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Chapter One : My trouble
Piove. Le gocce di pioggia scandivano il tempo, all’interno della locanda, appena fuori il villaggio Kiri. C’era silenzio. La notte sembrava aver calmato persino gli animi più irrequieti. Presi la mantella nera, posta dietro la mia sedia, e uscii dalla porta principale dopo aver lasciato sul bancone alcuni ryo. Il fango inopportuno continuava a cigolare sotto i miei piedi, mentre mi dirigevo verso le porte del villaggio. Le luci erano ancora accese, ma il silenzio regnava ovunque. Mi guardai intorno, e dopo poco iniziai a camminare lungo le piccole e strette strade della cittadina, fino ad arrivare a una minuta porta di legno, ormai marcito. Mi spogliai degli indumenti bagnati appena entrai, e mi asciugai i capelli arancioni inzuppati d’acqua. Scesi delle piccole scale che mi portarono in una cantina non troppo umida e accogliente, pervasa di candele profumate. Anche lì, c’era troppo silenzio.
«Ah Sono finalmente tornato vecchio!». Sibilai.
Da dietro l’angolo spuntò un uomo, dall’aria annoiata, che si accomodò su una poltrona di pelle nera, in salotto. Ripercorsi i lineamenti perfetti di quell’uomo: la mascella quadrata, la linea dritta del naso, l’angolo netto delle guance, l’arco liscio e marmoreo della fronte, il tutto spezzato da un ciuffo biondo di capelli, eppure aveva più di settant’anni ormai.
«Bene ragazzo mio. Com’è andato il pomeriggio? ». Disse. «Come sempre. Le solite cose, ormai mi chiedo perché di questi continui sforzi. Mi annoio, lo sai questo vero? Ogni tanto spero in una missione o qualcosa del genere, almeno per smorzare un po’ il tutto. » «Sai ciò che pensa il consiglio a riguardo… Credono che tu sia troppo impulsivo e freddo, sei ancora sotto osservazione ragazzo, non possiamo permetterci passi falsi. » «Credo di riuscire a controllarmi. Non sono più un bambino, dovresti averlo capito ormai». Dissi. «Non sono io che faccio le regole, ma se lo desidererai, domani, potrai combattere».
Mi alzai dalla poltrona di pelle nera e m’incamminai verso camera mia. Mi spogliai completamente e andai a farmi una doccia fredda, poi presi dall’armadio una tuta in disuso e dopo essermi agghindato, mi misi a dormire. La sveglia suonò puntuale alle sette meno un quarto. Mi alzai subito e dopo essermi pulito e aver mangiato una colazione leggera e piena di fibre uscii da casa, vestito con un pantalone leggero e una maglietta bucata. Ritornai nella dimora del vecchio dopo appena una mezzoretta di corsa nel villaggio, e poi, mi ripulii completamente e mi vestii per l’allenamento. Tornai per l’ora di pranzo, come sempre. Quel giorno però, non dovevo cucinare io. Il vecchio si era preoccupato di tutto e aveva organizzato un incontro con alcuni ninja di Kiri. Mangiammo in fretta e ci dirigemmo verso la palestra più vicina alla cantina, dove ci aspettavano un gruppo di tre ragazzi. Erano tutti molto alti e muscolosi, vestiti con canotte nere senza maniche. Avevano il viso squadrato, e i loro lineamenti incutevano terrore. Dopo poco tempo mi accorsi che nella palestra ceravamo solo noi e loro. Probabilmente il vecchio non voleva permettere a nessuno di interrompere l’incontro.
«Siete arrivati finalmente… Stavamo iniziando a stancarci del vostro ritardo». Dissero «Si… Scusateci. Adesso però vogliamo iniziare? Non vorrei perdere troppo tempo». Disse il vecchio. Decidemmo di saltare i convenevoli e di iniziare subito l’incontro. Ci ponemmo sopra una pedana per combattimenti, e dopo esserci riscaldati, con un po’ di stretching iniziammo. Il mio avversario era bello grosso. Era molto entusiasta del combattimento che stava intraprendendo, e sembrava fremere dalla voglia di schiacciarmi. Non era una persona per niente delicata. Si muoveva incautamente sulla piattaforma, e non si preoccupava della sua posizione. Era spavaldo e troppo sicuro di se.
«Che l’incontro abbia inizio». Dichiarò il vecchio.
