore.

“A quanto pare dovrei abbattere a suon botte una sua copia! Questo mi fa molto piacere, lo massacrerò, ed inoltre dovrei colpire grazie alle mie armi un manichino di legno posto oltre il fiume! Nulla di più banale! Però temo che prima di iniziare tutto ciò mi debba presentare al maestro, seppur a modo mio! Tsk...Ricordo che quel tipo mascherato mi disse che al momento della mia comparizione dinanzi al maestro dovevo dire a costui il mio nome e cognome, incluso il mio armamentario! Certo, come no, ci può contare e come questo kirese del cavolo! Vedrà!”.

Allora mi avvicinai alla sagoma dell'arrogante con fare sicuro e maestoso, come colui che di certo non si fa spaventare da uno stupido straniero.

“Sono Nagato! Non sono intenzionato a dirle il mio cognome, tanto meno il mio equipaggiamento attuale, per adesso! Innanzitutto perché nonostante abbia compiuto un lungo viaggio di tre giorni lei ha osato rivolgermi frasi intrise di arroganza e disprezzo! Sappia che non le avrei chiesto parole dolci e premurose, anche perché sarebbe divenuto oggetto della mia derisione, ma almeno un minimo di accoglienza me la meritavo! Poi non le svelerò il mio armamentario per il semplice fatto che questa storia mi puzza ancor di bruciato, un corso tenuto al villaggio della nebbia per studenti del paese del suono, bha! Quindi lei per me potrebbe essere uno shinobi di intenzioni tutt'altro che positive, e metterla a conoscenza per intero delle armi che tengo nascoste nuocerebbe solamente a mio carico! Sono venuto a conoscenza che lei odia i discorsi prolissi, bene, ho parlato così tanto proprio per mettere alla prova la sua irritabilità e farla incazzare! Ora però voglio farle sapere che nonostante tutto sono onorato di essere suo allievo, e che tutto ciò che le ho appena detto riguardava puramente una faccenda di orgoglio! Deve sapere che non sopporto di farmi mettere i piedi in testa neanche da un chuunin, e con ciò chiudo!”.

Chiunque con tutta probabilità mi avrebbe giudicato un pazzo, ma ciò non mi interessava minimamente, perché confidavo nel fatto che le mie capacità avrebbero preso il sopravvento alle parole, inoltre dentro me ero convinto che questo sensei mi assomigliasse in maniera particolare, e per ciò avrebbe capito il mio stato d'animo. D'un tratto al cospetto di ognuno di noi, posta a due metri, comparve una copia acquatica del maestro, quella tanto attesa dal sottoscritto, propria di tutte le peculiarità del creatore, mentre a dieci metri, oltre il fiume, apparve una sagoma di legno, appositamente generata per testare la nostra precisione.

“Bene, proprio come sei stata creata, verrai distrutta, insulsa surrogata! Innanzitutto devo sempre calcolare che nonostante tutto sia un clone possiede maggiore potenza e velocità di me, quindi se tenterò un attacco è preferibile colpire punti fragili e difficilmente evitabili, non posso rischiare di colpirlo con un pugno dal busto in su! Facile, ora so per certo cosa fare!”.

Scrutai con sguardo gelido gli occhi di quella copia d'acqua, apparentemente era immobile, ma ero certo che era una condizione momentanea, poiché si sarebbe potuta spostare in qualsiasi momento. Così la mia bocca si distorse in un aguzzo sorrisino, mentre le dita di entrambe le mani si mossero con fare agitato, e la mia mente pulita e calma era pronta ad elaborare una possibile strategia istantanea a secondo dei risvolti della situazione, che sarebbe mutata di li a poco. Era arrivato il momento, così abbassai notevolmente il mio baricentro e, in seguito ad una potente spinta, con celerità portai la gamba sinistra avanti, usandola come perno per eseguire l'offensiva, e non appena la pianta del piede sfiorò in terreno, tentai di colpire la rotula del ginocchio sinistro dell'avversario, con il mio tallone destro. Avrei avuto l'intenzione di frantumarla, se si fosse trattato di un umano, ma in questo caso sarebbe bastato un danno abbastanza ingente per far tornare il clone alla sua forma originale, ovvero l'acqua. Ovviamente nel caso l'offensiva fosse riuscita con successo, il mio compito sarebbe stato saldato, quindi avrei eliminato sicuramente la copia, invece nel caso la sagoma d'acqua avesse schivato il calcio, avrei compiuto una rapida rotazione a 360° da terra, tentando di colpire la copia allo stomaco. A quel punto mi sarei portato nuovamente in posizione perfettamente eretta, e avrei indirizzato la mano destra dietro la schiena, sfiorando la morbida pelle della sacca porta-oggetti, e prendendo dal suo interno tre kunai. Ovviamente il tutto sarebbe stato occultato dalla mia casacca nera, così comoda ed utile per questo genere di cose, anche se in quel momento non sarebbe servito nascondere i mie movimenti, dato che il mio rivale era una sagoma di legno, però in un futuro, o molto presto, il mio bersaglio sarebbe stato una creatura composta di carne ed ossa. Comunque avrei stretto due unai nella mano destra, rispettivamente tra il pollice e l'indice, e il medio e l'anulare, mentre nella mano sinistra l'arma acuminata avrebbe risieduto tra l'indice e il medio. Non avrei atteso ulteriore tempo, e in quel medesimo frangente verso lanciai le prime due armi verso le spalle, e l'ultimo all'altezza del torace. Era un piano studiato, anche se per portarlo a compimento avrei dovuto usufruire di quattro armi, nonostante tutto visto che mi trovavo di fronte, a dieci metri, un semplice ciocco di legno, le piccole lame si sarebbero andate ad impattare perfettamente nei suddetti punti, ma se quella creatura fosse stata animata le cose sarebbero andate diversamente. Infatti se essa avesse effettuato uno spostamento a destra oppure a sinistra, il kunai diretto alla spalla di quel lato, si sarebbe andato ad impattare in pieno petto, mentre se avesse eseguito un salto in aria, l'arma diretta al torace lo avrebbe trafitto con tutta probabilità ai testicoli, mentre se si fosse abbassato avrebbe subito un affondo al cranio, ma calcolando il grado notevolmente superiore, quindi dotato di maggiore velocità, ogni calcolo sarebbe stato vano.

CITAZIONE
~Status Nagato Moriguchi:

Grado: Studente
Energia: Bianca
Chakra: 50/50
Condizione Mentale: Senso di superiorità
Condizione Fisica: Illeso
Consumi:-
Recuperi:-
Slot 0/3:-
Techiche 0/2:-
Bonus:-
Malus:-

~Armi ed Equipaggiamento

Shuriken: 2/2
Kunai: 1/4
Flash: 1/1
Sacche Porta Oggetti: Porta Shuriken 1/1
 
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40 replies since 20/3/2009, 14:40   1017 views
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