Il ragazzone si avventò su di me con una foga mai vista prima in vita mia, come se si dovesse cibare del mio corpo. Scansai facilmente il suo attacco e mi spostai alle sue spalle senza fare troppo caso al suo viso sconvolto. Era lento. Riuscivo perfettamente a superarlo in velocità, cosa che mi portava in vantaggio. Il kiriano si voltò di scatto e tornò a caricarmi ancora una volta, avendo lo stesso esito precedente. Si voltò subito, e con aria furente mi squadrò da cima a fondo, per poi avvicinarsi a me. Era un avversario monotono, senza una strategia precisa. Attaccava frontalmente, ciò mi diede la possibilità di schivare diverse volte i suoi attacchi, però aveva una buona difesa. Era difficile avvicinarsi a lui, tanto da potergli tirare un pugno o un calcio, senza essere attaccati. Il ragazzo si avventò su di me, caricandomi come in precedenza aveva fatto, ma ciò mi diede la possibilità di colpirlo. Aveva abbassato la difesa nel momento in cui cercava di caricarmi, lasciando il petto scoperto. Proprio in quel momento mi mossi, schivando il suo primo pugno, e rientrando nel raggio d’azione del secondo colpendolo allo sterno con una gomitata, evitando così i suoi attacchi. Il Kiriano cadde sulle ginocchia lasciandosi sfuggire un grugnito. Il sangue si affiorava intorno agli occhi, e il respiro pesante divenne pian piano un lamento.
«Questo ragazzo non può più combattere. ». Dissi.
I ragazzi al di fuori del ring si scambiarono un’occhiata fugace, e poi spostarono il corpo, ormai svenuto del ragazzone. Un altro ragazzo si fece avanti e salì sulla pedana, congratulandosi per la vittoria precedente. Questo era un tantino meno muscoloso, più calmo e deciso. Era probabilmente una spanna sopra l’altro ragazzo, quello che avevo appena battuto. Si mise sul ring dalla parte opposta alla mia e aspettò. Probabilmente voleva che lo attaccassi. Non era mio solito attaccare per primo. Solitamente aspettavo che l’avversario facesse la prima mossa, e poi reagivo di conseguenza. Si era creata una situazione di stallo, nessuno voleva aprire il combattimento. Mi decisi dopo alcuni minuti di iniziare, e mi avvicinai al ragazzo velocemente sferrando un calcio diritto alla faccia appena a un metro da lui. Feci un piccolo saltello e poi mi girai, stendendo la gamba all’aria e voltandomi verso il ragazzo che si parò con l’avambraccio. Era abbastanza veloce da parare il colpo, e abbastanza forte da non essere sopraffatto da esso. Aveva una buona difesa, e sembrava essere deciso ad attaccare. Sferrò un pugno con la mano destra diritto al mio stomaco, che per un pelo mi colpi. Feci una ruota all’indietro, all’ultimo secondo e schivai il suo attacco. Immediatamente si avvicinò a me e tirò un cazzotto sullo zigomo sinistro, che mi fece cadere all’indietro sul sedere. Mi alzai senza nemmeno badare al dolore che mi aveva procurato e mi avvicinai a lui in posizione di difesa. Iniziai a tirare una serie di pugni fino a quando non lo colpì esattamente dove prima egli aveva colpito me, facendolo cadere sulla pedana. Si rialzò con un balzo in avanti portandosi in questo modo a pochi centimetri da me. La mia mano si mosse velocemente indietro per colpirlo con un pugno allo stomaco, ma il Kiriano fu molto più veloce di me e mi bloccò le braccia dietro la schiena. Cercai di liberarmi, ma fu tutto inutile. Feci un balzo indietro e gli tirai una testata facendogli sanguinare il naso in seguito all’impatto. Gli avevo rotto il setto nasale. Il ragazzo stava ancora barcollando quando gli entrai di colpo nel ginocchio dall’esterno all’interno rompendoglielo. Questi cadde di avanti fremendo di dolore, e contorcendosi.
«Avanti il prossimo».
Il terzo ragazzo prese il suo compagno e lo trascinò fuori dalla pedana, per poi rientrarci per combattere. Questo ragazzo aveva qualcosa di strano. Sembrava che avesse qualcosa di diverso dagli altri. Eppure, aveva la stessa corporatura, era della stessa altezza e assomigliava stranamente agli altri due. Non me ne ero accorto prima, i tre ragazzi erano stranamente somiglianti, potevano essere fratelli o cugini.
«Io mi chiama Alexander, ragazzo… E sono orgoglioso di poter combattere contro di te. Fino ad adesso sei stato l’unico genin che è riuscito a batterli. Sappilo io non sono come i miei fratelli. ». Disse il nuovo avversario.
«Tsk… Credi davvero di spaventarmi con queste misere parole? Credi davvero che io abbia paura di te, quando ho appena battuto due ragazzoni tutto fumo e niente arrosto? Comunque sia… Spero davvero che sia vero quello che hai detto. Non mi sono divertito per niente contro di loro, spero almeno di faticare un poco oggi, o sarebbe tutto inutile. ». Risposi sgarbato.
«Non ho detto quelle parole per metterti paura, ma solo per avvertirti. Fa come vuoi, ma poi non ti lamentare…».
Ci mettemmo entrambi in posizione di difesa e ci lanciammo degli sguardi attenti. Non sembrava sprovveduto come i suoi predecessori, anzi era molto cauto. Però, non sembrava avesse paura di perdere. Si avvicinò velocemente verso di me, tanto da non riuscire a reagire. Mi puntò dritto in faccia e allungò il braccio. Mi buttai a terra, non sapendo come reagire. Era troppo veloce perche potessi bloccarlo, ed era troppo rischioso provare a schivarlo. Appena capì cosa era appena accaduto iniziò a tirare alcuni calci verso di me, senza alcun risultato positivo. Unii le gambe e saltai per alzarmi, e allo stesso tempo colpire l’avversario al petto, ma questi fu abbastanza veloce da evitare l’attacco. Appena mi fui rialzato lo vidi ad appena un metro e mezzo di distanza dal mio corpo, pronto a scagliarmi addosso una serie di calci di tre. Riuscì a parare i primi due con facilità, ma il terzo mi colpì al petto e mi vece barcollare indietro. Riuscii a riprendermi appena in tempo per schivare un pugno di Alexander che si conficcò nel muro, rompendogli almeno qualche osso. Il Kiriano staccò la mano incastonata al muro e dopo aver lanciato un urlo di dolore, si riprese, ancora più arrabbiato con me.
Intanto gli spettatori si godevano lo show. Il vecchio era in silenzio, seduto su una poltrona di pelle rossa, mentre i compagni di Alexander erano un po’ furiosi, un po’ eccitati, all’idea divedere lo scontro. Probabilmente credevano nelle abilità del fratello o cugino e speravano che mi desse una bella lezione, in modo da farmi pagare per come li avevo trattati.
Alexander si avventò su di me distratto, esattamente come aveva fatto in precedenza uno dei suoi compagni, non preoccupandosi della difesa. Anche se era molto più veloce e potente dell’altro. Mi scaraventò a terra con un sol colpo, vacendomi sbattere la schiena contro il muro. Probabilmente mi si erano incrinate un paio di costole, o qualcosa del genere, ma non mi sarei arreso. Mi alzai a fatica e aspettai l’avversario in posizione di difesa, provocandolo ogni tanto. Alexander preparò un pugno e si avvicinò velocemente a me. Io mi caricai un calcio, e appena fu abbastanza vicino feci un salto, girandomi verso di lui e piazzandogli la suola della mia scarpa sulla mascella, facendogliela scrocchiare. Questi non fece molto caso al colpo subito, ma terminò la sua azione sfondandomi lo stomaco, facendomi sobbalzare. Uno sputo di sangue mi uscì dalla bocca e cadde sul pavimento ruvido. Mi alzai ancora una volta e mi asciugai il mento, dove era colato un po’ di liquido vermiglio. Mi concentrai bene sui suoi movimenti e fissai lo sguardo su un’apertura al suo fianco sinistro. Mi avvicinai ad Alexander frontalmente, e appena questi fu pronto a contrattaccare mi spostai velocemente alla sua sinistra colpendolo al fianco con un calcio bello potente. Questo lo distrasse per qualche secondo, che sfruttai per colpirlo ripetutamente al viso, facendogli sanguinare il ciglio sinistro. Scesi dal ring dopo una ventina di secondi dalla caduta di Alexander. Avevo un forte dolore alle costole che mi fece tremare per qualche minuto.
«Abbiamo terminato oggi. Sei stato bravo ragazzo». Disse il vecchio soddisfatto.
I compagni di Alexander erano restati a bocca aperta, stupiti del fatto che fossi stato io a vincere. Intanto io e il vecchio ci incamminammo verso casa, dove mi lavai e mi medicai la cassa toracica. Il pomeriggio era passato in fretta. Tornammo a casa verso le diciotto, e senza nemmeno mangiare o fare altro, ognuno si rintanò nella propria camera. Mi misi a dormire presto, senza nutrirmi, convinto che il giorno successivo sarebbe passato tutto il dolore al petto. Tuttavia, non riuscivo a prendere sonno. Era stata una giornata faticosa, ma divertente. Trovavo un certo divertimento nel combattere, e nel faticare combattendo. Ad alcuni può sembrare un comportamento da sadico, o da coglione, mentre per me era una cosa normale. Gli occhi mi si chiusero lentamente con il passare dei minuti, e senza rendermene conto stavo già dormendo.
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